Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19568 del 09/07/2021

Cassazione civile sez. II, 09/07/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 09/07/2021), n.19568

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3152/2016 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE

SIRTORI 56, presso lo studio dell’avvocato VITTORIO AMEDEO

MARINELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato DEMETRIO DELFINO,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

L.C., D.A.M., L.F., rappresentati e

difesi dagli avvocati GIORGIO USAI, ALESSANDRO MELIS, giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

D.P., rappresentato e difeso dagli avvocati STEFANO MURINO,

ALESSANDRO MELIS, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente intervenuto –

avverso la sentenza n. 325/2015 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 14/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/11/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il giudizio trae origine dalla domanda di rivendica proposta innanzi al Tribunale di Cagliari da D.A.M., L.F. e L.C. nei confronti di C.P. avente ad oggetto il 50% di un terreno in agro di (OMISSIS).

1.1. Il convenuto si costituì e propose domanda riconvenzionale di usucapione.

1.2. Nel corso del giudizio venne integrato il contraddittorio nei confronti di D.P., in qualità di comproprietario del 50% dell’immobile oggetto di causa, che si costituì per resistere alla domanda.

1.3. A seguito del decesso di C.P., il giudizio fu proseguito dagli eredi C.G., R., P., A. e R..

1.4. Il Tribunale accolse la domanda principale di rivendica e rigettò la domanda riconvenzionale di usucapione.

1.5. La Corte d’appello di Cagliari, con sentenza del 14.5.2015, confermò la sentenza di primo grado.

1.6. Per quel che ancora rileva in sede di legittimità, la corte di merito, sulla base della valutazione delle prove testimoniali, ritenne che non vi fosse la prova del possesso continuo ed ininterrotto del bene, non essendo sufficiente l’occasionale coltivazione del terreno da parte dei convenuti; rilevò, inoltre, la

contraddittorietà delle deposizione dei testi addotti da parte convenuta rispetto al contenuto delle dichiarazioni rese da altri testimoni.

2. Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso C.G. sulla base di un unico motivo ed ha depositato memoria in prossimità dell’udienza.

2.1. D.A.M., L.F. e L.C. da una parte e D.P. dall’altra hanno resistito con distinti controricorsi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico articolato motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1158 c.c., nonché il vizio di incomprensibile e perplessa motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte di merito omesso di valutare le dichiarazioni rese dai testi a lei favorevoli e per non aver tenuto conto che sussisteva una situazione di incompatibilità a testimoniare dei figli dell’interventore D.. Con il motivo n. 1A, si censura la sentenza per violazione degli artt. 246,100,132 e 118 c.p.c. (pag. 48 del ricorso) in relazione alla menzionata incompatibilità di tali testi nonostante il tempestivo rilievo con le memorie ex art. 183 c.p.c., comma 6; inoltre, l’assenza di motivazione sulle deposizioni dei testi che avrebbero dichiarato la costante presenza sui luoghi del C., così come l’omessa motivazione sul rigetto della richiesta di confronto fra i testi e di consulenza tecnica, integrerebbero il vizio motivazionale.

1.1. Il motivo è inammissibile.

1.2 In seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione, previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6 e dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione, per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile; in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cassazione civile sez. VI, 25/09/2018, n. 22598; Cass. Sez. 07/04/2014 n. 8053).

1.3. Il vizio di nullità è quindi configurabile in quanto la sentenza è inidonea a raggiungere lo scopo, ovvero di spiegare le ragioni del decidere; la “mancanza della motivazione” agli effetti del requisito della sentenza di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, si sostanzia, nel caso di specie, in quanto le argomentazioni sono svolte in modo talmente contraddittorio e con passaggi logici talmente incongrui da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum.

1.4. L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. Il giudice di merito e’, infatti, libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma logicamente adeguata – gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto (ex multis Cassazione civile sez. trib., 29/12/2020, n. 29730; Cass. Civ., n. 520 del 2005,Cass. Civ., n. 22801 del 2009,Cass. Civ., n. 3601 del 2006).

1.5. Nel caso di specie, il giudice di merito, oltre ad aver richiamato per relationem le motivazioni addotte dal giudice di primo grado, ha puntualmente esposto, con iter argomentativo immune da censura, le risultanze istruttorie pervenendo alla conclusione che era carente la prova in ordine al possesso continuo ed ininterrotto, presupposto necessario dell’usucapione, sicché va escluso il vizio di carenza o perplessa motivazione.

1.6. In particolare, sono state esaminate le deposizioni di numerosi testi di cui il ricorrente, appellante nel giudizio di merito, aveva lamentato l’omesso esame da parte del giudice di prime cure e, con valutazione incensurabile in sede di legittimità, è stata ritenuto l’ininfluenza delle loro dichiarazioni in quanto la sporadica relazione con il bene non costituisce prova del possesso.

1.7. In tal senso, questa Corte ha più volte affermato che il possesso ad usucapionem deve esteriorizzarsi in un comportamento continuo e non interrotto, che dimostri inequivocabilmente l’intenzione di esercitare il potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno ius in re aliena e, quindi, una signoria sulla cosa che permanga per tutto il tempo indispensabile per usucapire, senza interruzione, sia per quanto riguarda l’animus che il corpus, e che non sia dovuta a mera tolleranza. Questa Corte ha altresì precisato che, ai fini della prova degli elementi costitutivi dell’usucapione, la coltivazione del fondo non è sufficiente, perché non esprime in modo inequivocabile l’intento del coltivatore di possedere, occorrendo, invece, che tale attività materiale, corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà, sia accompagnata da univoci indizi, i quali consentano di presumere che essa è svolta “uti dominus”; costituisce, pertanto, accertamento di fatto, rimesso al giudice del merito, valutare, caso per caso, l’intero complesso dei poteri esercitati su un bene, non limitandosi a considerare l’attività di chi si pretende possessore, ma considerando anche il modo in cui tale attività si correla con il comportamento concretamente esercitato del proprietario (Cassazione civile sez. VI, 05/03/2020, n. 6123).

1.8. La sentenza impugnata è conforme ai principi di diritto enunciati e non difetta di motivazione neanche in relazione all’omesso esame delle risultanze istruttorie. Il giudice di merito ha implicitamente ritenuto che non fosse necessario procedere al confronto tra i testimoni o a disporre una consulenza tecnica di ufficio, né tale decisione può essere sindacata in sede di legittimità.

1.9. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

2. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

2.1. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2021

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