Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19568 del 30/09/2016


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Cassazione civile sez. II, 30/09/2016, (ud. 23/02/2016, dep. 30/09/2016), n.19568

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17001-2011 proposto da:

SPAZIO SU L’IMMOBILIER SRL, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FURIO CAMILLO 99, presso lo studio dell’avvocato ELENA

PINNA, rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI SEGHI;

– ricorrenti –

contro

IMMOBILMARKET SRL, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

M. PRESTINARI 15, presso lo studio dell’avvocato VALTER CALVIERI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICCOLO’

LUPARINI;

CONSORZIO ETRURIA SCARL, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA M. PRESTINARI 15, presso lo studio dell’avvocato VALTER

CALVIERI, rappresentato e difeso dall’avvocato VIERI ROMAGNOLI;

ETRURIA INVESTIMENTI SPA, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA M. PRESTINARI 15, presso lo studio dell’avvocato VALTER

CALVIERI, rappresentato e difeso dall’avvocato LEONARDO ROMAGNOLI;

TERMOMARKET SRL, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA M.

PRESTINARI 15, presso lo studio dell’avvocato VALTER CALVIERI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICCOLO’ LUPARINI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1571/2010 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 04/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2016 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato CALVIERI Valter, anche per delega orale

dell’Avvocato ROMAGNOLI, difensore per tutti i controricorrenti che

si riporta alle difese in atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La causa ha per oggetto la richiesta della Società Spazio Su – L’Immobilier di conseguire la provvigione per l’attività di mediazione espletata per la vendita di un complesso immobiliare denominato ex (OMISSIS), che ha avuto luogo secondo parte ricorrente con tre rogiti collegati il l (OMISSIS).

La domanda à stata respinta dal tribunale (sentenza 3440/04) e dalla Corte di appello di Firenze (sentenza 4 novembre 2010), che hanno ritenuto prescritto il diritto, essendo stata avviata la prima richiesta di pagamento della provvigione il 13 novembre 2000.

Parte attrice, che lamenta la mancata fissazione di udienza istruttoria ex art. 184 c.p.c., ha sostenuto e sostiene con l’odierno ricorso, imperniato su due motivi, che la prescrizione sarebbe stata sospesa per effetto della condotta di parte convenuta, la quale avrebbe impedito la conoscenza dell’avvenuta vendita.

Si sono costituite con autonomi controricorsi, a ministero di avvocati solo in parte diversi, le quattro società convenute: precisamente gli avv. Luparini e Calvieri difensori di Termomarket srl e Immobilmarket srl, società amministrate da G.I., interessate come parti acquirenti;

avv. L. Romagnoli e Calvieri per Etruria Investimenti spa;

avv. V. Romagnoli, con domiciliatario sempre l’avv. Calvieri, per Consorzio Etruria scarl in concordato preventivo, società che avrebbero conferito l’incarico di reperire acquirenti per l’immobile;

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La sentenza impugnata riferisce che con il primo motivo la appellante oggi ricorrente aveva dedotto che essa “non era incorsa in alcuna decadenza in ordine al thema probandum” perchè erroneamente non era stata fissata l’udienza ex art. 184 c.p.c. La Corte di appello ha rigettato questo motivo perchè la censura non era “univoca e comunque specifica, come invece necessario a pena di inammissibilità”.

Il primo motivo di ricorso, dopo aver ripetuto il contenuto dell’atto di appello relativo alla mancata fissazione dell’udienza ex art. 184, non svolge una censura puntuale della decisione della Corte di appello, poichè non si sforza di evidenziare la univocità e specificità della censura disattesa dalla Corte di Firenze. Neppure replica a quanto parte resistente (le società del Gruppo Etruria più diffusamente) aveva dedotto (e torna a fare) circa la fissazione da parte dell’istruttore di primo grado per ben due volte di rinvii della causa “per gli eventuali incombenti di cui all’art. 184 c.p.c.” alle udienze de 18.3.2002 e del 13.5.2002.

Non viene inoltre riportato in dettaglio lo svolgimento del processo, come a questo punto sarebbe stato indispensabile alla luce anche di quanto stabilito da Cass. 1571/02 circa il momento in cui deve essere svolta la richiesta di fissazione dell’udienza istruttoria.

In questo modo non risulta specifica – e dunque ammissibile – neanche la doglianza svolta in cassazione. Trattasi infatti di canone fondamentale del ricorso anche nelle ipotesi in cui sia consentito l’esame degli atti (cfr esemplificativamente SU 8077/12).

Per vero incomprensibilmente la doglianza, che è di natura processuale, non viene neppure articolata in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, che concerne i vizi del procedimento, ma con riferimento ai n. 3 e 5, che concernono la motivazione e la violazione di legge sostanziale, canoni inappropriati (cfr Cass.13482/14; 17931/13).

Con essa parte ricorrente ribadisce la tesi infondata secondo cui il giudice non può fissare udienza di precisazione delle conclusioni in sede di udienza di prima trattazione, tesi già smentita da Cass. 16092/05, secondo la quale a norma dell’art. 187 codice di rito, il giudice, ove ritenga che la causa sia matura per la decisione senza necessità di assunzione di mezzi di prova, può rimettere le parti alla fase conclusiva.

Inoltre parte ricorrente non allega che a causa della asserita mancanza di fissazione di udienza di prova sia stata dichiarata inammissibile una qualche istanza istruttoria formulata in sede di conclusioni, cioè nella sede in cui comunque aveva la possibilità e il dovere di insistere per le istanze istruttorie conclusive, al fine di far riaprire l’istruttoria.

Il giudice di primo grado, e poi quello di appello, hanno infatti evidentemente ritenuto che già sulla base della documentazione acquisita, delle allegazioni e del libero interrogatorio vi fossero elementi sufficienti per decidere la causa sulla base dell’eccezione pregiudiziale di merito che è stata accolta.

A questo punto il ricorso sulla questione processuale diviene ammissibile solo se si dimostra che erano decisive le prove non dedotte nell’udienza ex art. 184, ma che siano state comunque dedotte in conclusioni.

Questo assorbente profilo non è stato neppure individuato, perchè parte ricorrente riporta le molte prove testimoniali già articolate in citazione, ma non dice cosa avrebbe chiesto nell’udienza ex art. 184 di cui sostiene di aver sollecitato la fissazione, nè spiega se abbia formulato le istanze istruttorie in sede di conclusioni: il che, oltre quanto già osservato, evidenzia ancor più chiaramente la inammissibilità della doglianza.

Il motivo va dunque respinto e con l’occasione va ribadito che il giudice, ove ritenga che la causa sia matura per la decisione senza necessità di assunzione di mezzi di prova, può rimettere le parti alla fase conclusiva senza fissare necessariamente, nel regime processuale vigente nel 2002, udienza per i provvedimenti ex art. 184 c.p.c.. La parte ha comunque in tal caso possibilità di articolare i mezzi di prova in sede di conclusioni, cosicchè la loro mancata ammissione va dedotta, qualora lamenti, in sede di impugnazione, la mancata fissazione dell’udienza suddetta, rispettando l’onere di precisare sia la decisività e rilevanza delle prove non ammesse, sia in quali termini sia stata per lei pregiudizievole la omessa fissazione dell’udienza per i provvedimenti istruttori da essa ritualmente richiesta.

3) Il secondo motivo concerne violazione dell’art. 2941 c.c., n. 8. La censura, pur se prospettata quale violazione di legge – dunque riferibile all’art. 360 c.p.c., n. 3 – espone un vizio di motivazione, poichè contiene ripetuti accenni a “errata motivazione”, “defaillances logiche”, “illogicità”, “discrasie logico-motivazionali”.

Non è censurato in ricorso (il motivo è alle pagg. 28-32), e non può quindi essere in questa sede rivisto, il principio di diritto cui la Corte di appello si è ispirata, che essa ha espressamente desunto da Casa. 9113/07: “L’operatività della causa di sospensione della prescrizione di cui all’art. 2941 c.c., n. 8) ricorre quando sia posta in essere dal debitore una condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito, con la conseguenza che tale criterio non impone, in altri termini, di far riferimento ad un’impossibilità assoluta di superare l’ostacolo prodotto dal comportamento del debitore, ma richiede di considerare l’effetto dell’occultamento in termini di impedimento non sormontabile con gli ordinari controlli.

La Corte di appello, postasi in questa precisa ottica, ha ritenuto che non ricorra nell’odierna fattispecie l’ipotesi di sospensione ex art. 1941, n. 8 (disposizione che recita: “La prescrizione rimane sospesa:… tra il debitore che ha dolosamente occultato l’esistenza del debito e il creditore, finchè il dolo non sia stato scoperto”).

Ha infatti ritenuto (pag. 7) che i dinieghi del G. e della Consorzio Etruria, i quali, interpellati, avevano detto di non essere più interessati all’affare e/o che l’affare era stato posto in essere “con parti diverse da quelle poste in contatto dall’agenzia di mediazione” non costituissero doloso occultamento insormontabile con gli ordinari controlli.

La Corte di merito è stata indotta a questa valutazione dalle seguenti considerazioni:

che con una mera visura al catasto e alla conservatoria dei registri immobiliari sarebbe stato agevole per un operatore del ramo stabilire che l’acquisto era stato fatto da Immobilmarket;

che da una “mera visura del registro delle imprese” sarebbe emerso che soci della Immobilmarket erano G., cioè colui che aveva visionato l’immobile perchè interessato all’acquisto, e la di lui moglie, la quale era legale rappresentante della società acquirente, facente parte del gruppo Termomarket, per il quale aveva operato inizialmente il marito;

che con accertamenti “del tutto usuali”, quindi con l’ordinaria diligenza, che avrebbe dovuto essere acuita della mancata risposta del Consorzio alla richiesta di sapere chi fosse stato l’acquirente, l’appellante avrebbe potuto conoscere la situazione e avvedersi della sussistenza delle condizioni per azionare la pretesa.

A fronte di queste puntuali osservazioni, che non sono censurabili dal punto di vista logico, il ricorso contrappone affermazioni che sono state inequivocabilmente valutate e sconfessate, sia pur implicitamente, dalla Corte di appello.

Così si può dire della considerazione che l’atto non contemplava quale acquirente la Tecnomarket e che il legame tra Immobilmarket e G. sia stato in concreto scoperto dopo “ricerche puntigliose”, circostanze che, secondo la Corte di appello, un operatore del ramo, insospettito dall’evasività delle risposte dei soggetti interpellati, avrebbe dovuto agevolmente verificare.

Era dunque anche irrilevante la precisazione, che secondo la ricorrente è inesatta, secondo cui il mediatore non era edotto sin dall’inizio dei rapporti tra T. ed Edilmarket. Trattasi infatti di circostanza non decisiva rispetto al dovere di ricercare con diligenza il collegamento societario.

Le valutazioni di merito della Corte di appello sono congrue con il principio di diritto, rimasto incensurato, al quale ha aderito la Corte di appello nell’interpretare l’art. 2941 c.c., n. 8.

Esse pertanto non possono essere sindacate in questa sede e la Corte di Cassazione, non ravvisando illogicità manifeste o contraddittorietà, non può che considerarle incensurabili.

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in relazione al valore della controversia.

La liquidazione è unitaria quanto alle tre parti di cui è difensore l’avv. Calvieri (Cass. 17363/04; 21064/09) ancorchè unitamente ad altri due avvocati (cfr p. 1); si tien conto della circostanza nella liquidazione.

Va conseguentemente contenuta per il Consorzio Etruria, che ha nominato l’avv. Calvieri soltanto come domiciliatario, ma è difesa da altro avvocato, dovendosi peraltro considerare che il controricorso è per buona parte di tenore identico a quello dell’altra società del gruppo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate per il Consorzio Etruria in Euro 4.000 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge. Quanto alle altre società in Euro 7000 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 23 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2016

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