Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19567 del 26/09/2011

Cassazione civile sez. un., 26/09/2011, (ud. 05/07/2011, dep. 26/09/2011), n.19567

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente di sezione –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso per regolamento di giurisdizione proposto da:

RFI (Rete Ferroviaria Italiana) s.p.a., in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in Roma, via della Vite 7,

presso l’avv. D’Amelio Piero, che la rappresenta e difende giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

Coopsette, società Cooperativa in persona del legale rappresentante,

in proprio e quale mandataria dell’Impresa Lungarini Alfredo &

Figli

s.p.a., elettivamente domiciliata in Roma, via G.G. Porro 8, presso

L’avv. Anabrosetti Stefano, che con l’avv. Luca Falange la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza del 5.7.2011 dal

Relatore Cons. Carlo Piccininni;

Udito l’avv. Belletti su delega per la Coopsette;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso riportandosi alle conclusioni

scritte, formulate nel senso della individuazione della giurisdizione

del giudice amministrativo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con atto di citazione del 20.11.2009 la Coopsette società Cooperativa, in proprio e quale mandataria con rappresentanza della Lungarini & Figli s.p.a., conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Roma la RFI s.p.a., per sentirla condannare al pagamento di Euro 1.942.686,72, o quella ritenuta di giustizia, somma asseritamente dovuta (e debitamente richiesta con istanze di compensazione non accolte) per variazione in aumento dei prezzi del materiale ferroso, intervenuta nel corso dell’esecuzione di un contratto di appalto stipulato dalle parti.

La RFI s.p.a., costituitasi in giudizio, eccepiva preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sia per la natura di interesse legittimo della pretesa che per la riconducibilità della stessa nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, e deduceva nel merito l’infondatezza della domanda.

Il giudice istruttore della causa rigettava la detta eccezione, ritenendo applicabile alla fattispecie in esame la disciplina dell’adeguamento prezzi prevista dalla L. n. 109 del 1994, art. 26, comma 4 bis e segg. e riconducendo la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo soltanto ai giudizi aventi ad oggetto gli atti con i quali l’amministrazione quantifica l’importo spettante a titolo di compensazione, in attuazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 133, comma 4 (ossia i cd. provvedimenti applicativi). Il non condiviso giudizio del tribunale induceva la RFI a proporre regolamento preventivo di giurisdizione, cui resisteva la società Coopsette con controricorso successivamente illustrato da memoria, che veniva deciso all’esito dell’adunanza del 5.7.2011.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. – Con il ricorso in esame la RFI ha sostenuto l’appartenenza della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo, sulla base delle seguenti considerazioni.

La L. n. 109, del 1994, art. 26, comma 4 bis, posto a fondamento della pretesa creditoria e che prevede, in deroga al generale divieto di revisione prezzi negli appalti pubblici, compensazioni in aumento o in diminuzione nel caso di rilevazione, da parte del Ministero delle Infrastrutture, di variazioni in aumento o in diminuzione superiori al 10%, non attribuirebbe all’appaltatore un diritto all’adeguamento del prezzo dell’appalto, sorgendo al contrario tale diritto dal riconoscimento, da parte dell’Amministrazione, dell’esistenza dei presupposti necessari per dar luogo al sollecitato adeguamento.

Non essendovi dunque mai stato un provvedimento attributivo del compenso richiesto, ne sarebbe derivata l’insussistenza del diritto e, conseguentemente, la giurisdizione del giudice amministrativo.

Inoltre il D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 244, comma 3, demanda alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, fra l’altro, le controversie relative alla Clausola di revisione del prezzo ed al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata, nonchè quelle concernenti i provvedimenti applicativi dell’adeguamento prezzi ai sensi del art. 133, commi 3 e 4, del citato decreto (che ha riprodotto la disciplina di cui all’art. 26, commi 4 bis e segg. L. n. 109 del 1994), sicchè l’attribuzione della controversia in oggetto alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato renderebbe superflua la distinzione tra le diverse posizioni giuridiche – di diritto soggettivo e di interesse legittimo – tutelate. La difforme interpretazione della normativa posta a base del provvedimento contestato, secondo la quale l’art. 244 sopra richiamato avrebbe affidato al giudice amministrativo la giurisdizione in tema di compensazione dei prezzi degli appalti soltanto con riferimento ai provvedimenti applicativi, non sarebbe dunque condivisibile, non sembrando ragionevole una differenziazione di disciplina, a seconda che l’oggetto della controversia riguardi la disciplina della revisione ovvero quella dell’adeguamento dei prezzi.

3. – In proposito va osservato che l’assunto della RFI, secondo il quale la giurisdizione sarebbe attribuita al giudice amministrativo poggia essenzialmente su due aspetti, vale a dire: a) sul fatto che il meccanismo disciplinato dall’art. 26, comma 4 bis, presupporrebbe una posizione giuridica soggettiva tutelata come diritto soggettivo, che tale diverrebbe soltanto all’esito dell’accertamento dell’esistenza dei relativi presupposti da parte della pubblica amministrazione committente, accertamento che viceversa nella specie non vi era stato; b) sul fatto che l’art. 244, comma 3, devolve alla giurisdizione del giudice amministrativo anche le controversie relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ex art. 133, circostanza che renderebbe superflua ogni ulteriore distinzione in merito.

4. – La fondatezza di tale assunto è stata tuttavia contrastata dalla società Coopsette, in ragione delle seguenti considerazioni:

a) la posizione nella specie tutelata non sarebbe di interesse legittimo ma di diritto soggettivo, e ciò in quanto il riconoscimento di un maggior compenso, finalizzato a ristabilire un equilibrio fra le prestazioni originariamente convenute, deriverebbe direttamente dalla legge e sarebbe automatico; b) il citato art. 244 non deporrebbe nel senso indicato dalla ricorrente. Infatti la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sarebbe stata ivi prevista, con riferimento alle clausole ed ai conseguenti provvedimenti applicativi, soltanto per la revisione prezzi, mentre diversamente sarebbe stato disposto per l’adeguamento dei prezzi, per il quale la giurisdizione amministrativa sarebbe stata richiamata soltanto per i provvedimenti applicativi, e non anche quindi per le controversie relative alla clausola.

La dizione “provvedimenti applicativi” utilizzata dal legislatore dovrebbe dunque essere intesa come riferita “al momento della quantificazione”, sicchè resterebbero fuori dalla giurisdizione amministrativa le questioni relative all’an debeatur.

Secondo la controricorrente, la differenza fra i due istituti della revisione e della compensazione consisterebbe poi nel fatto che la prima, a differenza della seconda, subordinerebbe la relativa liquidazione ad un atto ricognitivo della Pubblica Amministrazione, sicchè la diversità di disciplina sul piano della giurisdizione sarebbe riconducibile alla diversità, da un punto di vista sostanziale, delle situazioni considerate. Ulteriore conferma della volontarietà della diversa disciplina adottata si trarrebbe poi dal nuovo codice del processo amministrativo entrato in vigore dopo il 2006 (D.Lgs. n. 104 del 2010), che per l’appunto aveva lasciato inalterata la precedente distinzione.

Infine, secondo la Coopsette, anche il criterio di ripartizione fra giudice amministrativo e giudice ordinario deporrebbe nel senso indicato, atteso che, alla stregua del detto criterio, rientrano nella giurisdizione del Consiglio di Stato le controversie in cui le posizioni di diritto soggettivo si collocano in un’area in cui la Pubblica Amministrazione faccia valere il suo potere autoritativo, ipotesi viceversa insussistente nel caso in esame, in cui la concessione del provvedimento applicativo sarebbe automatica.

5. – Ritiene il Collegio che, per quanto la formulazione letterale della norma legittimi astrattamente l’interpretazione offerta dalla Coopsette (per l’adeguamento prezzi, la giurisdizione del giudice amministrativo è infatti espressamente prevista solo per i provvedimenti applicativi), la stessa non possa essere condivisa per le seguenti ragioni. In proposito giova innanzitutto premettere che la formulazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 244, comma 3, trova la sua genesi nella L. n. 537 del 1993, art. 6, comma 19, (come poi modificato dalla L. n. 724 del 1994), secondo il quale “Le controversie derivanti dall’applicazione del presente articolo sono devolute alla giurisdizione, in via esclusiva, del giudice amministrativo”. Tale disposizione era peraltro riferibile alla sola norma sostanziale dettata dalla L. n. 537 del 1993, art. 19, comma 4, come poi modificata, concernente i contratti ad esecuzione periodica o continuata, rispetto ai quali fu disposto che dovessero contenere una clausola di revisione periodica del prezzo.

Detta ultima disposizione è stata successivamente travasata nell’art. 115 del citato D.Lgs. n. 163, mentre la prima norma sopra richiamata – quella cioè sulla giurisdizione – è stata riformulata nel senso che una controversia derivante dall’applicazione del relativo articolo – la L. n. 537 del 1993 – era una ” controversia relativa alla clausola di revisione del prezzo ed al relativo provvedimento applicativo “. Al contrario, la disciplina del prezzo chiuso (e le relative modificazioni) ha un non coincidente ambito di applicazione, essendo attinente ai contratti di lavori pubblici, ed è riconducibile ad un diverso plesso normativo, essendo stata introdotta dalla L. n. 311 del 2006 (Legge Finanziaria 2005, art. 1, comma 550), che per l’appunto con l’inserimento dei commi da 4 bis a 4 septies ha operato una integrazione dell’allora vigente L. n. 109 del 1994, art. 26. Quest’ultima disciplina poi, non accompagnata da una regolamentazione dei profili attinenti alla giurisdizione (che viceversa era stata contemplata con riferimento alla revisione prezzi), è stata a sua volta trasfusa nel D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 133, comma 1, lett. c), n. 2, rispetto al quale la disposizione dell’art. 244 del citato decreto legislativo va interpretato come espressione della considerazione che le modifiche consentite al sistema del prezzo chiuso danno luogo ad una forma di revisione dello stesso, quale ulteriore strumento di tutela dell’originario equilibrio fra le concordate prestazioni contrattuali. La disposizione sulla giurisdizione in tema di modifiche del prezzo chiuso, recuperata dalla formulazione della L. n. 537 del 1993, risulta dunque riscritta sulla falsariga di quella già emanata a proposito della revisione prezzi, con la differenza tuttavia che, mancando qui una clausola ed essendovi da applicare solo una norma, il riferimento formale è limitato alle controversie “relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’art. 133, commi 3 e 4”.

Da quanto sinora esposto si deduce dunque: a) che rappresenta una ragionevole interpretazione della disposizione di deroga al prezzo chiuso la sua attrazione al regime della revisione del prezzo anche per quanto concerne la disciplina processuale; b) che ad identiche conclusioni deve pervenirsi ove si considerino l’identità della posizione delle due parti contraenti (committente e appaltatore) nelle due distinte (ma contigue, rappresentando la seconda una specificazione della prima) ipotesi della revisione e dell’adeguamento prezzi, nonchè l’ulteriore circostanza consistente nel fatto che in entrambe le dette ipotesi i previsti meccanismi di adeguamento dell’originaria pattuizione in tema di corrispettivo risultano preordinate alla tutela dell’interesse pubblico, piuttosto che al soddisfacimento dell’interesse dell’appaltatore; c) che al contrario appare inattendibile un’interpretazione dell’art. 244, comma 3, nel senso di attribuire una diversa e minore estensione dell’area della giurisdizione esclusiva in tema di controversie sulla deroga al prezzo chiuso, e ciò anche in quanto il parametro distintivo in tema di giurisdizione è individuabile in ragione della diversità delle situazioni giuridiche da tutelare, e non già con riferimento alle differenti caratteristiche delle questioni sottoposte all’esame dell’organo giudicante.

D’altra parte appare di assoluta evidenza l’effetto anomalo, sia sul piano dei principi che su quello operativo, che si determinerebbe a voler accedere all’interpretazione sostenuta dalla Coopsette. Secondo quest’ultima, infatti e con riferimento al primo punto, dovrebbero essere attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo soltanto le controversie aventi ad oggetto la quantificazione dell’adeguamento del prezzo, mentre invece sarebbero devolute al giudice ordinario quelle attinenti al riconoscimento del diritto all’adeguamento. Pur prescindendo da ogni considerazione in ordine alla incomprensibilità della distinzione, ciò comporterebbe quindi la devoluzione al giudice ordinario di quelle liti in cui è più evidente l’interesse della Pubblica Amministrazione, in contrasto dunque con i criteri di ragionevolezza e con i principi generali di ripartizione della giurisdizione fra giudice amministrativo e giudice ordinario.

Per quanto concerne poi il secondo aspetto sopra indicato, occorre evidenziare, da una parte, che la suggerita e sostanzialmente non motivata diversità di disciplina sul piano della giurisdizione fra le controversie relative al “quantum” dell’adeguamento e quelle concernenti “l’an debeatur” determinerebbe un inutile allungamento dei tempi di definizione del contenzioso (per la duplicità degli organi giudiziari deputati ad intervenire), indebolendo così la posizione di tutela del cittadino di fronte alla Pubblica Amministrazione e, dall’altra, che l’interpretazione della norma in esame proposta dalla Coopsette finirebbe per ridimensionarne l’applicazione, fino a determinarne un sostanziale svuotamento, in quanto la disposizione risulterebbe correttamente evocabile soltanto nel caso di anticipata ricognizione di debito seguita da provvedimenti applicativi non condivisi, e quindi in ipotesi marginali, se non del tutto residuali.

Conclusivamente, nella controversia oggetto di giudizio va affermata la giurisdizione del giudice amministrativo.

La novità della questione induce alla compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

Pronunciando sul regolamento, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo, davanti al quale rimette le parti, e compensa le spese della presente fase di giudizio.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2011

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