Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19569 del 26/08/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 19569 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso 4895-2010 proposto da:
SNAV S.P.A.

00081630832,

in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA M. DIONIGI 57, presso lo studio
dell’avvocato DE CURTIS CLAUDIA, rappresentata e
difesa dall’avvocato MARESCA ANTONIO, giusta delega in
2013

atti;
– ricorrente –

í 1138

contro

– LICCARDO GIUSEPPE LCCGPP65E24F799X, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 84, (STUDIO

Data pubblicazione: 26/08/2013

VALSECCHI), presso lo studio dell’avvocato MALVONE
LUCREZIA MARIA, rappresentato e difeso dagli avvocati
SCOTTO FELICE, FONTANAROSA GIUSEPPE, MAGNO GIACOMO,
giusta delega in atti;

TIBALDI SALVATORE TPLSVT66T15F839V, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BEGARIA 84 (STUDIO
VALSECCHI), presso lo studio dell’avvocato MALVONE
LUCREZIA MARIA, rappresentato e difeso dagli avvocati
SCOTTO FELICE, FONTANAROSA GIUSEPPE, MAGNO GIACOMO,
giusta delega in atti;

ZICCARDI CARLO ZCCCRL58A28F839M,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BEZARIA 84 (STUDIO
VALSECCHI), presso lo studio dell’avvocato MALVONE
LUCREZIA MARIA, rappresentato e difeso dagli avvocati
SCOTTO FELICE, FONTANAROSA GIUSEPPE, MAGNO GIACOMO,
giusta delega in atti;

SCALA GIUSEPPE SCLGPP68D04F839Z,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BEGLARIA 84 (STUDIO
VALSECCHI), presso lo studio dell’avvocato MALVONE
LUCREZIA MARIA, rappresentato e difeso dagli avvocati
SCOTTO FELICE, FONTANAROSA GIUSEPPE, MAGNO GIACOMO,
giusta delega in atti;

LA PERUTA ALFONSO LPRLNS55TO5F839N, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BEaRIA 84 (STUDIO
VALSECCHI), presso lo studio dell’avvocato MALVONE
LUCREZIA MARIA, rappresentato e difeso dagli avvocati

SCOTTO FELICE, FONTANAROSA GIUSEPPE, MAGNO GIACOMO,
giusta delega in atti;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 3719/2009 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 17/07/2009 r.g.n. 3703/08;

udienza del 27/03/2013 dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PAGETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo
Con sentenza in data 17 giugno/17 luglio 2009, la Corte di appello di Napoli
confermava la decisione di primo grado che aveva dichiarato la illegittimità dei
licenziamenti disciplinari intimati dalla Snav s.p.a. ai lavoratori Alfonso La Peruta ,
Salvatore Tibaldi, Giuseppe Liccardo, Giuseppe Scala e Carlo Ziccardi e condannato

risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni globali di fatto oltre accessori,
dalla data del licenziamento fino a quella di effettiva reintegra , nonché al versamento
dei contributi assistenziali e previdenziali.
La Corte territoriale, premesso che la deduzione in ordine alla natura discriminatoria
del licenziamento risultava assorbita dalla ritenuta illegittimità del recesso datoriale
per difetto di proporzionalità tra le condotte poste in essere dai lavoratori e la
sanzione espulsiva, rilevava che la ricostruzione dei fatti oggetto di addebito quale
operata nella lettera di contestazione non aveva in larga parte trovato riscontro nella
prova orale, all’esito della quale le condotte ascritte ai lavoratori erano risultate
notevolmente ridimensionate nella loro gravità . La società aveva infatti contestato
ai lavoratori di avere, il giorno 16.4.2005, alle ore 8,00, fatto irruzione sul
catamarano sociale Snav Antares ormeggiato in attesa di imbarcare passeggeri per la
effettuazione della Corsa Napoli -Capri delle ore 8,10 , di averlo occupato di forza,
precludendo l’accesso ai passeggeri in attesa, di averne impedito la partenza, così
determinando la interruzione di un pubblico servizio e il conseguente rimborso dei
biglietti da parte della società; di avere, una volta a bordo, mantenuto un
atteggiamento ostile, irriguardoso e scorretto nei confronti dei colleghi di lavoro,
componenti l’equipaggio facendone oggetto di offese verbali ; di non avere eseguito
l’ordine del Comandante e della Società di lasciare il catamarano. Nella lettera si
sottolineava che detti atteggiamenti, violenti, ingiustificati ed arbitrari erano
inaccettabili e che gli stessi oltre ad essere penalmente rilevanti avevano comportato
danni all’azienda sia sotto il profilo economico sia sotto il profilo di immagine.
Osservava il giudice di appello che non vi era stata alcuna violenza in quanto dalle
I

la società, ai sensi dell’art. 18 St. lav. , alla reintegrazione dei lavoratori ed al

deposizioni testimoniali era risultato che la manifestazione si era svolta con modalità
assolutamente pacifiche prive di quei risvolti di arbitraria violenza che la Snav aveva
contestato . Richiamava a tal fine in particolare la deposizione del teste Parisi,
Ispettore di Polizia di Stato presente ai fatti , la deposizione del teste Mennella
responsabile sindacale Ugl , quella del Comandante del catamarano, Barone, il quale

commesso alcun danneggiamento e vi era stata solo qualche intemperanza verbale e
spintonamento fra i manifestanti che volevano sottrarsi alla identificazione da parte
degli agenti della Digos intervenuti sul posto . Quanto alla cancellazione della corsa
delle ore 8,10 Napoli —Capri, unico elemento oggetto di contestazione risultato
pienamente provato, il giudice di appello escludeva la configurabilità nel caso di
specie della ” interruzione di un pubblico servizio”, sottolineando la irrilevanza al
fine della qualificazione della detta condotta, del decreto penale di condanna dei
lavoratori,stante l’autonomia fra processo penale e processo civile espressione del
principio di parità delle giurisdizioni sancito dall’art. 75 cod. proc. pen . Osservava
che la Corsa Napoli — Capri delle ore 8,10 non era configurabile come servizio
pubblico essenziale ai fini della legge n. 146 del 1990 non essendo stata nella specie,
per come pacifico, attivata la procedura fra l’amministrazione e l’impresa erogatrice
del servizio, funzionale all’individuazione concordata delle prestazioni indispensabili
che le imprese sono tenute ad assicurare secondo quanto previsto dall’art, 3, comma 2
L. n. 146 cit. . Né la natura di servizio pubblico essenziale poteva farsi scaturire dal
fatto che la Regione Campania aveva individuato e definito con propria
deliberazione ( n. 103 /2003) la corsa delle ore 8.10 fra i servizi minimi di
collegamento marittimo di interesse regionale in quanto ciò stava a significare solo
l’obbligo per la impresa concessionaria del servizio di trasporto di garantire alcune
linee e quindi di eseguire lo specifico servizio pur in presenza di un’antieconomicità
della prestazione. In merito poi agli effetti della soppressione della corsa rilevava la
Corte che gli stessi risultavano ulteriormente attenuati dalla circostanza di fatto della
soppressione da parte aziendale della precedente corsa delle ore 7.10 per effetto della
2

aveva chiarito di non avere impartito alcun ordine di scendere, che non era stato

dimenticanza da parte del comandante di armamento, dipendente Snav, di avvertire il
comandante della Snav Alcione di effettuare la corsa. In questo caso, si sottolineava,
la società non aveva espresso grande preoccupazione di arrecare pregiudizio alla
propria immagine nei confronti della clientela laddove, senza seria ragione, aveva
soppresso la corsa delle 7.10. Alla luce di tale ricostruzione fattuale i giudici di

Cost e di quello dell’imprenditore tutelato dall’art. 41 Cost., ritenevano non
giustificata la sanzione espulsiva anche tenuto conto delle previsioni pattizie che
collegavano l’irrogazione del licenziamento a condotte connotate da maggiore gravità
oggettiva e soggettiva . Rilevato quindi che i rapporti di lavoro in oggetto erano a
tempo indeterminato e per essi trovava applicazione la tutela reale, confermava
integralmente la statuizione di primo grado..
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso la Snav s.p.a. sulla base di tre
motivi .Gli intimati hanno depositato separati controricorsi .Parte ricorrente ha
depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ. .
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360, comma
1, n. 3 , cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 2119 e 2697 cod.
civ. , degli artt. 174, 178 e 1127 cod. nav. e degli artt. 113 , 115, 116 cod. proc. civ.
nonché ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 5 cod. proc. civ., la omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a fatti decisivi della controversia
per non avere complessivamente e correttamente valutato tutte le prove a
disposizione .Censura in particolare la sentenza impugnata per avere omesso di
valutare le annotazioni risultanti dal giornale nautico, compilato dal
Comandante,documento al quale l’art. 178 del codice della navigazione conferisce
particolare efficacia probatoria; in conseguenza, si assume dal ricorrente- si
imponeva ai sensi degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. anche l’esame di detta prova
legale esame, invece, del tutto pretermesso. Evidenzia inoltre la società che
dall’esame del Giornale nautico risultavano smentite le modalità pacifiche
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appello, in un’ottica di bilanciamento dell’interesse del lavoratore tutelato ex art. 4

dell’azione dei lavoratori saliti a bordo dell’Antares nonché la circostanza che il
Comandante non aveva chiesto ai manifestanti di scendere. Il motivo è infondato. E’
da premettere che secondo l’insegnamento costante di questa Corte la denuncia del
vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare
autonomamente il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio

coerenza logico — formale, le argomentazioni svolte dal giudice di merito al quale
spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento,
controllarne l’attendibilità e concludenza nonché scegliere tra le complessive
risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la
veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o
all’altro dei mezzi di prova acquisiti , salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (
tra le altre, v. Cass. n. 18119 del 2008; n.5489 del 2007; n. 20455 del 2006; n. 20322
del 2005 ; n. 2537 del 2004). In conseguenza, il vizio di motivazione deve emergere
dall’esame del ragionamento svolto dal giudice di merito quale risulta dalla sentenza
impugnata e può ritenersi sussistente solo quando in quel ragionamento sia
rinvenibile traccia evidente del mancato ( o insufficiente) esame di punti decisivi
della controversia prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero quando esista
insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non
consentire la identificazione del procedimento logico- giuridico posto a base della
decisione, mentre non rileva la mera divergenza tra valore e significato diversi che,
agli stessi elementi siano attribuiti dal ricorrente ed in genere dalle parti ( v., per
tutte Cass. S.U. n. 10345 del 1997 ). In altri termini, il controllo di logicità del
giudizio di fatto – consentito al giudice di legittimità — non equivale alla revisione del
“ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad
una determinata soluzione della questione esaminata in quanto siffatta revisione si
risolverebbe, sostanzialmente in una nuova formulazione del giudizio di fatto
riservato al giudice del merito e risulterebbe affatto estranea alla funzione assegnata
dall’ordinamento al giudice di legittimità. L’applicazione dei principi sopra
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bensì soltanto quello di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della

richiamati induce ad escludere nel caso di specie che l’omesso esame del Giornale
nautico alle cui annotazioni — si assume- l’ art. 178 cod. nav. conferisce particolare
efficacia probatoria, abbia il prospettato carattere di decisività tale da inficiare sotto
il profilo logico- giuridico la valutazione del materiale probatorio operata nella
sentenza impugnata . Occorre in primo luogo considerare che come chiarito da questa

conseguenza del carattere complesso (pubblicistico e privatistico) della figura
giuridica del comandante, il valore di atto pubblico, in conformità dell’ari 2699 cod.
civ., va limitato a quanto annotato dal capitano nell’adempimento delle funzioni
pubbliche, di cui egli è investito, ai sensi dell’art 296 cod. navigazione (redazione di
Atti di stato civile, ecc) ; al contrario, sussiste la efficacia di scrittura privata (art 2702
cod. civ.) per le annotazioni relative alla condotta della nave e agli eventi del viaggio;
peraltro, la efficacia propria del giornale nautico è limitata alle attestazioni fattevi dal
capitano, ma non vincola il giudice sulla valutazione dei fatti attestati. ( Cass. n. 244
del 1962 ) .In base a tale orientamento al quale si ritiene di dare continuità le
annotazioni sul giornale di bordo, relative agli eventi in esame non assumono il
valore di prova legale preteso da parte ricorrente . In ogni caso, come detto, le
circostanze emergenti dal giornale nautico del quale parte ricorrente denuncia
l’omesso esame non presentano alcun profilo di decisività in quanto le stesse non si
pongono in sostanziale contrasto con la ricostruzione degli eventi operata dal giudice
di appello. Con riferimento alle offese verbali e alle pressioni rivolte all’equipaggio
da parte dei manifestanti, riportate nel detto giornale, si rileva che le stesse risultano
alquanto generiche non essendo riportato il contenuto delle espressioni ritenute
offensive né le forme e le modalità con le quali erano state attuate le pressioni
sull’equipaggio da parte dei manifestanti . In ogni caso la ricostruzione dell’episodio
nel giornale di bordo è fatta per grandi linee senza individuazione di specifiche
responsabilità dei singoli manifestanti , tantomeno degli odierni intimati . E’ da
rilevare che comunque la Corte di appello ha dimostrato di avere esaminato il profilo
in oggetto laddove ha richiamato la deposizione del teste Barone, Comandante del
5

Corte, con riferimento al valore probatorio delle risultanze del giornale nautico, in

catamarano, evidenziando che questi aveva chiarito, ridimensionandola, la portata
aggressiva dell’episodio. Analogamente è a dirsi in ordine alla circostanza, smentita
dal teste Barone, relativa all’ordine impartito ai manifestanti di scendere dal
catamarano; la ricostruzione della sentenza sul punto non si pone, come preteso da
parte ricorrente, in sostanziale contrasto con le risultanze del giornale nautico che

scendere dal catamarano ma solo di un tentativo di convincimento ” …” cerco di
convincere le sopraelencate persone a scendere a terra… “. E’ di tutta evidenza
infatti , che altro è il tentativo di convincimento, altro l’impartizione di un ordine che
si colloca non più nell’ambito della persuasione ma nell’ambito del principio di
gerarchia e la cui violazione, come è ovvio, giustifica sul piano disciplinare un
giudizio di maggiore severità . Parte ricorrente addebita ancora alla Corte di avere
trascurato la esistenza di un decreto penale di condanna dei lavoratori ma tale
censura contrasta con il principio dell’autonomia delle giurisdizioni sulla quale la
Corte di merito ha ampiamente argomentato . In conclusione le censure svolte con il
motivo in esame non scalfiscono la congruità e logicità della valutazione del
materiale probatorio e si risolvono in una sollecitazione di un diverso apprezzamento
di fatto delle stesse precluso al giudice di legittimità.
Con il secondo motivo di ricorso parte ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360,
comma 1, n. 3 , cod. proc. civ. , la violazione e falsa applicazione della legge n. 146
del 1990, del Reg. CEE 16/6/1969 n. 1191 ( modif. Reg. CEE n. 1893 /1991 ) del d.
lgs n. 422 ddl 1997, della L. n. 3 del 2002 della Regione Campania e delle delibere
della Giunta Regionale n. 1525 del 2002 e n. 1940 del 2003 ed anche del Decreto
dirigenziale n. 103 del 14.3.2005; deduce inoltre, ai sensi dell’art. 360, comma primo
n. 5 cod. proc. civ., la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a
fatti decisivi della controversia. Si duole, in sintesi, che la Corte di merito abbia
escluso, con riferimento alla corsa soppressa Napoli -Capri delle ore 8,10 che la
stessa rientrasse nell’ambito del servizio pubblico essenziale. Sostiene infatti che la
eventuale mancanza degli accordi di cui all’art. 2 della L. n. 146 del 1990 o la
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riferiscono non di un ordine impartito ai manifestanti da parte del Comandante di

mancata attivazione della procedura per giungere ad essi, non potrebbe mai incidere
sul carattere di essenzialità del servizio pubblico di trasporto marittimo di
collegamento con le isole espressamente riconosciuto e tutelato dall’art. 1 comma
primo, lett. b) che tutela della L. n. 146 del 1990. Sotto altro profilo deduce che
nel caso di specie ciò che rileva non è la presenza di un servizio pubblico essenziale

indispensabile di cui alla L. n. 146 del 1990, dovendo invece accertarsi se detto
collegamento fosse di servizio pubblico perché tale individuato dalla Regione
Campania, come collegamento marittimo coperto da obbligo di servizio pubblico.
Deduce a riguardo che la Corte ha omesso di considerare che il Reg Cee n. 1191 del
1969 a seguito della modifica del Reg. n. 1893 del 1991 aveva soppresso ogni
riferimento agli “obblighi inerenti alla nozione di servizio pubblico” intesi ” come gli
obblighi che l’impresa di trasporto ove considerasse il proprio interesse commerciale
non assumerebbe o non assumerebbe nella stessa misura e che, quindi, non era
certamente questa la “ratio” che doveva riconoscersi al sistema di concessione
secondo quanto ritenuto dalla Corte di appello alla quale — assume parte ricorrenteera completamente sfiiggito che il Regolamento in questione prevedeva
espressamente che le competenti autorità degli Stati membri potevano mantenere o
imporre gli obblighi di servizio pubblico di cui all’art. 2 per i servizi urbani,
extraurbani e regionali di trasporto passeggeri . A tale normativa comunitaria si era
adeguato il legislatore prevedendo , con il d. lgs n. 422 del 1997 che spetta alle
Regioni, sulla base di parametri direttamente previsti dalla legge — stabilire i servizi
minimi qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di
di mobilità dei cittadini e definire correlati Obblighi di Servizio Pubblico.
Il motivo è infondato . Giova premettere che il riferimento alla natura del servizio
espletato dalla Snav s.p.a. in relazione alla soppressione della corsa Napoli -Capri
delle ore 8.10, viene in rilievo nell’economia della motivazione come uno dei
parametri alla luce dei quali valutare la condotta addebitata sotto il profilo della
proporzionalità della sanzione espulsiva. Invero la Corte di appello non contesta in
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e nemmeno che la corsa in questione rientrasse nella prestazione minima

alcun modo che la corsa poi soppressa fosse riconducibile all’ambito dell’obbligo del
servizio pubblico, ai sensi della normativa comunitaria e di quella di attuazione e
regionale sopra richiamate; si limita infatti ad escludere che essa rientrasse tra le
prestazioni indispensabili che le parti sono tenute a garantire nell’ambito del servizio
pubblico essenziale ai sensi della Legge n. 146 del 1990 sulle limitazioni

base a tale considerazione, unitamente ad altre, quale la “disinvolta” soppressione da
parte della società della precedente corsa Capri- Napoli delle ore 7.10, la sentenza
impugnata perviene ad una valutazione di minore gravità del fatto addebitato. In altri
termini, il rilievo che la corsa in oggetto, per le ragioni indicate in sentenza —
mancata attivazione delle procedure fra l’amministrazione e la impresa erogatrice del
servizio funzionale all’individuazione concordata delle prestazioni indispensabili che
le imprese sono tenute ad assicurare ai sensi dell’art. 2, comma 2 L. n. 146 del 1990
cit.- , non costituisse prestazione minima indispensabile ai sensi della L. n. 146 del
1990 ha fondato , unitamente ad altri elementi il giudizio di non proporzionalità della
sanzione. Per contrastare tale giudizio parte ricorrente avrebbe dovuto denunziare
la incongruità o illogicità dell’utilizzazione di siffatto parametro e non limitarsi —
come avvenuto- a sottolineare il carattere di servizio pubblico della corsa soppressa.
Invero, secondo il costante insegnamento di questa Corte, in caso di licenziamento
(come di ogni altra sanzione) disciplinare, l’accertamento dei fatti addebitati al
lavoratore e il giudizio di gravità degli stessi, nonché di proporzionalità tra fatti
accertati e relative sanzioni, sono riservati al giudice di merito e non sono sindacabili
in sede di legittimità, se sorretti da motivazione congrua ed immune da vizi logici (
cfr, tra le altre , Cass. n. 144 del 2008, n. 21965 del 2007 , n. 12634 del 2003, n. 313
del 2003, n. 6790 del 2002) . Consegue il rigetto anche del secondo motivo di
ricorso.
Con il terzo motivo di ricorso parte ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360, comma
1, n. 3 , cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1455, 2119 e
2697 cod. civ. dell’art. 7 del ccnI marittimi aliscafi , degli artt. 1165 e 116 cod. proc.
8

dell’esercizio del diritto di sciopero nell’ambito dei servizi pubblici essenziali. In

civ. nonché, ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 5 cod. proc. civ., la omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a fatti decisivi della controversia
per non avere correttamente il giudice di appello valutate le prove . Parte ricorrente
contrasta l’affermazione della decisione in ordine alla insussistenza della componente
dolosa nella condotta del lavoratore e deduce, in sintesi,la inadeguata valutazione

Il motivo risulta infondato alla luce dell’insegnamento di questa Corte richiamato con
riferimento al primo motivo di ricorso in ordine ai limiti del sindacato del giudice di
legittimità .Invero parte ricorrente, laddove richiama la prova orale e documentale,
senza dimostrare l’eventuale decisività delle circostanze rispetto alle quali deduce la
omessa o insufficiente motivazione, sollecita in realtà un diverso apprezzamento di
fatto della ricostruzione operata nella sentenza impugnata — così come si evince
anche dal quesito in calce al motivo – apprezzamento che esula dai compiti propri di
questa Corte risolvendosi nella sollecitazione di un diverso apprezzamento di fatto
del materiale probatorio.
Consegue l’integrale rigetto del ricorso . Le spese del giudizio, liquidate come da
dispositivo, tenendo conto della pluralità delle parti intimate, seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento in favore dei
resistenti delle spese del presente giudizio, liquidate in € 4000,00 per compensi
professionali e € 50,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Roma, camera di consiglio del 27 marzo 2013
Il Presidente

Il Consigliere est.
Dott. ssa Antonella Pagetta

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nio Lamorgese
1.9.1
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delle emergenze della prova orale e documentale ..

IL CANCELyEfle
Deposit to l Cancelleria
ogg i,
l 6 A60. 2013

IL CANCELLIER
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