Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19566 del 15/09/2010

Cassazione civile sez. I, 15/09/2010, (ud. 27/10/2009, dep. 15/09/2010), n.19566

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – est. Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6737/2007 proposto da:

L.A., elettivamente domiciliato in ROMA presso la CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA Alfonso

Luigi, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto R.G.A.D. n. 51800/05 della CORTE D’APPELLO di

ROMA,del 2 8/11/05 depositato il 28/02/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/10/2009 dal Consigliere e Relatore Dott. ONOFRIO FITTIPALDI.

E’ presente il P.M., in persona del Dott. RUSSO Rosario Giovanni.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La corte d’appello di Roma, con decreto del 28 febbraio 2006 ha rigettato la domanda di condanna al pagamento di un’equa riparazione dei danni derivanti dall’irragionevole durata di un giudizio (avente ad oggetto la richiesta di pagamento di interessi e rivalutazione monetaria per il ritardato pagamento dell’indennità di disoccupazione) promosso da L.A. davanti al giudice del lavoro di Napoli con ricorso del 25 novembre 1999, deciso con sentenza del 20 febbraio 2004 ritenendo non provata la sussistenza del danno non patrimoniale, in considerazione della scarsa rilevanza economica delle pretese azionate.

Il L. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, al quale resiste il Ministero con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Deducendo diversi profili di violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001 e dell’art. 6 della convenzione europea dei diritti dell’uomo, così come interpretata dalla giurisprudenza di Strasburgo il ricorrente lamenta che la corte territoriale:

1) abbia escluso la sussistenza del pregiudizio morale per la mancanza di prova del pregiudizio non patrimoniale, in relazione al modesto valore della controversia oggetto del giudizio presupposto;

2) abbia omesso di applicare i parametri di liquidazione normalmente seguiti dalla corte di Strasburgo per la liquidazione dell’indennizzo che deve essere rapportato alla durata dell’intero giudizio e non a quella parte dello stesso che eccede la durata ragionevole;

3) abbia omesso di liquidare il bonus di Euro 2.000,00.

2. Il ricorso è fondato nei limiti di cui alla motivazione che segue.

Il diritto all’equa riparazione non poteva essere escluso per la mancanza di prova del pregiudizio morale derivante dalla modesta entità della “posta in gioco”. Infatti, sulla base dei principi affermati con sentenza delle sezioni unite del 26 gennaio 2004, n. 1338, si è formato un costante orientamento secondo cui il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ancorchè non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all’art. 6 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e, pertanto, pur dovendo escludersi la configurabilità di un danno non patrimoniale in re ipsa – ossia di un danno automaticamente e necessariamente insito nell’accertamento della violazione – il giudice, una volta accertata e determinata l’entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo, secondo le norme della L. n. 89 del 2001, deve ritenere sussistente il danno non patrimoniale ogniqualvolta non ricorrano, nel caso concreto, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente. Il giudice del merito non si è attenuto a tali principi e pertanto la sentenza deve essere cassata.

3. Sono invece infondate le altre censure.

Ai fini della liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo l’ambito della valutazione equitativa, affidato al giudice del merito, è segnato dal rispetto della convenzione europea dei diritti dell’uomo, per come essa vive nelle decisioni, da parte della corte europea dei diritti dell’uomo, di casi simili a quello portato all’esame del giudice nazionale, di tal che è configurabile, in capo al giudice del merito, un obbligo di tener conto dei criteri di determinazione della riparazione applicati dalla corte europea, pur conservando egli un margine di valutazione che gli consente di discostarsi, purchè in misura ragionevole, dalle liquidazioni effettuate dalla corte europea, la quale (con decisioni recentemente adottate a carico dell’Italia) ha individuato nell’importo compreso fra euro mille ed euro millecinquecento per anno la base di partenza per la quantificazione di tale indennizzo, ferma restando la possibilità di superare tali limiti, minimo e massimo, in relazione alla particolarità delle fattispecie (Cass. n. 8714/2006).

Peraltro, con la stessa decisione si è osservato che il rispetto della convenzione, per come è interpretata dalla corte di Strasburgo non concerne anche il profilo relativo al moltiplicatore di detta base di calcolo: mentre, infatti, per la convenzione europea per i diritti dell’uomo l’importo come sopra quantificato va moltiplicato per ogni anno di durata del procedimento (e non per ogni anno di ritardo), per il giudice nazionale è, sul punto, vincolante la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), ai sensi del quale è influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole, nè tale diversità di calcolo tocca la complessiva attitudine della citata L. n. 89 del 2001, ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, e, dunque, non autorizza dubbi sulla compatibilità di tale norma con gli impegni internazionali assunti dalla repubblica italiana mediante la ratifica della convenzione europea e con il pieno riconoscimento, anche a livello costituzionale, del canone di cui all’art. 6, par. 1, della convenzione medesima (art. 111 Cost., comma 2, nel testo fissato dalla L. Cost. 23 novembre 1999, n. 2).

Quanto alla domanda di attribuzione di una somma forfettaria di Euro 2.000,00 in relazione alla natura previdenziale della controversia, non appare decisivo il richiamo alla sentenza della corte europea dei diritti dell’uomo 10 novembre 2004, Zullo, perchè se la decisione richiamata ha ritenuto di riconoscere tale somma in caso di violazione del termine di durata ragionevole nei giudizi aventi particolare importanza, tra le quali ha annoverato le cause previdenziali, non ne deriva automaticamente che tutte le cause previdenziali debbano essere considerate di particolare importanza.

Spetta infatti al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa previdenziale abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, tale da giustificare l’attribuzione del bonus. Tale valutazione discrezionale non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, in caso di diniego di detta attribuzione, una motivazione implicita.

3. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito, liquidando per un ritardo di un anno e tre mesi la somma di Euro 938,00 sulla base del parametro di Euro 750,00 per i primi tre anni, in considerazione della minore entità dell’ansia e del patema d’animo nella prima parte del periodo di ritardo, e di Euro 1.000,00 per l’eventuale periodo successivo. Le spese vanno liquidate per intero quanto al giudizio di merito e per la metà per il giudizio di cassazione, previa compensazione dell’altra metà, attesa la reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il provvedimento impugnato e decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alla parte ricorrente la somma di Euro 938,00 per indennizzo oltre agli interessi legali su detta somma dalla data della domanda e le spese del giudizio che determina, per il giudizio di merito, nella somma di Euro 100,00 per esborsi, Euro 280,00 per diritti, Euro 445,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge e per il giudizio di cassazione, previa compensazione della metà, in Euro 300,00 per onorari ed Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Dispone che le spese siano distratte in favore dell’avv. A.L. Marra che si è dichiarato antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della struttura unificata per l’esame preliminare dei ricorsi – Sezione Prima Civile, il 27 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2010

 

 

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