Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19568 del 26/08/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 19568 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 10177-2009 proposto da:
CARLUCCI

SERGIO

CRLSRG46E25L378L,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TACITO 50, presso lo studio
dell’avvocato COSSU BRUNO, che lo rappresenta e
difende unitamente agli avvocati ALBERTO PICCININI,
VASCO CHILOVI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
435

contro

CASA DI CURA VILLA BIANCA S.P.A., in persona del
legale rappresentante pro tempore,

elettivamente

domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo

Data pubblicazione: 26/08/2013

L

studio

dell’avvocato

MARESCA

ARTURO,

che

la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati
VALCANOVER FILIPPO, LARENTIS FRANCO, giusta delega in
atti;
– controricorrente
47/2008

della CORTE D’APPELLO

di TRENTO, depositata il 21/01/2009 r.g.n. 36/08;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

06/02/2013

MAISANO, \che

h.ta–ecm±-crscr-pret-

dal Consigliere Dott. GIULIO

udito l’Avvocato PICCININI ALBERTO;
udito l’Avvocato VALCANOVER FILIPPO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 20 febbraio 2009 la Corte d’appello di Trento, in riforma
della sentenza del tribunale di Trento del 13 luglio 2007, ha rigettato la
domanda di Carlucci Sergio intesa, per quanto rileva in questa sede, ad
ottenere il riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro
mansioni di medico responsabile del servizio di analisi dal 10 ottobre 1990
al 19 dicembre 2005. La Corte territoriale ha motivato tale pronuncia
considerando che il Carlucci ha sempre emesso regolare fattura in relazione
al compenso ricevuto mensilmente con assegno; per 15 anni ha
consapevolmente accettato la natura autonoma del rapporto di lavoro senza
rivendicare alcunché se non al termine del rapporto stesso; il Carlucci non
ha dato prova della subordinazione con riferimento all’esistenza di un
potere direttivo e di controllo da parte del datore di lavoro; dalla prova
testimoniale espletata è emerso che il Carlucci gestiva in proprio il suo
lavoro senza ricevere direttive programmatiche da parte del datore di
lavoro; non era soggetto all’osservanza di un orario di lavoro, non timbrava
cartellini né era tenuto a chiedere il godimento di ferie che nemmeno
comunicava formalmente, e pagava autonomamente un sostituto quando si
assentava per ferie assumendosi quindi in proprio il rischio imprenditoriale.
In presenza della iniziale volontà delle parti di stipulare un contratto di
lavoro autonomo sarebbe stato onere del lavoratore fornire una prova
rigorosa e precisa sull’esistenza degli elementi caratterizzanti il rapporto di
lavoro subordinato, mentre sussistono indizi dimostrativi dell’esistenza di
un rapporto di lavoro autonomo.
Il Carlucci propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato
su cinque motivi.
Resiste con controricorso la Casa di Cura Villa Bianca s.p.a.

intercorso con la Casa di Cura Villa Bianca s.p.a. per la quale ha svolto le

Entrambe le parti hanno presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt.
2094 e 2222 cod. civ. con riferimento all’art. 360, n. 3 cod. proc. civ. e, in
alternativa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto
subordinazione da parte del ricorrente, con riferimento all’art. 360, n. 5
cod. proc. civ. In particolare si deduce che la corte territoriale avrebbe dato
maggiore rilevanza alla qualificazione formale data dalle parti al rapporto
di lavoro anziché esaminare il concreto svolgimento del medesimo.
Con il secondo motivo si deduce ancora insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un fatto decisivo relativo alla presunta omessa e tardiva
rivendicazione della subordinazione da parte del ricorrente, con riferimento
all’art. 360, n. 5 cod. proc. civ.
Con il terzo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697
cod. civ. in relazione all’art. 2094 cod. civ. con riferimento al concetto di
subordinazione in caso di “mansioni elevate”, ai sensi dell’art. 360, n. 3
cod. proc. civ. In particolare si assume che non sarebbe stato considerato
l’ampio margine di autonomia tecnica e professionale insita nell’attività
svolta dal Carlucci, e sarebbe stato omessa la considerazione delle
conseguenze che derivano dalle mansioni elevate caratterizzate da specifica
professionalità che influiscono nella configurabilità del rapporto di lavoro
subordinato.
Con il quarto motivo si deduce carente e contraddittoria motivazione sul
fatto decisivo relativo all’inserimento nella organizzazione aziendale e sul
fatto decisivo relativo al compenso mensile ricevuto in misura fissa e

controverso relativo alla presunta omessa rivendicazione della

continuativa per circa quindici anni, ai sensi dell’art. 360, n. 5 cod. proc.
civ.
Con il quinto motivo si lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione su ulteriori fatti controversi e decisivi per il giudizio, ai sensi
dell’art. 360, n. 5 cod. proc. civ. In particolare si lamenta il mancato esame
lavoro predeterminato, il versamento a cadenze fisse di una retribuzione
prestabilita, e l’assenza, in capo al lavoratore, di una sia pur minima
struttura imprenditoriale.
I motivi precedenti vanno esaminati congiuntamente per la loro evidente
connessione sia sul versante giuridico che su quello fattuale per essere tutti
volti a dimostrare, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, la
natura subordinata del rapporto instauratesi tra il Carlucci e la Casa di
Cura. L’infondatezza di detti motivi determina il rigetto del ricorso in
ragione del segtUnte iter argomentativo.
E’ stato affermato in giurisprudenza che, ai fini della qualificazione del
rapporto di lavoro autonomo o subordinato, deve farsi riferimento al
concreto atteggiarsi del rapporto stesso e alle sue specifiche modalità di
svolgimento, potendo il richiamo alla iniziale volontà delle parti,
cristallizzatasi nella redazione del contratto di lavoro, valere come
elemento di valutazione ai fini dell’identificazione della natura del rapporto
solo se ed in quanto le concrete modalità di svolgimento dello stesso
lascino margini di ambiguità e/o di incertezze (cfr., al riguardo in tali
termini Cass. 9 giugno 2000 n. 7931 cui adde Cass. 19 maggio 2001 n.
6868). Sempre in giurisprudenza è stato poi precisato, per quanto attiene
alla natura autonoma o subordinata di un rapporto di lavoro, che la formale
qualificazione operata dalle parti in sede di conclusione del contratto
individuale, seppure rilevante, non può essere in alcun modo determinante
e non esime il giudice dal puntuale accertamento del comportamento in

di criteri caratterizzanti la subordinazione quali l’osservanza di un orario di

concreto tenuto nell’attuazione del rapporto, posto che le parti, pur volendo
attuare un rapporto di lavoro subordinato, potrebbero aver simulatamente
dichiarato di voler un rapporto autonomo al fine di eludere la disciplina
legale in materia, ovvero, pur esprimendo al momento della conclusione
del contratto una volontà autentica, potrebbero, nel corso del rapporto, aver
27 agosto 2002 n. 12581) e si è anche evidenziato che l’elemento della
subordinazione (che si connota, soprattutto, per l’assoggettamento del
lavoratore al potere direttivo disciplinare e di controllo del datore di
lavoro), che consente di distinguere il rapporto di lavoro di cui all’art. 2094
cod. civ. dal lavoro autonomo, non costituisce un dato di fatto elementare,
quanto piuttosto una modalità di essere del rapporto, potenzialmente
desumibile da un complesso di circostanze, richiedenti una complessiva
valutazione (e ciò, in particolare, nei rapporti di lavoro, aventi natura
professionale ed intellettuale) che è rimessa al giudice del merito, il quale,
perciò, a tal fine, non può esimersi, nella qualificazione del rapporto di
lavoro, da un concreto riferimento alle sue modalità di espletamento ed ai
principi di diritto ispiratori della valutazione compiuta allo scopo della
sussunzione della fattispecie nell’ambito di una specifica tipologia
contrattuale, sicché se tale apprezzamento di fatto è immune da vizi
giuridici ed è supportato da un’adeguata motivazione, si sottrae al sindacato
di legittimità (cfr. Cass. 16 giugno 2006 n. 13935 e più di recente, sempre
per il dictum secondo cui il criterio distintivo della subordinazione, e cioè
l’assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo e disciplinare del
datore di lavoro, debba essere necessariamente verificata sulla base di
elementi sussidiari che il giudice di merito deve individuare con
accertamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente
motivato (Cass. 15 giugno 2009 n. 13858). Sempre con riferimento al
nomen iuris, la giurisprudenza di legittimità ha pure statuito che la

manifestato, con comportamenti concludenti, una diversa volontà (Cass.

valutazione del documento negoziale è tanto più rilevante, quanto più labile
appare il confine tra le figure contrattuali astrattamente configurabili, e
non può, dunque, non assumere una incidenza decisoria anche allorquando
tra dette figure vi sia quella del rapporto di lavoro subordinato (Cass. 18
aprile 2007 n. 9264 in una fattispecie avente ad oggetto la valutazione di un
decisoria parametrata alla labilità dei confini tra lavoro subordinato ed
associazione in partecipazione cui adde, in argomento, anche Cass. 7
ottobre 2004 n. 20002). Corollario dell’indirizzo giurisprudenziale, di certo
estensibile anche ai casi in cui la inizigkle pattuizione sulla natura del
rapporto avvenga attraverso un accordo verbale e non con una
dichiarazione scritta, assume maggiore rilevanza decisoria nelle ipotesi in
cui si riscontri una accentuata flessibilità dei confini tra lavoro subordinato
ed altre specifiche tipologie di rapporti lavorativi (ad esempio: lavoro
autonomo quale quello dei giornalisti, dei medici convenzionati o degli
esercenti professioni intellettuali; lavoro in associazione in partecipazione;
lavoro del socio di cooperativa) ed anche nelle ipotesi in cui per le
specifiche modalità dell’esercizio delle prestazioni e per la condizione di
non debolezza economica (anche a seguito del trattamento economico e
normativo pattuito) in cui il lavoratore di fatto venga a trovarsi a fronte
della controparte, finisca il lavoratore stesso per risultare più libero e meno
condizionabile nella scelta delle regole cui voglia assoggettarsi nella
prestazione della propria attività.
Orbene, nel caso di specie il Carlucci non ha saputo dare alcuna prova
rispetto al potere direttivo o repressivo del datore di lavoro; e, come ha
precisato la Corte d’appello, gestiva in proprio il lavoro svolto, non
riceveva direttive programmatiche o indicazioni di altro tipo dal direttore
sanitario, ed il fatto per cui si rapportasse con altro collaboratore o con
colleghi, costituisce al più circostanza neutra, non incompatibile con la
L-1

documento negoziale in relazione al quale si è riconosciuta una rilevanza

natura non subordinata del rapporto di lavoro. Elementi questi che,
unitamente alla circostanza per cui correttamente il giudice d’appello ha
dato rilievo al nomen iuris dato dalle parti al negozio regolante il loro
rapporto, inducono a rigettare il ricorso del Carlucci.
Il ricorrente soccombente va condannato al pagamento delle spese di
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in €
50,00 per esborsi ed € 3.500,00 per compensi professionali oltre accessori
di legge.
Così deciso il 6 febbraio 2013.

questo giudizio liquidate come in dispositivo.

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