Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19558 del 26/08/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 19558 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: FALASCHI MILENA

SENTENZA

Legittimazione
attiva —
Risarcimento

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 18352/07) proposto da:
ABRUZZO CONCETTA, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce al ricorso,
dall’Avv.to Gabriele De Paola del foro di Roma ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in
Roma, via Giulia di Colloredo nn. 46/48;
– ricorrente –

contro
CONDOMINIO di VIA SOLDAM N. 34 — FIRENZE, CONDOMINIO di VIA SOLDO’ N. 36 —
FIRENZE e CONDOMINIO di VIALE E. DUSE N. 1 – FIRENZE, in persona dei rispettivi
amministratori pro-tempore, rappresentati e difesi dall’Avv.to Pierfrancesco Foti del foro di Firenze
e dall’Avv.to Ornella Manfredini del foro di Roma, in virtù di procura speciale apposta a margine

ADDIf

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)

13

Data pubblicazione: 26/08/2013

del controricorso, ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via G.G.
Belli n. 36;
– controricorrenti avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 389 depositata il 28 febbraio 2007.

Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
udito l’Avv.to Gabriele De Paola, per parte ricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa
Antonietta Carestia, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art. 703 c.p.c. notificato il 14 marzo 1995 i CONDOMINI di via Soldati nn. 34 e 36
e quello di viale E. Duse n. 1, siti in Firenze, evocavano, dinanzi al Pretore di Firenze, Concetta
ABRUZZO deducendo di essere comproprietari di area interclusa dai fabbricati condominiali,
composta da un cortile condominiale, parte del quale adibito a giardino, alla quale si accedeva
attraverso viali interni che conducevano ad autorimesse di proprietà esclusiva di singoli condomini
e che la resistente quale proprietaria di cantine poste nel sottosuolo del Condominio di via Soldati
n. 36 aveva dato corso ad una illegittima occupazione di una porzione di detta area, al fine di
iniziare i lavori di costruzione di una rampa di accesso a tali cantine, che ella intendeva
trasformare in autorimessa privata; tanto premesso, chiedevano che venisse ordinato alla
resistente l’immediata reintegrazione nel possesso dei condomìni ricorrenti.
Instauratosi il contraddittorio, nella resistenza della ABRUZZO, il Pretore adito con ordinanza del
28.2.1996 ordinava alla convenuta di reintegrare i CONDOMINI nel possesso della porzione di
resede situata nel piazzale facente parte del cortile condominiale con accesso dal civico 36, dalla

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Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 17 aprile 2013 dal

convenuta recintata, mediante immediata rimozione della transennatura costituita dai tubi di ferro
e dalla rete di plastica.
Con successivo atto di citazione notificato il 5 aprile 1996 i CONDOMINI instauravano, avanti al
medesimo Pretore (ora Tribunale di Firenze), il giudizio di merito chiedendo la conferma del

determinarsi con separato giudizio, il quale, nella resistenza delle convenuta, con sentenza n.
2948/2004, confermava l’ordinanza di reintegra nel possesso e disponeva in via definitiva la
reintegrazione dei CONDOMINI nel possesso dell’area cortilizia, condannando, altresì, la
convenuta al risarcimento dei danni conseguenti alla lesione del possesso, da accertarsi e
determinarsi in separato giudizio.
In virtù di rituale appello interposto dalla ABRUZZO, con il quale lamentava che il giudice di prime
cure avesse omesso di rilevare la carenza di legittimazione attiva dei CONDOMINI ricorrenti,
senza considerare che unico legittimato all’azione sarebbe stato il supercondominio, a norma
dell’art. 1129 c.c., non rientrando, peraltro, la richiesta di risarcimento dei danni nelle competenze
dell’amministratore del condominio, la Corte di appello di Firenze, nella resistenza dei
CONDOMINI, rigettava integralmente il gravame.
A sostegno della sentenza adottata la corte distrettuale evidenziava che ciascuno dei condomini
ricorrenti, al pari di ciascun condomino, avrebbe avuto, anche da solo, la legittimazione ad agire,
gravando sull’amministratore del condominio, ex artt. 1130 e 1131 c.c., il potere dovere di
compiere atti conservativi, non avendo perciò alcuna rilevanza la circostanza che non fosse stato
designato un amministratore del supercondominio.
Aggiungeva che anche l’istanza di risarcimento dei danni, apparendo connessa con la
conservazione dei diritti sulle parti comuni, risultava fondare la legittimazione attiva dei medesimi
CONDOMINI.

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provvedimento interdittale e la condanna della ABRUZZO al risarcimento dei danni, da

Avverso l’indicata sentenza della Corte di Appello di Firenze ha proposto ricorso per cassazione
la ABRUZZO, che risulta articolato in tre motivi, al quale hanno resistito i CONDOMINI con
controricorso.
Fissata pubblica udienza al 3 aprile 2012, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per mancanza di

successiva udienza pubblica .
La ricorrente ha presentato memorie ex art. 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE
Occorre preliminarmente rilevare che tutti i Condomìni costituiti — di viale Duse n. 1, via Soldani
n. 34 e via Soldani n. 36 — hanno depositato verbale di assemblea condominiale di
autorizzazione a stare in giudizio, rispettivamente dell’8.10.2012 e del 10.10.2012 — per cui va
ritenuta la ritualità della costituzione dei resistenti.
Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1117, 1130 e 1131 c.c. e
dell’art. 62 disp. att. c.c. per avere la corte territoriale completamente ignorato l’istituto del
supercondominio, in quanto trattandosi nella specie di parte comune ad una pluralità di
condomìni tra loro distinti, avrebbe dovuto trovare applicazione la disciplina predetta che ha
fondamento nella lettera della legge e in particolare nell’art. 1130 n. 4 c.c.. A conclusione del
motivo viene posto il seguente quesito di diritto: “nell’ipotesi di un bene comune che sia al
servizio di più edifici condominiali si realizza l’ipotesi di creazione giurisprudenziale del c. d.
supercondominio, la quale impone che i componenti i vari condomìni nominino un amministratore
del supercondominio che è l’unico soggetto dotato di autonoma legittimazione attiva in ordine ad
ogni controversia inerente il suddetto bene comune, dovendosi viceversa escludere la legitimatio
ad processum degli amministratori dei singoli condomìni”.
Il motivo è fondato e pertanto merita accoglimento.

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autorizzazione degli amministratori dei condomìni resistenti ad agire in giudizio, prodotta per la

Con tale doglianza la ricorrente ha inteso sostenere che gli amministratori di ciascun Condominio
non abbiano legittimazione in ordine ai beni comuni ovvero a servizio di più edifici condominiali.
Occorre, innanzitutto, evidenziare (cfr., ad es., Cass. n. 7286 del 1996 e Cass. n. 2305 del 2008)
che i singoli edifici costituiti in altrettanti condomìni vengono a formare un “supercondominio”

riscaldamento, parcheggio, locali per la portineria o per l’alloggio del portiere, ecc.) sono
contestualmente legati, attraverso la relazione di accessorio a principale, con più edifici,
appartengono ai proprietari delle unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati e sono regolati,
se il titolo non dispone altrimenti, in virtù di interpretazione estensiva o analogica, dalle norme
dettate per il condominio negli edifici. Ne consegue che le disposizioni previste dall’art. 1136 c.c.,
in tema di convocazione, costituzione, formazione e calcolo delle maggioranze si applicano con
riguardo agli elementi reale e personale del supercondominio, rispettivamente configurati •da tutte
le unità abitative comprese nel complesso e da tutti i proprietari.
Questa Corte ha avuto già occasione di affermare nella ipotesi di un bene comune che sia a
servizio di più edifici condominiali (c.d. supercondominio), che vanno tenuti distinti i rapporti di
proprietà comune ed indivisa tra i partecipanti ai singoli edifici, dal rapporto di comunione sul
bene in comproprietà a tutti i partecipanti ai singoli condomìni, mancando questi ultimi di
personalità giuridica (v. Cass. 4 maggio 1993 n. 5160) ed ha concluso nel senso che la gestione
di tale bene comune spetta, pertanto, a tutti i comunisti, i quali debbono nominare un
amministratore, e non (come spesso avviene nella pratica) al collegio costituito dagli
amministratori dei singoli condomìni, i quali possono esercitare i poteri previsti degli artt. 1130 e
1131 c.c. solo con riferimento all’edificio condominiale cui sono preposti.
Ai fini della trattazione dell’argomento proposto occorre esaminare la natura giuridica dell’organo
cui nel condominio è affidata la gestione amministrativa e cioè dell’amministratore, e le funzioni

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quando talune cose, impianti e servizi comuni (viale d’ingresso, impianto centrale per il

allo stesso affidate dalla legge, con particolare riguardo alla tutela in sede giudiziaria dei diritti di
cui sono rispettivamente titolari l’ente condominiale e i singoli condomini.
Partendo dal presupposto che il condominio è privo di personalità giuridica, in quanto unicamente

assembleare, anche non totalitaria, a tutela della gestione delle stesse, occorre individuare il
fondamento normativo del potere di rappresentanza ed i suoi limiti.
Le norme alle quali occorre fare riferimento sono gli artt. 1130 e 1131 c.c. che, rispettivamente,
disciplinano, il primo le attribuzioni dell’amministratore e il secondo, in forma specifica, la
rappresentanza del condominio da parte dell’amministratore. Dall’art. 1131 c.c. si deduce che il
potere di rappresentanza dell’amministratore è contenuto nei limiti delle attribuzioni previste
dall’art. 1130 c.c., ossia si riferisce alle parti e servizi comuni, nonché alle controversie riguardanti
i beni comuni. All’amministratore del condominio compete l’esecuzione delle deliberazioni
dell’assemblea nonché, in genere, tutta l’attività di ordinaria amministrazione giusta l’elenco
analitico di attribuzioni previsto dall’art. 1130 c.c.. Nei limiti di tali attribuzioni, o dei maggiori poteri
eventualmente conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, egli ha la
“rappresentanza” dei condomini e può stare in giudizio sia per essi contro terzi sia contro alcuno
di essi per tutti gli altri (art. 1131, primo e secondo comma).
Il sistema che si delinea consiste, pertanto, nel separare le situazioni di carattere condominiale
da quelle di carattere individuale del singolo condomino e soltanto in ordine alle prime
l’amministratore è legittimato ad esercitare le funzioni di rappresentanza, pur ammissibile un
intervento dell’amministratore anche per la tutela degli interessi esclusivi del singolo condomino,
purché colui gli conferisca espressa procura. Si tratta di una figura del tutto speciale di
rappresentanza, che si distingue dal modello di rappresentanza volontaria, in ragione della
determinazione legale delle relative attribuzioni. Secondo la giurisprudenza consolidata,
l’amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con

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ente di gestione delle cose comuni e che l’amministratore può agire in virtù della sola delibera

rappresentanza, con la conseguente applicazione, nei rapporti tra amministratore e ciascuno dei
condomini, delle disposizioni sul mandato. Ovviamente, come è desumibile, la rappresentanza,
non soltanto processuale, dell’amministratore del condominio è circoscritta alle attribuzioni, ai

In questo ambito va ad inserirsi la questione del supercondominio, che è un ente distinto ed
autonomo rispetto ai singoli condomìni, ancorché da essi composto, che viene in essere ipso iure
et facto (se il titolo non dispone altrimenti) (cfr Cass. n. 2305 del 2008; Cass. n. 13883 del 2010;
Cass. n. 17332 del 2011 e, da ultimo, Cass. n. 19939 del 2012), al fine di gestire beni posti in
rapporto di accessorietà rispetto a tutti gli edifici condominiali e di proprietà, pro-indiviso, di tutti i
membri di ciascun condominio.
Al riguardo va osservato che questa Corte nella causa di opposizione a decreto ingiuntivo
proposta da un condomino contro l’amministrato del suo edificio, che agiva per conseguire il
pagamento di somme dovute per il servizio di riscaldamento centrale facente capo ad un
supercondominio, composto anche da altri fabbricati e disciplinato da un regolamento
contrattuale, sollevata dall’opponente eccezione di difetto di legittimazione ad agire da parte
dell’amministratore del suo edificio, ha ritenuto la fondatezza dell’eccezione sul presupposto che
della inesistenza di un rapporto giuridico plurisoggettivo e sostanzialmente unico fra gli
amministratori (v. Cass. 29 settembre 1994 n. 7946).
In altra pronuncia (Cass. 25 marzo 1994 n. 7894), nel verificare le competenze del regolamento

compiti ed ai poteri, stabiliti dall’art. 1130 c.c..

condominiale contrattuale, ha escluso che vi rientri la facoltà di derogare alla composizione
dell’assemblea, cui devono partecipare tutti i condomini. “In altre parole, al regolamento
contrattuale non è consentito chiamare a far parte dell’assemblea del supercondominio, in luogo
di tutti i partecipanti, gli amministratori dei singoli edifici. È contrario, cioè, a norma imperativa il
regolamento contrattuale di condominio, che sostituisca l’assemblea dei condomini con il collegio
degli amministratori.”. Da ciò è seguita l’ulteriore affermazione “che l’assemblea del

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supercondominio deve essere composta da tutti i partecipanti ai singoli condomìni. Anche
relativamente all’assemblea del supercondominio, ciascun partecipante ha il diritto di intervenire
alla riunione e di esprimere l’assenso o il dissenso sugli argomenti all’ordine del giorno e di
votare in proporzione alla sua quota. Pertanto, è contrario a norme imperative il regolamento

amministratori dei singoli condomìni. Essendo all’assemblea demandata la formazione della
volontà dei condomini in ordine alla gestione delle cose comuni, e l’amministratore affidata
l’esecuzione delle disposizioni di legge, del regolamento e della stessa volontà dell’assemblea, la
confusione dei ruoli non può ammettersi. Il regolamento contrattuale, quindi, non può affidare al
collegio degli amministratori il compito di sostituire istituzionalmente l’assemblea dei condomini.”.
Applicando tali principi generali in materia condominiale (cfr., ad es., Cass. n. 8842 del 2001;
Cass. n. 12588 del 2002; Cass. n. 9206 del 2005 e Cass. n. 14765 del 2012) al caso in esame
consegue che i giudici di merito avrebbero potuto affermare la legittimazione degli amministratori
degli edifici componenti il supercondominio – a pretendere dall’attuale ricorrente il ripristino stato
dei luoghi quanto al cortile antistante e comune gli edifici del complesso condominiale costituente
il supercondominio – solo ove avessero ricevuto mandato dai singoli condomini. In proposito,
infatti, va riconosciuto che anche nell’ipotesi di “supercondominio”, la legittimazione ad agire per
la tutela di diritti comuni spetta a ciascun singolo condomino (facente parte dei distinti condomìni
che compongono complessivamente il supercondominio), come precisato dalla Suprema Corte
(ex muitis Cass. n. 8570 del 26 aprile 2005), che per quanto concerne i diritti che i condomini
vantano unicamente uti singuli, ha ritenuto necessario lo specifico mandato da parte di tutti.
In altri termini, la legittimazione degli amministratori di ciascun condominio a compiere atti
conservati, riconosciuta ex artt. 1130 e 1131 c.c., si riflette, sul piano processuale, nella facoltà di
richiedere le necessarie misure cautelari soltanto per i beni comuni all’edificio amministrato, non
anche per quelli facenti parte del complesso immobiliare composto di più condomìni, quale

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contrattuale di condominio, che preveda essere l’assemblea del supercondominio composta dagli

accorpamento di due o più singoli condomini per la gestione di beni comuni (ferma l’autonomia
amministrativa per i beni propri di ciascun distinto organismo), che deve essere costituito ed
amministrato attraverso le deliberazioni dei propri organi (assemblea, composta dai proprietari
degli appartamenti che concorrono a formarlo, ed amministratore del supercondominio) e,

ciascun ente fondante partecipa alla gestione dei beni comuni, assumendo i relativi oneri e
ripartendoli al suo interno. Al più — infatti – poteva risultare il conferimento del relativo potere da
una deliberazione unanime delle assemblee assunte dai comproprietari dell’area. La esistenza di
una simile delibera, però, non risulta dalla sentenza impugnata, la quale va, pertanto, cassata.
Il secondo motivo, con il quale viene denunciata la violazione degli artt. 1130 e 1131 c.c.
per non avere la corte distrettuale ritenuto la carenza di legittimazione dei condomìni in relazione
alla richiesta di risarcimento dei danni, culmina nel seguente quesito di diritto: “gli artt. 1130 e

1131 c.c. fissano in maniera specifica le attribuzioni dell’amministratore del condominio, tra le
quali non rientra quella di richiedere il risarcimento dei danni”.
Anche detto motivo va accolto per le medesime considerazioni svolte in relazione alla prima
censura, per avere gli amministratori dei Condomìni, nel chiedere il risarcimento dei danni,
esercitato azione consequenziale all’impedimento frapposto alla tempestiva esecuzione di
quanto richiesto per ottenere la reintegrazione nel possesso dell’area cortilizia (cfr Cass. 22
ottobre 1998 n. 10474).
L’accoglimento della censura relativa al difetto di legittimazione comporta l’assorbimento
dell’altra censura contenuta nel terzo motivo, con cui la ricorrente deduce che comunque
mancava la motivazione della omessa applicazione dei principi in materia di supercondominio.
Per effetto dell’accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va cassata, ma non essendo
necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito dichiarando improcedibili la
domanda possessoria e quella risarcitoria proposte dagli amministratori dei singoli Condomìni.

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naturalmente, deve essere anche dotato di un proprio regolamento, che determini la misura in cui

In ordine alle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito e di quello di legittimità, stante la
assoluta novità della questione esaminata, vanno interamente compensate fra le parti.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbito;it i

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