Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19567 del 24/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 19567 Anno 2018
Presidente: BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI
Relatore: CATALLOZZI PAOLO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10971/2011 R.G. proposto da
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore

pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la
quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12
– ricorrente contro
Salvini Giuseppe, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Valeria
Guido, in Olbia, via della Stampa, 25
– intimato avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Sardegna n. 50/08/11, depositata il 15 marzo 2011.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 febbraio
2018 dal Consigliere Paolo Catallozzi;
RILEVATO CHE:
– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la
sentenza della Commissione tributaria regionale della Sardegna,

Data pubblicazione: 24/07/2018

depositata il 15 maggio 2011, che ha accolto parzialmente l’appello
proposto dal contribuente e, in riforma della sentenza di primo grado,
ha rideterminato il reddito accertato dall’Ufficio nell’atto impositivo
impugnato nel senso di riconoscere costi sostenuti per canoni e
servizi, quantificati in euro 13.523,42, e per pulizie, quantificati in
euro 13.248,00;

da una indagine fiscale, eseguita anche mediante esame della
movimentazione di quattro conti correnti riconducibili intestati al
contribuente, esercente attività di agente immobiliare, e al suo
coniuge;
– in essa si dà atto che nel ricorso introduttivo il contribuente ha
evidenziato che solo una parte delle somme oggetto dei versamenti
rilevati sui conti correnti rappresentavano provvigioni relative alla sua
attività di mediazione, mentre gli importi residui si riferivano a
corrispettivi per prestazioni accessorie alla locazione di immobili
(acqua, luce, gas, spese di pulizia) versati dai locatari;
– il ricorso è affidato a quattro motivi;
– l’intimato non ha spiegato alcuna attività difensiva;
– il Pubblico Ministero ha concluso chiedendo l’accoglimento del
ricorso;
CONSIDERATO CHE:
– con il primo motivo l’Agenzia denuncia la violazione degli artt. 112
c.p.c. e 21, primo comma, e 57, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., per aver la sentenza
impugnata ritenuto sussistenti costi per canoni e servizi e per pulizie,
rideterminando conseguentemente la pretesa tributaria, benché tali
costi non fossero stati allegati nel ricorso introduttivo, nonché che
l’Ufficio fosse incorso in decadenza dal potere di accertamento
dell’i.v.a. per decorrenza dei termini pur in assenza di una specifica
censura da parte del contribuente;

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– dalla sentenza impugnata si evince che l’atto impositivo trae origine

- il primo motivo è fondato per le ragioni e nei limiti che seguono;
– quanto al profilo relativo al riconoscimento dei costi, l’esame del
ricorso introduttivo evidenzia che il contribuente ha allegato che
alcuni dei versamenti rilevati dall’Ufficio si riferivano a somme versate
dai locatari a fronte di costi per servizi accessori alla locazione (vedi
motivo sub 1) e ha negato di aver percepito canoni di locazione in

– non risulta, dunque, ricorrere il vizio denunciato;
– ad opposte conclusioni deve pervenirsi quanto al secondo profilo, in
quanto il termine di decadenza stabilito, a carico dell’ufficio tributario
ed in favore del contribuente, per l’esercizio del potere impositivo, ha
natura sostanziale e non appartiene a materia sottratta alla
disponibilità delle parti, poiché tale decadenza è stabilita in favore e
nell’interesse esclusivo del contribuente in materia di diritti da esso
disponibili, in relazione al suo interesse a non vedere esposto il
proprio patrimonio, oltre un certo limite di tempo, alle pretese del
fisco (cfr. Cass., ord., 27 gennaio 2012, n. 1154; Cass. 27 giugno
2011, n. 14028);
– a ciò consegue che è riservata alla valutazione del contribuente
stesso la scelta di avvalersi o meno della relativa eccezione, da
ritenersi eccezione in senso proprio e, in quanto tale, non rilevabile
d’ufficio, né proponibile per la prima volta in grado d’appello;
– si presenta, dunque, viziata di ultrapetizione la sentenza impugnata
nella parte in cui, a seguito di relativa eccezione sollevata dal
contribuente solo con la memoria illustrativa dell’appello, ha
dichiarato l’Ufficio decaduto dal potere di accertamento per
decorrenza dei termini di cui all’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973;
– con il secondgl’Agenzia deduce la violazione dell’art. 32, quinto
comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, nonché l’omessa o insufficiente
motivazione della sentenza, in quanto il giudice di appello avrebbe
posto a fondamento della sua decisione notizie non addotte e

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nome e per conto proprio (vedi motivo sub 2);

documentazione non trasmessa in risposta agli inviti dell’Ufficio,
relative all’autonomia delle attività imprenditoriali sua e del coniuge;
– aggiunge che immotivatamente e contraddittoriamente il giudice di
appello aveva ritenuto sussistente la titolarità in capo al coniuge del
contribuente di un’autonoma e distinta attività di impresa, esercente
servizi di pulizia, e il credito di quest’ultima per corrispettivi in

intermediati dal contribuente medesimo;
– il secondo motivo è infondato;
– l’art. 32, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 stabilisce che
«le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i
registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio
non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente,
ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò
l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla
richiesta»;
– l’omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede
amministrativa determina l’inutilizzabilità della successiva produzione
in sede contenziosa solo in presenza dello specifico presupposto, la
cui prova incombe sull’Amministrazione, costituito dall’invito specifico
e puntuale all’esibizione, accompagnato dall’avvertimento circa le
conseguenze della sua mancata ottemperanza (cfr. Cass. 27
settembre 2013, n. 22126; Cass. 10 gennaio 2013, n. 453);
– nel caso in esame, non risulta sussistere tale specifico presupposto
richiesto dalla norma;
– quanto al prospettato vizio motivazionale, lo stesso si risolve in una
critica alla valutazione del materiale probatorio effettuata dal giudice,
in quanto tale esaminabile in questa sede;
– con il terzo motivo la ricorrente si duole della violazione dell’art.
109, quarto comma, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e 39, secondo
comma, d.P.R. n. 600 del 1973, nonché dell’omessa, insufficiente e

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relazione a servizi prestati in favore dei locatori degli immobili

contraddittoria motivazione, per aver la sentenza riconosciuto costi
privi di dimostrazione e dei quali non vi è prova che non fossero stati
già dichiarati e dedotti;
– il motivo è infondato, in quanto il giudice di appello ha ritenuto
sussistenti tali costi, nonché il loro ammontare, argomentando dalle
risultanze della documentazione prodotta dal ricorrente;

violazione dell’art. 10, legge 27 dicembre 2002, n. 289, per aver
ritenuto inapplicabile, per contrasto con la normativa unionale, la
proroga dei termini per l’esercizio del potere di accertamento prevista
da tale disposizione normativa e dichiarato, in tal modo, decaduta
l’Amministrazione per mancato rispetto del termine originario;

l’accoglimento,

in parte qua,

del primo motivo determina

l’assorbimento del motivo in esame, in quanto strettamente
dipendente;
– il ricorso va in conseguenza accolto e la sentenza cassata, con rinvio
alla Commissione tributaria regionale della Sardegna, in diversa
composizione, che provvederà anche al regolamento delle spese;
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, nei limiti riferiti, dichiara
assorbito il quarto e respinge i restanti; cassa la sentenza impugnata
con riferimento al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla
Commissione tributaria regionale della Sardegna in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 1° febbraio 2018.

– con l’ultimo motivo di ricorso censura la sentenza di appello per

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