Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19569 del 18/09/2020

Cassazione civile sez. II, 18/09/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 18/09/2020), n.19569

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

(art. 380-bis. 1 c.p.c.)

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 1330/18) proposto da:

A.S., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in virtù

di procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avv. Vincenzo

Annibale Larocca, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio,

in Roma, v. Ruffini, n. 2/A;

– ricorrente –

contro

PREFETTO DELLA PROVINCIA DI VICENZA, (C.F.: (OMISSIS));

– intimato –

avverso la sentenza del Tribunale di Vicenza n. 1716/2017 (depositata

il 12 giugno 2017);

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19 febbraio 2020 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. Con sentenza n. 862/2014 il Giudice di pace di Vicenza rigettava il ricorso, proposto da A.S., avverso alcuni verbali di contestazione della Polizia stradale di Vicenza relativi alle violazioni di cui alla L. n. 727 del 1978, art. 19 e all’art. 174 C.d.S., accertate in data 13 giugno 2012.

2. Interposto appello da parte dell’ A. e nella contumacia dell’appellato Prefetto di Vicenza, il Tribunale di Vicenza, con sentenza n. 1716/2017 (depositata il 12 giugno 2017), respingeva il gravame, confermando la decisione di primo grado.

Con l’adottata decisione il predetto giudice di appello respingeva: – sia il motivo di asserita tardività della notificazione dei verbali di contestazione (sul presupposto che la conclusione del procedimento di accertamento coincideva necessariamente con il 3 maggio 2012, in cui era stata definita la complessiva attività di indagine per verificare la consumazione della violazione, ragion per cui la notifica dei verbali, avvenuta nella successiva data del 25 luglio 2012, si sarebbe dovuta considerare tempestiva); – sia il motivo attinente alla supposta illegittimità della richiesta di integrazione documentale della P.A. procedente; sia la censura riguardante la dedotta applicabilità del regime della continuazione con riferimento alle diverse violazioni rimaste accertate.

3. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione – affidato a tre motivi – l’ A.S.. L’intimato Prefetto di Vicenza non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14, prospettando l’illegittimità della notificazione dei verbali di contestazione siccome eseguita oltre il termine di 90 giorni dall’infrazione, non potendosi ritenere sussistente – con riferimento alle violazioni a lui contestate – la necessità dell’espletamento di una indagine complessa, tale da far slittare il termine (previsto a pena di decadenza) per la suddetta notificazione a nove mesi dall’accertamento delle infrazioni.

2. Con la seconda censura il ricorrente ha denunciato la violazione della L. n. 241 del 1990, artt. 7 e 8, riguardanti la disciplina della partecipazione al procedimento amministrativo con il quale si realizza l’intervento degli interessati in detto procedimento e la possibilità degli stessi di orientare la direzione del provvedimento finale in fase non contenziosa.

3. Con il terzo motivo il ricorrente ha prospettato la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 8, per non aver il giudice di appello ritenuto applicabile, nella fattispecie, il vincolo della continuazione tra le varie infrazioni accertate nei suoi confronti.

4. Ritiene il collegio che il primo motivo è infondato e va, perciò, respinto.

Infatti, con l’impugnata sentenza, il giudice di appello si è correttamente conformato al principio – consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. n. 8465/2006, Cass. n. 7681/2014) – secondo cui, in tema di illeciti amministrativi, qualora non sia avvenuta la contestazione immediata dell’infrazione, il “dies a quo” per il computo del termine di novanta giorni previsto dalla L. n. 689 del 1981, art. 14, entro il quale può utilmente avvenire la contestazione mediante notifica, va inteso come comprensivo anche del tempo necessario alla valutazione dei dati acquisiti ed afferenti gli elementi dell’infrazione, spettando poi al giudice di merito valutare la congruità, se eccepita, del tempo impiegato dall’Amministrazione per giungere alle proprie determinazioni.

Nella fattispecie che viene qui in rilievo il Tribunale di Vicenza ha compiutamente e congruamente provveduto a tale valutazione (v. pag. 4 della sentenza), rilevando come, per effetto delle legittime richieste di integrazione documentale della P.A. procedente nei confronti del vettore stradale (che aveva esibito solo parzialmente i documenti necessari per il completamento degli opportuni riscontri) e della complessità oggettiva dello sviluppo degli accertamenti conferenti alla specificità delle violazioni in questione, si era venuta a determinare una concreta esigenza tale da legittimare la Polizia stradale a completare gli stessi accertamenti in tempi necessariamente più lunghi per giungere ad una completa definizione dei medesimi prima di poter provvedere alla notificazione dei relativi verbali nei confronti del trasgressore.

5. Il secondo motivo del ricorso è palesemente destituito di fondamento non trovando – per pacifica giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., Cass. n. 3254/2003 e Cass. n. 14104/2010) – applicazione, nel procedimento amministrativo di contestazione di violazioni amministrative, della L. n. 241 del 1990, artt. 7 e 8. Si è, infatti, evidenziato, a tal proposito, che nelle fattispecie regolate dalla normativa di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, in materia di irrogazione di sanzioni amministrative, non trovano applicazione le disposizioni sulla partecipazione degli interessati al procedimento amministrativo (L. 7 agosto 1990, n. 241, artt. 7 e 8), le quali configurano una normativa generale su cui prevale la legge speciale, in quanto idonea – mediante i meccanismi di informazione e di difesa previsti dagli artt. 17 e 18 – ad assicurare garanzie di partecipazione non inferiori al “minimum” prescritto dall’anzidetta normativa generale.

6. Anche il terzo ed ultimo motivo è privo di fondamento giuridico, essendo univoco l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte (cfr., ex multis, Cass. n. 5252/2011, Cass. n. 26434/2014 e Cass. n. 10890/2018) nel ritenere che, in tema di sanzioni amministrative, la L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 8, prevede che – salve le ipotesi di cui al comma 2, in materia di violazione delle norme previdenziali ed assistenziali – la sanzione più grave aumentata fino al triplo può essere irrogata nei soli casi di concorso formale, senza che possa ritenersi applicabile il medesimo meccanismo sanzionatorio alla fattispecie della continuazione di cui all’art. 81 c.p., comma 2.

In altri termini, si è specificato che, nell’ambito delle sanzioni amministrative, allorchè siano poste in essere inequivocabilmente più condotte realizzatrici della medesima violazione, non è applicabile – nemmeno in via analogica – l’istituto della continuazione di cui all’art. 81 c.p., comma 2, ma esclusivamente quello del concorso formale, in quanto espressamente previsto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 8, il quale richiede l’unicità dell’azione od omissione produttiva della pluralità di violazioni. Inoltre, si è aggiunto che la disciplina stabilita dal citato art. 8 non subisce deroghe neppure in base alla successiva previsione di cui all’art. 8-bis della medesima legge, che, salve le ipotesi eccezionali del comma 2, ha escluso, sussistendo determinati presupposti, la computabilità delle violazioni amministrative successive alla prima solo al fine di rendere inoperanti le ulteriori conseguenze sanzionatorie della reiterazione.

E’ stato, infine, anche chiarito che la disciplina di cui al citato art. 8 – che non subisce deroghe neppure in base alla successiva previsione di cui all’indicato art. 8-bis della medesima legge, che ha introdotto, in tema di sanzioni amministrative, il corrispondente di alcune forme di recidiva penale – non configura alcuna ipotesi di illegittimità costituzionale sotto il profilo della disparità di trattamento rispetto alle sanzioni penali, attesa la diversità dei due tipi di violazione.

7. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato, senza che debba adottarsi alcuna pronuncia sulle spese del presente giudizio, non avendo l’intimato Prefetto svolto attività difensiva.

Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2020

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