Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19561 del 24/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 19561 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: LOCATELLI GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 27724-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente contro

FOODNET SRL IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliato
2017
1926

in ROMA VIA G. NICOTERA 29, presso lo studio
dell’avvocato MARCO CATELLI, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato CLAUDIO SAVELLI;

controricorrente

avverso la sentenza n. 54/2009 della COMM.TRIB.REG. di
BOLOGNA, depositata il 05/10/2009;

Data pubblicazione: 24/07/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 18/07/2017 dal Consigliere Dott.

GIUSEPPE LOCATELLI.

N.R.G.27724/2010

FATTI DI CAUSA
A seguito di attività di accertamento svolta mediante invio di
questionario, l’Agenzia delle Entrate notificava in data 18.11.2005 alla
società Vip Catering srl, esercente l’attività di commercio all’ingrosso e al
minuto di prodotti alimentari, un avviso di accertamento per l’anno di
imposta 2003, con il quale contestava alla società di non avere
provveduto ad indicare separatamente nella dichiarazione dei redditi i

fiscalità privilegiata ( nella specie Malesia), documentati da quattro
fatture per costi complessivi di euro 172.103, che pertanto venivano
considerati indeducibili, con recupero delle maggiori imposte Irpeg ed
Irap per complessivi euro 65.829, oltre sanzioni di pari importo.
La società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale
di Ravenna che lo accoglieva con sentenza n.12 del 2006, dichiarando
dovuta esclusivamente la sanzione prevista dall’art.8 comma 1 d.lgs.18
dicembre 1997 n.471, determinata nella misura di euro 1.200.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello e la società si costituiva
proponendo appello incidentale con il quale chiedeva la riduzione della
sanzione al minimo edittale. La Commissione tributaria regionale con
sentenza del 5.10.2009 rigettava l’appello principale dell’Ufficio ed
accoglieva l’appello incidentale della società, dichiarando “dovuta la
sanzione ex lege in misura fissa”.
Contro la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate propone ricorso
per cassazione con sei motivi.
La società Foodnet srl in liquidazione, in qualità di incorporante della
Vip Catering srl, resiste con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Primo motivo: “violazione degli artt.112 e 329 comma 2
cod.proc.civ., 53 e 54 d.lgs. 31 dicembre 1992 n.546 in relazione
all’art.360 comma 1 n.4 cod.proc.civ.”, nella parte in cui non ha rilevato il
giudicato parziale interno formatosi sulla decisione della Commissione
tributaria provinciale che aveva ritenuto irrilevante la dichiarazione
integrativa ai fini della legittima deduzione dei costi da “black list” .

i

costi derivanti da acquisti effettuati presso soggetti residenti in paesi a

Il motivo è infondato. Non sussiste il dedotto giudicato “interno”
perché il contenuto della statuizione del giudice di primo grado è diverso
dalla ricostruzione che ne fa la ricorrente. Dalla sentenza della
Commissione tributaria provinciale, trascritta nella sentenza di appello,
risulta che il giudice di primo grado ha ritenuto la deducibilità dei costi
derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti in paesi a fiscalità
privilegiata, per la ragione sostanziale che la società “aveva dato prova

indicati nel quadro RF, nonché della regolarità delle importazioni di merci
dalla Malesia”; conseguentemente, sul piano sanzionatorio, il giudice di
primo grado ha ritenuto irrogabile la sanzione per le violazioni formali
prevista dall’art.8 comma 1 d.lgs.18 dicembre 1997 n.471 perché la
dichiarazione correttiva (con indicazione separata dei costi da black list)
era stata presentata dalla società soltanto successivamente all’inizio
della attività di controllo.
2.Secondo motivo: “in subordine , omessa motivazione in relazione
ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, art.360 comma primo
n.5 cod.proc.civ. “, nella parte in cui” ha interpretato l’appello incidentale
della contribuente come diretto a contestare anche la legittimità della
decisione di primo grado nella parte in cui escludeva che la dichiarazione
integrativa potesse sanare l’illecito”
Il secondo motivo è infondato. A prescindere dai profili di
inammissibilità della doglianza, rubricata quale vizio della motivazione ex
art.360 n.5 cod.proc.civ. mentre la concreta articolazione di essa appare
astrattamente riferibile al vizio, non denunciato, di ultrapetizione, la
censura risulta comunque infondata poiché nella sentenza impugnata si
rileva espressamente che l’appello incidentale della società ha avuto
riguardo sia alla ribadita emendabilità della dichiarazione sia al quantum
della sanzione irrogata.
3.Terzo motivo: “violazione e falsa applicazione degli artt.2 comma 8
d.P.R. n.322 del 1988, 76 comma 7 bis e 7 ter (ora 110 comma 10 e 11)
d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917, llbis d.lgs.446 del 1997, in relazione
all’art.360 comma primo n.3 cod.proc.civ.”, nella parte in cui la
Commissione tributaria regionale ha ritenuto che la contribuente potesse
presentare dichiarazione integrativa per correggere l’errore consistito

2

della effettiva inerenza e deducibilità dei costi sostenuti, ancorché non

nella omessa indicazione separata dei costi da black list, dopo avere
ricevuto il relativo questionario.
4 Quarto motivo: “violazione degli artt.2 comma 8 del d.P.R. n.322
1998, 8 d.lgs n.471 del 1997, 76 comma 7 bis e 7 ter (ora 110 comma
10 e 11) d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917, art.1 commi 301 302 e 303
della legge n.296 del 2006,11 bis d.lgs. n.446 del 1997, in relazione
all’art.360 comma primo n.3 cod.proc.civ.,”, nella parte in cui la
Commissione tributaria regionale ha ritenuto che alla presentazione della

dichiarazione integrativa conseguisse l’applicazione della sola sanzione in
misura fissa e l’inapplicabilità della nuova sanzione introdotta dall’art.1
commi 301,302 e 303.
I motivi terzo e quarto, da esaminare congiuntamente, sono fondati.
A seguito della modifica all’art.110 comma 11 d.P.R. 22 dicembre
1986 n.917, introdotta dall’art.1 comma 301 legge n.296 del 2006,
nonché della modifica all’art.8 d.lgs.18 dicembre 1997 n.471, operata
con l’aggiunta del comma 3 bis introdotto dall’art.1 comma 302 legge
296 del 2006 ( disposizione avente efficacia retroattiva a norma dell’art.1
comma 303 stessa legge), la separata indicazione dei costi derivanti da
operazioni intercorse con società residenti in paesi a fiscalità privilegiata,
ha cessato di essere una condizione necessaria per la deducibilità di detti
costi, essendo consentito al contribuente di fornire la prova della
sussistenza dei requisiti sostanziali di deducibilità, previsti dall’art.110
comma 11 d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917, anche in assenza
dell’adempimento formale della indicazione separata dei costi da “black
list”, trattandosi di omissione attualmente rilevante sul solo piano
sanzionatorio, comportante , di per sé, unicamente l’applicazione della
sanzione prevista dall’art. 8 comma 3 bis del d.lgs. n. 471 del 1997, da
cumulare, per le sole violazioni anteriori all’entrata in vigore della legge
n. 296 del 2006, con la sanzione di cui al medesimo art. 8, comma 1
(Sez. 5 n. 11933 del 10/06/2016, Rv. 640084 – 01; Sez. 5 n. 6205 del
27/03/2015, Rv. 635256 – 01).
In via generale

il ricorso all’istituto della presentazione della

dichiarazione integrativa di cui all’art.2 comma 8 e 8 bis del d.P.R. 22
luglio 1998 n.322 è inapplicabile allorché sia finalizzato al conseguimento
della esenzione dalle sanzioni: vi osta l’espresso inciso “salva

u,
3

l’applicazione delle sanzioni” che sancisce l’ininfluenza, sulla irrogabilità
delle sanzioni, della dichiarazione correttiva “a favore del fisco” prevista
dall’art.2 comma 8; vi osta in ogni caso la circostanza che la separata
indicazione dei costi, precedentemente omessa e successivamente
effettuata con la dichiarazione integrativa, non determina né un aumento
né una riduzione della base imponibile, costituenti presupposto per il
ricorso all’istituto della emenda della dichiarazione a favore del fisco
oppure a favore del contribuente.

Con specifico riguardo al caso in esame, in cui la dichiarazione
integrativa è stata presentata dopo l’inizio della attività di controllo, deve
ulteriormente ribadirsi il principio secondo cui l’inizio di una attività di
controllo, se preclude la possibilità di ottenere la riduzione delle sanzioni
mediante ravvedimento operoso (art.13 comma 1 d.lgs. 18 dicembre
1997 n.472 ), a maggior ragione non consente di vanificare la risposta
sanzionatoria con la semplice presentazione, dopo che le attività di
verifica hanno avuto inizio, di una dichiarazione integrativa avente finalità
meramente elusive della applicazione delle sanzioni (Sez. 5, Sentenza n.
10989 del 27/05/2016, Rv. 639986 – 01).
5.Quinto motivo: “contraddittorietà della motivazione in relazione ad
un fatto controverso e decisivo per il giudizio, art.360 comma primo n.5
cod.proc.civ.”, nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha
ritenuto la sussistenza dei requisiti sostanziali richiesti dall’art.110
comma 11 d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917 per la deducibilità dei costi
derivanti da operazioni compiute con imprese aventi sede in paesi “black
list”.
6.Sesto motivo: “violazione degli artt.32,33,41 bis e 43 comma 3
d.P.R. 29 settembre 1973 n.600 , 25 d.lgs. n.446 del 1997, in relazione
all’art.360 comma primo n.3 cod.proc.civ.”, nella parte in cui ha ritenuto
necessaria la sussistenza dei requisiti previsti dall’art.43 comma 3
d.P.R. 29 settembre 1973 n.600 con riguardo all’avviso di accertamento
parziale.
I motivi, da esaminare congiuntamente perché strettamente
connessi, sono fondati nei termini di seguito indicati, il giudice di appello
afferma che ” se è vero, come sostenuto dall’appellante principale, che
tale effettività ( delle operazioni sottese alle quattro fatture di

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5.\

provenienza malese) non è stata documentata nel processo, è altrettanto
incontrovertibile che su tali fatture nulla è stato rilevato dai verificatori
con il processo verbale di constatazione del 21.5.2005….sembra a questa
Commissione che l’invio del questionario a verifica conclusa abbia
costituito un ripensamento tardivo, senza però che si fosse avverata la
condizione prescritta a pena di legittimità dall’art.43 comma 3 del d.P.R.
600/1973 (sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi)”. La motivazione

riguardo alla erronea applicazione dell’art.43 d.P.R. 29 settembre 1973
n.600 ) poiché, dopo avere affermato che la contribuente non ha assolto
l’onere probatorio, posto a suo carico, di fornire in giudizio la prova della
ricorrenza delle condizioni sostanziali richieste dall’art.76 comma 7 ter
(ora 110 commi 11) del d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917 per la
deducibilità dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese
residenti in paesi a fiscalità privilegiata, aggiunge, contraddittoriamente,
che la effettività delle operazioni intercorse con l’impresa residente in
Malesia risulta dal processo verbale di constatazione del 21.5.2005,
senza considerare che, secondo quanto riportato nella stessa sentenza:a)
l’avviso di accertamento oggetto del presente giudizio non è stato emesso
sulla base del citato processo verbale di constatazione, ma sulla base
delle risposte fornite dalla società a seguito di invio di questionario a
norma dell’art.32 comma primo n.4 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600; b)
l’obbligo di motivazione di cui al menzionato art.43 ult.comma d.P.R.
n.600 del 1973 ha riguardo agli accertamenti di natura integrativa con il
quale l’Ufficio modifica in aumento un avviso precedentemente notificato,
mentre, secondo quanto risulta dalla stessa sentenza, l’avviso oggetto del
presente giudizio, emesso ai sensi dell’art.41 bis d.P.R. 29 settembre
1973 n.600, non ha natura integrativa di un precedente atto impositivo
perché costituisce il primo avviso di accertamento parziale notificato alla
società in data antecedente (18.11.2005) alla notificazione del secondo
avviso di accertamento (3.12.2005) definito mediante accertamento con
adesione; c) la verifica fiscale chiusa con processo verbale di
constatazione del 21.5.2005, nei termini riportati dalla sentenza
impugnata, attesta unicamente che le merci provenienti dal paese a
fiscalità privilegiata sono state effettivamente importate, ossia che le

incorre nei denunciati vizi di contraddittorietà e violazione di legge ( con

fatture non sono relative ad operazioni inesistenti; nulla dice in ordina
agli ulteriori requisiti specificamente richiesti dall’art.76 comma 7 ter (ora
110 comma 11) d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917 per la deducibilità degli
specifici costi derivanti da operazioni svolte con imprese “black list”, vale
a dire che: l’impresa estera fornitrice svolge prevalentemente una
attività commerciale effettiva ovvero che le operazioni poste in essere
con l’impresa localizzata in un paese a fiscalità privilegiata corrispondono

In accoglimento

del terzo , quarto, quinto e sesto motivo, la

sentenza deve essere cassata con rinvio alla Commissione tributaria
regionale dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, alla quale è
demandata la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

Accoglie il terzo, quarto, quinto e sesto motivo di ricorso; rigetta il
primo e il secondo; cassa in relazione ai motivi accolti e rinvia , anche

ad un effettivo interesse della impresa residente in Italia.

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