Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1957 del 24/01/2022

Cassazione civile sez. trib., 24/01/2022, (ud. 16/12/2021, dep. 24/01/2022), n.1957

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3178/13 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

V. COSTRUZIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante,

rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso,

dall’avv. Antonio Damascelli, ed elettivamente domiciliata presso lo

studio dell’avv. Giovanni Bellomo, in Roma, alla via Giovanni

Paisiello, n. 15;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia n. 68/09/12 depositata in data 4 giugno 2012;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 16 dicembre

2021 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con avviso di accertamento per l’anno 2005 l’Agenzia delle entrate rettificò il reddito d’impresa della società V. Costruzioni s.r.l., esercente l’attività di compravendita di immobili, all’esito di verifica dalla quale era emerso che il valore di cessione indicato in alcuni atti di compravendita non corrispondeva agli importi dei mutui ipotecari stipulati dagli acquirenti, né trovava corrispondenza nelle quotazioni dell’O.M.I. riferite ad immobili della stessa tipologia.

Impugnato l’atto impositivo dalla società contribuente che evidenziò che su sedici clienti, acquirenti di appartamenti da essa ceduti, ben quindici avevano dichiarato di avere pagato esattamente quanto fatturato, mentre solo uno di essi aveva riferito di avere corrisposto un prezzo superiore a quello fatturato, e che i valori O.M.I. erano privi di ogni valenza legale, la Commissione tributaria provinciale adita accolse il ricorso.

2. Avverso tale sentenza propose appello l’Ufficio finanziario dinanzi alla Commissione tributaria regionale che rigettò l’impugnazione.

I giudici di secondo grado rilevarono che un accertamento fondato esclusivamente sui valori O.M.I., che costituivano presunzione semplice, non poteva considerarsi sufficientemente motivato; aggiunsero che anche l’importo del mutuo erogato non costituiva elemento di per sé sufficiente per accertare il maggior valore di vendita dell’immobile e che dagli atti di causa risultava che il prezzo pagato non corrispondeva all’importo del mutuo concesso perché acceso per procedere all’esecuzione di lavori di ristrutturazione degli immobili. Secondo i giudici d’appello l’accertamento si basava unicamente sulla dichiarazione di uno degli acquirenti, smentita dalle dichiarazioni di altri quindici acquirenti, e prendeva in considerazione i ricavi di vendita relativi ad immobili situati nel Comune di (OMISSIS), mentre quelli oggetto di accertamento si riferivano tutti ad immobili situati nel Comune di (OMISSIS).

La Commissione regionale ritenne che tanto i valori O.M.I. quanto le dichiarazioni rese dai terzi avessero solo natura indiziaria, cosicché da soli non erano sufficienti a provare la sottofatturazione degli immobili venduti, rilevando altresì che con circolare n. 18/E del 2010, l’Agenzia delle entrate aveva emanato direttive ai propri Uffici circa l’opportunità di non utilizzare i valori O.M.I. se non supportati da ulteriori riscontri.

3. Contro la suddetta decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, con un unico motivo. La società contribuente ha resistito mediante controricorso.

In data 8 febbraio 2019 la contribuente, in prossimità dell’adunanza camerale del 14 febbraio 2019, ha chiesto la sospensione del processo, dichiarando di volersi avvalere della definizione agevolata di cui al D.L. n. 119 del 2018, art. 6, e il Collegio ha disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo.

In data 4 giugno 2019 la contribuente ha depositato la domanda di definizione agevolata, la comunicazione dell’Agenzia delle entrate di liquidazione del tributo dovuto e la quietanza di versamento dell’importo dovuto.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo del ricorso, deducendo la violazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, la difesa erariale censura la decisione gravata perché i giudici di appello hanno annullato la pretesa fiscale ritenendo che fosse basata su mere presunzioni e, richiamando le indicazioni impartite agli uffici con la circolare n. 18/E del 2010, hanno trascurato di considerare che l’avviso di accertamento faceva riferimento a più presunzioni gravi, precise e concordanti, idonee a sostenere la ripresa a tassazione e non contrastate da adeguata prova contraria proveniente dalla contribuente.

2. Come esposto in premessa, la contribuente ha avanzato istanza per la definizione agevolata della lite ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 136 del 2018, come emerge dalla documentazione allegata (domanda di definizione e quietanza di versamento) in relazione all’annualità d’imposta 2005.

Il D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 12, prevede che “L’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2020 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali…” e, ai sensi del successivo comma 13, “in mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2020 dalla parte interessata, il processo è dichiarato estinto…”.

Nel caso di specie, non risulta che sia stata presentata istanza di trattazione entro il 31 dicembre 2020, né che sia stato notificato atto di diniego della definizione entro il 31 luglio 2020 e, pertanto, deve ritenersi perfezionata la causa estintiva correlata all’accesso alla definizione agevolata.

Le spese del giudizio estinto, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 13, ultimo periodo, restano a carico della parte che le ha anticipate.

P.Q.M.

dichiara estinto il giudizio.

Spese a carico della parte che le ha anticipate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022

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