Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19555 del 18/09/2020

Cassazione civile sez. II, 18/09/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 18/09/2020), n.19555

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 2966/2016 R.G. proposto da:

P.F., rappresentato e difeso dall’avv. Pasquale

Iannarelli, con domicilio eletto in Roma, alla Via Pietralata n.

320, presso l’avv. Gigliola Mazza Ricci.

– ricorrente – c/ricorrente al ricorso incid. –

contro

C.C., rappresentata e difesa dall’avv. Massimo

Carella, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Pinturicchio n.

204, presso l’avv. Elio Capodaglio.

– ricorrente incidentale –

e

B.A.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 1115/2015,

depositata in data 20.7.2015.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23.1.2020 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso, chiedendo il

rigetto del ricorso principale e l’accoglimento di quello

incidentale.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.F., proprietario di un fondo sito in (OMISSIS) (in catasto al fl. (OMISSIS), part. (OMISSIS)), ha adito il Tribunale di Lucera, chiedendo di dichiarare l’insussistenza di servitù di passaggio a favore degli immobili confinanti, in proprietà di B.S. e C.C. (censiti in catasto alle partt. (OMISSIS)), instando inoltre per il risarcimento del danno.

I convenuti hanno proposto domanda riconvenzionale di accertamento dell’usucapione della servitù, o in subordine, di costituzione del diritto in via coattiva.

In corso di causa è deceduta B.S. e il processo è stato riassunto nei confronti dell’erede B.A..

All’esito, il tribunale, con sentenza parziale n. 109/2005, ha accolto l’actio negatoria servitutis, dichiarando l’insussistenza di servitù di passaggio a carico del fondo di parte attrice, ed ha respinto sia la domanda di risarcimento del danno, che la riconvenzionale di usucapione del diritto di passaggio, ordinando la prosecuzione del giudizio.

All’esito, con sentenza n. 554/2011, ha disposto la costituzione coattiva della servitù in favore dell’immobile dei convenuti, secondo il tracciato individuato dal consulente.

La sentenza n. 554/201, appellata dal P., è stata confermata dalla Corte barese.

Secondo il giudice distrettuale, i convenuti avevano la facoltà, ma non l’onere, di richiedere il passaggio gratuito ai sensi dell’art. 1064 c.c., nei confronti dei propri danti causa, osservando che, nella specie, tale diritto era ormai estinto per prescrizione.

Ha inoltre ritenuto che il percorso individuato dal c.t.u. fosse da preferire alle alternative prospettate dal P. – dovendosi altrimenti chiamare in giudizio anche gli altri proprietari dei fondi

interessati – precisando che tracciato individuato dal consulente conduceva ad una strada sottoposto all’uso collettivo, inserita nell’elenco comunale mediante una Delibera consiliare recepita dalla Regione Puglia e su cui il comune di Castelnuovo Daunia aveva eseguito interventi di manutenzione da parte del Comune.

La cassazione di questa sentenza è chiesta da P.F. sulla base di tre motivi di ricorso.

C.C. ha depositato ricorso incidentale condizionato in due motivi, cui P.F. ha replicato con controricorso.

B.A. è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso principale denuncia la violazione degli artt. 1051 e 1054 c.c.; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza trascurato che i fondi della B. (part. (OMISSIS)) e della C. (part. (OMISSIS)) facevano parte di un’unica consistenza, che includeva anche le partt. (OMISSIS), dalla quale la precedente titolare, P.A., giungeva alla via pubblica tramite un tratturo esistente sulla part. (OMISSIS), di proprietà di B.P.; che l’originario fondo era stato successivamente frazionato e venduto in lotti separati – con atto del 7.2.1969 – alla C. e a B.S., dante causa di B.A., costituendo una servitù di passaggio solo in favore di tale ultimo fondo ma non anche di quello ceduto alla C., proprio allo scopo di aggirare il disposto dell’art. 1054 c.c.; che, inoltre, sempre con il rogito del 7.2.1969, P.A. aveva venduto a B.P. e a N.L. i mappali (OMISSIS), confinanti per un lato con la particella (OMISSIS), già utilizzata dalla P. per giungere alla via pubblica, per cui la situazione di interclusione del fondo della resistente era stata determinata dalla vendita del 1969, per la C. era tenuta a richiedere la servitù ad P.A., non potendo la Corte distrettuale dichiarare la prescrizione del diritto, “non essendo stata acquisita alcuna prova che la prescrizione fosse stata opposta alle resistenti da chi era tenuto a consentire il passaggio gratuito”.

Il secondo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver la Corte d’appello ritenuto che il percorso su cui era stata imposta la servitù coattiva conduceva ad una strada comunale, dando un indebito rilievo all’inserimento nell’elenco delle strade pubbliche in luogo di valorizzare i plurimi elementi presuntivi che deponevano in senso contrario, essendo in particolare emerso che il percorso era utilizzato solo dai proprietari dei fondi circostanti e non già dalla collettività.

Secondo il ricorrente, dalle deposizioni testimoniali era emerso che il passaggio veniva esercitato non sulla via pubblica, ma su una strada interpoderale rimasta in proprietà privata, dato che, come attestato dalla nota del Comune di Castelnuovo del 28.2.2012, le procedure di esproprio occorrenti per l’acquisizione al patrimonio pubblico dei suoli destinato alla realizzazione di una strada comunale (denominata (OMISSIS)) non erano state avviate nel termine di legge, con conseguente decadenza del vincolo espropriativo. Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto in sentenza, non vi era alcuna prova che i proprietari della strada interpoderale avessero inteso effettuare una dicatio ad patriam di parte dei loro terreni.

Poichè, quindi, il tratto asservito non conduceva alla via pubblica ma ad una strada privata destinata a verde, non sussistevano – a parere del ricorrente – le condizioni per la costituzione coattiva del diritto di passaggio sul fondo dei ricorrenti.

Il primo motivo del ricorso incidentale deduce – testualmente – la violazione dell’art. 183 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e l’omesso esame di un’eccezione già sollevata dinanzi al tribunale e poi riproposta in secondo grado, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5″ per aver la Corte d’appello omesso di pronunciare sull’inammissibilità dell’eccezione del P. volta a paralizzare la domanda riconvenzionale di costituzione coattiva della servitù, sull’assunto che l’interclusione era stata creata al momento dell’alienazione dei fondi e che il diritto di passaggio poteva esser preteso dalla resistente solo confronti dei propri danti causa. Si assume che trattavasi di eccezione in senso stretto proposta solo nelle osservazioni formulate dal consulente di fiducia e quindi tardivamente.

Il secondo motivo, proposto in via condizionata, denuncia la violazione dell’art. 102 c.p.c. e art. 354 c.p.c., comma 1, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la sentenza ritenuto assorbito il motivo dell’appello incidentale con cui era stata dedotta – sin dal primo grado – la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dei proprietari degli altri fondi confinanti, chiedendo di regolarizzare il processo in caso di accoglimento del ricorso principale.

2. Deve esaminarsi con priorità il primo motivo del ricorso incidentale, alla luce del carattere pregiudiziale delle questioni sollevate.

Non è ostativa l’eccezione di inammissibilità, sollevata nel controricorso ex art. 371 c.p.c., comma 4.

L’impugnazione incidentale proposta dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte e deve essere esaminato con priorità se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d’ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito. Ove sia intervenuta detta decisione, tale ricorso incidentale va esaminato solo in presenza dell’attualità dell’interesse e quindi in caso di ritenuta fondatezza del ricorso principale (Cass. 6138/2018; Cass. 4047/2016; Cass. 4619/2015).

Nello specifico, la Corte di appello si è del tutto disinteressata delle questioni di rito sollevate con l’appello incidentale (della cui proposizione ha dato esplicitamente atto: cfr. sentenza, pag. 2), poi riproposte con il primo motivo del ricorso incidentale riguardo alla tardività dell’eccezione ex art. 1054 c.c., essendosi limitata ad aderire alle motivazioni espresse dal tribunale, che nel ritenere inapplicabile l’art. 1054 c.c., “a prescindere da ogni questione sulla ritualità e fondatezza delle difese di parte attrice”: cfr. sentenza di primo grado, pag. 4 e 5), aveva prescelto la questione di merito “più liquida” (e quindi non adottando alcuna decisione su quella di tardività dell’eccezione, poichè, “dal solo esito della decisione finale non può evincersi che l’eccezione sia stata decisa nel senso della infondatezza”: così testualmente: Cass. s.u. 11799/2017, par. 9.3.3.1 per le eccezioni di merito, nonchè par. 9.4.6, con specifico riguardo alle eccezioni di rito), non essendosi in presenza di una pronuncia di assorbimento.

Quanto invece alla violazione dell’art. 102 c.p.c., la sentenza d’appello ha rilevato che la costituzione della servitù secondo un percorso che interessasse fondi diversi da quelli in titolarità delle parti del processo avrebbe richiesto la chiamata in giudizio dei terzi proprietari, ma è giunta a ritenere superata e dunque assorbita l’eccezione (cfr., sentenza pag. 5), avendo individuato un percorso diverso da quello che – a suo parere – avrebbe richiesto l’integrazione del contraddittorio (cfr. sentenza, pag. 33).

Di conseguenza, solo l’esame del secondo motivo di ricorso è subordinato all’esito del ricorso principale.

2.1. Ciò premesso, il primo motivo non può essere accolto.

Secondo un precedente di questa Corte (sentenza n. 5054/1984), l’allegazione dell’interclusione del fondo per effetto di alienazione o di divisione ai sensi dell’art. 1054 c.c., integra un’eccezione in senso proprio, che va proposta nel rispetto delle preclusioni processuali.

A tale qualificazione formale non può – tuttavia – darsi continuità. Nello specifico il P. aveva sostenuto che l’interclusione era stata determinata dalla vendita dell’originario immobile in capo ad P.A., per cui la costituzione del diritto di transito andava chiesto prima a quest’ultima, potendosi agire verso i proprietari dei fondi vicini solo provando l’impossibilità di ottenere l’asservimento a titolo gratuito, secondo il disposto dell’art. 2054 c.c..

La questione sostanziava – in realtà – una contestazione dell’idoneità del fatto costitutivo della domanda (e quindi della particolare situazione di interclusione del fondo, in quanto derivante dalla vendita) a dar luogo alla costituzione della servitù ai sensi dell’art. 1051 c.c., contestazione che integrava una mera difesa, proponibile in ogni fase del giudizio.

Detta allegazione, essendo Oggetto di una mera difesa, non andava in nessun caso sollevata nel termine di cui dell’art. 180 c.p.c., comma 2 (nel testo applicabile ratione temporis), poichè la norma riguarda – comunque – le sole eccezioni in senso stretto (non le mere difese, nè le eccezioni in senso lato, rilevabili d’ufficio), per tali dovendo intendersi quelle per le quali la legge espressamente riserva il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponda all’esercizio di un diritto potestativo da parte del titolare e che per svolgere l’efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico, suppone il tramite di una manifestazione di volontà dell’interessato (da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale (Cass. s.u. 1099/1998; Cass. 226/2001; Cass. 10531/2013; Cass. 11377/2015).

3. Il primo motivo del ricorso principale è infondato.

Dall’esame del ricorso si evince che i mappali (OMISSIS) e (OMISSIS), acquistati dalle resistenti con atto del 1969, erano parte di un più ampio appezzamento, costituito anche dalle part. (OMISSIS), dalle quali si accedeva alla pubblica via tramite il passaggio sulla part. (OMISSIS), in titolarità di B.P..

Lo stesso ricorrente ha precisato che dal rogito del 1969 risultava che le partt. (OMISSIS) erano già state cedute a terzi anche per la parte a confine con la part. (OMISSIS), su cui insisteva il tratturo tramite il quale P.A. accedeva alla via pubblica.

Di tale circostanza ha dato atto anche la sentenza impugnata, nel punto di in cui si legge che, secondo la tesi del P., le resistenti dovevano preliminarmente pretendere che il diritto di passaggio fosse riconosciuto sulle suddette part. (OMISSIS), benchè precedentemente alienate (cfr. sentenza pag. 3).

In definitiva, con il rogito del 1969 erano già state alienate le part. (OMISSIS) tramite le quali si giungeva al mappale (OMISSIS) (in proprietà di B.P.) e – infine – alla via soggetta all’uso pubblico, sicchè, al momento della domanda, la P. non era più titolare delle porzioni su cui poteva esser chiesta la costituzione del diritto di passaggio a titolo gratuito.

Occorre quindi – in primis considerare che le uniche condizioni perchè a favore dell’acquirente del fondo sorga il diritto di ottenere il passaggio coattivo dall’alienante ai sensi dell’art. 1054 c.c., sono la dipendenza dello stato interclusione del fondo dall’atto di alienazione a titolo oneroso e la perdurante disponibilità da parte dell’alienante (o dei suoi eredi), della residua porzione del fondo avente accesso diretto dalla, strada (Cass. 6505/1988).

Il diritto di passaggio conseguente ad interclusione per effetto di alienazione, ai sensi dell’art. 1054 c.c., ha – infatti – natura esclusivamente personale, sicchè non spetta in favore dell’avente causa a titolo particolare dall’acquirente dell’immobile rimasto intercluso, nè nei confronti dell’avente causa a titolo particolare dal dante causa, salvo che non ne sia stata prevista in modo espresso la trasmissione nell’atto di acquisto (Cass. 23693/2014; Cass. 22978/2013; Cass. 832/1993; Cass. 5904/1987).

Quando l’alienante abbia trasferito a terzi la residua parte del suo fondo sulla quale l’acquirente avrebbe potuto costituire la servitù gratuita di passo ex art. 1054 c.c., l’altra porzione del fondo già in precedenza alienata deve tornare ad essere considerata interclusa nei confronti di tutti, con la conseguenza che l’acquirente può pretendere la concessione del passaggio coattivo, restando escluso che i proprietari finitimi possano opporgli alcuna colpevole trascuratezza per aver dato al venditore tempo e modo di attuare il trasferimento a terzi, rendendo inoperante l’art. 1054 c.c., non avendo l’acquirente alcun onere di agire tempestivamente contro l’alienante e non potendo, d’altra parte, ammettersi – per la tutela di un interesse pubblico superiore consistente nell’efficiente utilizzazione della proprietà privata – che un fondo rimanga per qualsiasi ragione inaccessibile al suo proprietario (Cass. 1082/1968; Cass. 945/1962; Cass. 909/1961).

4. Il secondo motivo è infondato.

La sentenza impugnata ha ritenuto che il percorso gravato dalla servitù conducesse non ad una strada di appartenenza comunale ma soggetta all’uso pubblico, valorizzando in tal senso non solo la sua iscrizione nell’elenco delle strade comunali (cui comunque andava riconosciuta valenza presuntiva circa la titolarità del bene: Cass. s.u. 26897/2016), ma – soprattutto – il suo utilizzo da parte della collettività, le caratteristiche strutturali (il suo notevole sviluppo) e l’effettuazione di lavori di manutenzione da parte del Comune.

Le censura, oltre a trascurare che il dato oggettivo (la natura della strada) è stato in realtà valutato (il che già è sufficiente per escludere la violazione denunciata: Cass. s.u. 8053/2014), non tiene conto del reale contenuto della decisione (fondata non sul carattere pubblico del bene ma sulla sua destinazione all’uso della collettività), finendo per proporre una questione non decisiva, atteso anche che, per costituire la servitù, non era indispensabile che la strada fosse comunale o che fossero state ultimate le relative procedure ablatorie, essendo sufficiente che la servitù garantisse l’accesso ad una via soggetta all’uso pubblico (come già affermato da questa stessa Corte, sia pure in pronunce ormai risalenti, riguardo alle servitù che conducano a vie vicinali private soggette all’utilizzo dell’intera collettività: Cass. 2769/1967; Cass. 437/1957; Cass. 2292/1955).

Quanto al fatto che il bene non fosse utilizzato solo dai proprietari frontisti ma dalla collettività, il relativo accertamento – fondato sui richiamati elementi di giudizio – attiene al merito ed è incensurabile in cassazione.

5. Il secondo motivo del ricorso incidentale è assorbito, stante il rigetto del ricorso principale e la definitiva conferma della sentenza con cui è stata costituita la servitù, sicchè la parte non ha alcun interesse attuale all’esame della censura.

In definitiva, sono respinti il ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale, mentre è assorbito il secondo motivo, con compensazione delle spese presente giudizio, dato il rigetto di entrambe le impugnazioni.

Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente in via principale e la ricorrente in via incidentale sono tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per l’impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa integralmente le spese del presente giudizio di legittimità.

Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente in via principale e la ricorrente in via incidentale sono tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per l’impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2020

 

 

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