Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19565 del 08/07/2021

Cassazione civile sez. I, 08/07/2021, (ud. 10/06/2021, dep. 08/07/2021), n.19565

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29414/2015 proposto da:

L.G., in proprio, elettivamente domiciliato in Roma, Viale

delle Milizie n. 48, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS),

rappresentato e difeso da se medesimo;

– ricorrente –

contro

Curatela del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. in Liquidazione, in persona

del curatore Dott.ssa R.M., elettivamente domiciliata in

Roma, Viale Trastevere n. 259, presso lo studio dell’avvocato

Gaetano Patta, rappresentata e difesa dall’avvocato Dario Brunori,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 48/2015 del TRIBUNALE di PRATO, del 06/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/06/2021 dal cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto del 6 ottobre 2015 il Tribunale di Prato ha rigettato l’opposizione L.Fall., ex art. 98 proposta dall’avv. L.G. avverso il provvedimento con cui il G.D. lo ha ammesso al passivo del fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione per il minor importo (rispetto a quanto richiesto nella domanda di insinuazione al passivo) di Euro 22.762,20 in privilegio generale, e per Euro 1.539,04 in chirografo.

Il Tribunale di Prato non ha riconosciuto la compensazione L.Fall., ex art. 56, per difetto dei presupposti di legge, tra il credito vantato dal ricorrente e la somma di Euro 25.000,00 che la società poi fallita gli aveva messo a disposizione per transigere le posizioni con alcuni creditori e che non era mai stata dall’odierno ricorrente utilizzata (né successivamente restituita) in conseguenza del sopravvenuto fallimento della (OMISSIS) s.r.l..

In particolare, il giudice di merito ha evidenziato che il ricorrente non aveva fornito alcun elemento idoneo a chiarire che la restituzione delle somme dategli in deposito dalla società poi fallita dovesse avvenire in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento, essendo il legale onerato della prova in ordine ai fatti costitutivi dell’eccepita compensazione.

Quanto alla quantificazione degli onorari, il Tribunale di Prato ha evidenziato che il valore dell’affare costituisce uno degli elementi di cui tener conto nella liquidazione degli onorari, ma non l’unico, con la conseguenza che l’impugnazione del decreto di liquidazione non deve contenere solo mere indicazioni valoriali, ma puntuali doglianze relative ai risultati conseguiti, al numero e alla complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate.

Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione L.G.. La curatela ha resistito in giudizio con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stato dedotto l’omesso esame di fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in ordine alla corretta individuazione, ai fini della operatività della compensazione L.Fall., ex art. 56, del momento di insorgenza della sua obbligazione di restituzione della somma consegnata al ricorrente dalla società poi fallita.

Espone il ricorrente che dall’esame degli atti della procedura prefallimentare, documentati in allegato all’opposizione allo stato passivo ed illustrati e precisati sia nell’opposizione (doc. 6, da pag. 4 a pag. 10) che nella memoria autorizzata (doc. 8, da pag. 1 a pag. 12) emerge icu oculi che l’obbligo di restituzione a carico del professionista era sorto alla data di scadenza del termine fissato dal giudice delegato all’udienza prefallimentare del 5.12.2013 ai fini dell’eventuale deposito di atti di desistenza da parte dei creditori istanti, ovvero il giorno 3.02.2014, dunque in data antecedente alla dichiarazione di fallimento, avvenuta successivamente.

Si duole il ricorrente che il giudice di merito abbia totalmente omesso di valutare la prova circa l’anteriorità, rispetto alla dichiarazione di fallimento, di entrambi i crediti oggetto di compensazione.

2. Il motivo inammissibile.

Va osservato che è orientamento consolidato di questa Corte (vedi Cass. n. 26174 del 12/12/2014; vedi anche Cass. 21032/2008), che il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il duplice onere, imposto a pena di inammissibilità del ricorso, di indicare esattamente nell’atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte.

Il ricorrente non ha in alcun modo trascritto o riassunto nei termini esatti il contenuto dei documenti di cui lamenta l’omesso esame (mandato a transigere con i creditori istanti, verbale dell’udienza prefallimentare del 5.12.2013), limitandosi a richiamarne il numero dei documenti ed il punto degli atti processuali depositati nel precedente grado in cui tali documenti sarebbero stati illustrati, non consentendo così a questa Corte di poter valutare l’effettiva portata e la fondatezza della censura senza dover procedere all’esame diretto dei fascicoli processuali.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 56.

Lamenta il ricorrente che ai fini della compensazione L.Fall., ex art. 56, unico presupposto imprescindibile è che i fatti costitutivi dei rapporti obbligatori reciproci di debito-credito siano anteriori al fallimento. Nel caso di specie, il giudice di merito ha errato nel ritenre inapplicabile la compensazione L.Fall., ex art. 56.

4. Il motivo è inammissibile.

Dall’esame della motivazione del decreto impugnato, emerge che il giudice di merito era ben consapevole che presupposto per l’operatività della compensazione L.Fall., ex art. 56 è l’anteriorità, rispetto alla dichiarazione di fallimento, di entrambi i fatti genetici dei reciproci rapporti di debito e credito alla dichiarazione di fallimento.

Il Tribunale di Prato ha ritenuto inapplicabile la L.Fall., art. 56, in primo luogo, sul rilievo che il ricorrente non avesse fornito la prova, nonostante ne fosse onerato, dell’anteriorità del suo debito rispetto alla dichiarazione di fallimento. E’ quindi evidente che l’avv. L., con l’apparente deduzione della violazione di legge, non fa altro che inammissibilmente svolgere una censura di merito finalizzata a sollecitare una diversa ricostruzione del fatto (sul punto dell’individuazione del momento di insorgenza dell’obbligazione di restituzione della somma di Euro 25.000,00) rispetto a quella operata dal tribunale toscano.

5. Con il terzo motivo è stato dedotto l’omesso esame di fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento al richiamo operato dalla curatela fallimentare ai parametri medi poi disapplicati ed al corretto ricalcolo in base al valore delle controversie.

Espone il ricorrente che il Tribunale di Prato ha omesso l’esame di tutta la documentazione attestante l’attività espletata (doc. 3 allegato all’opposizione allo stato passivo) dalla quale emerge, peraltro che la proposta della curatela, quale criterio di calcolo degli onorari, era quello dei valori medi previsti dal D.M. n. 55 del 201, mentre si è proceduto alla liquidazione secondo i valori minimi.

6. Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione della L.Fall., art. 96 e del D.M. n. 55 del 2014, artt. 4 e 6.

Lamenta il ricorrente che il collegio di primo grado, nel decidere l’opposizione allo stato passivo, avrebbe dovuto tener conto degli elementi di cui ai docc. 3, 4, 5 e 6 illustrati nel precedente motivo e revocare il decreto del G.D. in quanto privo di motivazione, non avendo quest’ultimo indicato il motivo per cui non erano stati applicati i parametri medi, nonostante la proposta in tal senso della curatela. Evidenzia che dall’esame degli atti allegati al giudizio di primo grado emergeva come l’opposizione fosse dettagliata, analitica e documentata.

Rileva, infine, che alcune controversie di cui si era occupato per la società poi fallita superavano il limite indicato al D.M. n. 55 del 2014, art. 6.

7. Il terzo ed il quarto motivo, da esaminare unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, presentano profili di inammissibilità ed infondatezza.

In primo luogo, come già sopra evidenziato al punto 2, anche con riferimento alle doglianze riguardanti la liquidazione dei suoi onorari, il ricorrente, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, ha omesso di indicare il contenuto dei documenti di cui lamenta l’omesso esame, non consentendo in alcun modo a questa Corte di poter valutare la fondatezza delle sue censure senza dover procedere all’esame diretto dei fascicoli processuali.

Il ricorrente non ha nemmeno allegato che tra le censure svolte nell’atto di opposizione allo stato passivo, vi fosse anche quella della mancanza di motivazione del decreto con cui il G.D. ha quantificato il suo onorario o quella della violazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 6 censure che, pertanto, si appalesano come nuove.

Infine, il ricorrente, nonostante sostenga che la propria opposizione allo stato passivo fosse dettagliata ed analitica, neppure ha illustrato quali deduzioni specifiche avesse svolto innanzi al Tribunale di Prato, che non fossero riconducibili alla mera indicazione del valore degli affari trattati ed alla doglianza della mancata liquidazione degli onorari con i valori medi della tariffa.

In proposito, il Tribunale di Prato ha correttamente evidenziato che, a norma del D.M. n. 55 del 2014, art. 4 il valore dell’affare costituisce solo uno degli elementi da considerare nella liquidazione degli onorari, dovendosi tener conto dei risultati conseguiti nella prestazione dell’opera, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate.

Orbene, il ricorrente non solo non ha dimostrato di avere sviluppato tali punti nel proprio atto di opposizione, ma non lo ha fatto minimamente neppure nel ricorso per cassazione, così dimostrando di non aver colto la ratio decidendi.

Ne’, infine, può rilevare che la curatela avesse proposto la liquidazione degli onorari nei valori medi, trattandosi di decisione che spetta unicamente al giudice.

Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nei termini di cui in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2021

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