Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19567 del 15/09/2010

Cassazione civile sez. I, 15/09/2010, (ud. 27/10/2009, dep. 15/09/2010), n.19567

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – est. Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6862/2007 proposto da:

A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

PINTURICCHIO 21, presso lo studio dell’avvocato ABBATE Ferdinando

Emilio, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

avverso il decreto N. 51284/05 R.G.V.G. della CORTE D’APPELLO di ROMA

del 31/10/05, depositato l’11/01/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/10/2009 dal Consigliere e Relatore Dott. ONOFRIO FITTIPALDI;

udito l’Avvocato Rossana Tebaidi, (delega avvocato Ferdinando Emilio

Abbate), difensore del ricorrente che si riporta agli scritti e

insiste per l’accoglimento del ricorso;

è presente il P.G. in persona del Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che

conferma le conclusioni scritte.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La corte d’appello di Roma, con decreto dell’11 gennaio 2006 ha condannato la Presidenza del Consiglio al pagamento di Euro 7.000,00 (oltre ad Euro 650,00 per spese) a titolo di equa riparazione dei danni derivanti dall’irragionevole durata di un giudizio (avente ad oggetto la richiesta di adeguamento dell’indennità giudiziaria) promosso da A.S. e altri davanti al tar del Lazio con ricorso del maggio 1993 deciso con sentenza del 4 dicembre 2004 ritenendo ragionevole una durata di quattro anni.

L’ A. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi. L’Amministrazione non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Deducendo diversi profili di violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001 e dell’art. 6 della convenzione europea dei diritti dell’uomo, così come interpretata dalla giurisprudenza di Strasburgo il ricorrente lamenta che la corte territoriale:

1) abbia determinato la durata ragionevole del giudizio in quattro anni;

2) abbia omesso di applicare i parametri di liquidazione normalmente seguiti dalla corte di Strasburgo per la liquidazione dell’indennizzo;

3) abbia liquidato le spese in misura inferiore ai minimi.

2. Il ricorso è fondato nei limiti di cui alla motivazione che segue.

La durata ragionevole del giudizio di primo grado, secondo la giurisprudenza di Strasburgo, è di tre anni, salvo che esistano specifiche ragioni per discostarsi, in meno o in più, da tale parametro. La corte territoriale ha motivato il superamento del parametro facendo riferimento alla natura della controversia e al comportamento delle parti, ma tale motivazione è semplicemente apparente e contraddittoria, perchè, da un lato, la natura lavoristica della controversia avrebbe autorizzato una valutazione come ragionevole addirittura una durata inferiore ai tre anni e, dall’altro, non sono indicati gli specifici comportamenti dilatori delle parti che potrebbero giustificare il superamento di detto limite.

Il giudice del merito non si è attenuto ai principi sopra richiamati e pertanto il provvedimento impugnato deve essere cassato.

3. Poichè, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, la causa può essere decisa nel merito, restano assorbite le ulteriori censure.

Per un ritardo di otto anni e sette mesi può quindi essere liquidata la somma di Euro 7.750,00 sulla base del parametro di Euro 750,00 per i primi tre anni, in considerazione della minore entità dell’ansia e del patema d’animo nella prima parte del periodo di ritardo, e di Euro 1.000,00 per il periodo successivo.

Le spese vanno liquidate per intero quanto al giudizio di merito e per la metà per il giudizio di cassazione, previa compensazione dell’altra metà, attesa la reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il provvedimento impugnato e decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alla parte ricorrente la somma di Euro 7.750,00 per indennizzo oltre agli interessi legali su detta somma dalla data della domanda e le spese del giudizio che determina, per il giudizio di merito, nella somma di Euro 100,00 per esborsi, Euro 490,00 per diritti, Euro 600,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge e per il giudizio di cassazione, previa compensazione della metà, in Euro 500,00 per onorari ed Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Dispone che le spese siano distratte in favore dell’avv. F.E. Abbate che si è dichiarato antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della struttura unificata per l’esame preliminare dei ricorsi – Sezione Prima Civile, il 27 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2010

 

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