Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19565 del 26/09/2011
Cassazione civile sez. un., 26/09/2011, (ud. 07/06/2011, dep. 26/09/2011), n.19565
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –
Dott. PROTO Vincenzo – Presidente sezione –
Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –
Dott. GOLDONI Umberto – rel. Consigliere –
Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –
Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
D.V.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. FERRARI
11, presso lo studio dell’avvocato CHIANELLO VALENTINA, rappresentato
e difeso da se medesimo;
– ricorrente –
contro
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI
BERGAMO;
– intimati –
avverso la decisione n. 190/2009 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE,
depositata il 21/12/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
07/06/2011 dal Consigliere Dott. UMBERTO GOLDONI;
udito l’Avvocato Massimo ROCCHI, per delega dell’avvocato Elio Del
Villano;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. CICCOLO
Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il COA di Bergamo, con decisione del giugno 2007, pronunciando sui procedimenti disciplinari riuniti a carico dell’avv. D.V. E., in ordine agli addebiti a lui ascritti irrogava all’incolpato la sospensione dall’esercizio della professione per mesi otto.
Ricorreva il legale al CNF, che, con decisione del marzo del 2009, confermava la pronuncia impugnata.
Osservava quel Consesso che non v’era stata violazione alcuna del diritto di difesa dell’incolpato, atteso che non era stata pretermessa alcuna istanza svolta al riguardo e che si era coerentemente deciso sia in relazione alla perizia grafica, sia in relazione agli altri profili fattuali.
Nel merito poi i complessi rapporti economici instaurati dall’avv. D.V. con un suo cliente erano tali da creare una commistione tra interessi personali ed interessi professionali, a scapito del cliente stesso.
Lo stesso comportamento processuale del legale, reiteratamente smentito in sede probatoria circa le sue asserzioni, contrastate da risultanze di assoluta serietà e confacenza, risultava tale da integrare quella condotta che il codice deontologico impone ad un legale di evitare nei rapporti con il cliente.
Ancora, la intervenuta condanna penale, seppure non definitiva, per il reato di calunnia e la persistenza in un atteggiamento smentito da risultanze acquisite, unitamente alla recidiva riscontrabile nella condotta professionale del ricorrente, già disciplinarmente sanzionato in precedenza, costituivano altrettanti elementi a sostegno della di lui colpevolezza ed erano chiari segnali della adeguatezza della sanzione comminata.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre, sulla base di due motivi, il D.V.; gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente rilevato che la decisione impugnata è stata notificata all’odierno ricorrente il 22.11.2010; questi ha proposto il presente ricorso in data 19.1.2011. La proposizione del ricorso per cassazione avverso le decisioni del Consiglio nazionale forense è soggetta non già al termine breve di sessanta giorni di cui all’art. 325 c.p.c., ma a quello di trenta, previsto dal R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 56, comma 3, convertito in L. 22 gennaio 1934, n. 36, salva l’applicabilità del termine annuale nella sola ipotesi in cui non vi sia stata notificazione di ufficio della decisione impugnata e nessuna delle parti interessate abbia provveduto alla notificazione stessa di propria iniziativa (v. Cass. SS. UU. 16.12.2005, n. 27702).
In applicazione di tale costante, consolidato, condiviso avviso giurisprudenziale, rilevata la proposizione del presente ricorso oltre il termine suindicato, essendo stata la decisione impugnata notificata di ufficio, lo stesso deve essere dichiarato inammissibile per tardività. Non v’ha luogo a provvedere sulle spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2011.
Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2011