Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19554 del 04/08/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 04/08/2017, (ud. 20/04/2017, dep.04/08/2017),  n. 19554

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15478-2013 proposto da:

BRINA COSTRUZIONI 2RT, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA COLA

DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato ELISABETTA NARDONE, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO DE MITA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI AVELLINO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 601/2012 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

SALERNO, depositata il 27/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/04/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate verificava che la società La Brina Costruzioni srl non aveva presentato la dichiarazione dei redditi per l’anno 2004; pertanto inviava un questionario con cui richiedeva di presentare la documentazione contabile relativa all’anno 2004, con avvertimento delle preclusioni derivanti dalla omessa presentazione di quanto richiesto. La società non rispondeva e L’Agenzia delle Entrate procedeva alla determinazione induttiva del reddito e del volume di affari ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55 avvalendosi anche di presunzioni non qualificate. Presumendo vendute le rimanenze finali dichiarate per l’anno 2003 ed applicando una percentuale di redditività del 20% desunta dal settore di appartenenza, determinava un reddito di impresa di Euro 37.909, con applicazione delle corrispondenti imposte Ires, Irap ed Iva.

Contro l’avviso di accertamento la società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Avellino che lo accoglieva con sentenza n. 296 del 2010. L’Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale che lo accoglieva con sentenza del 27.11.2012, confermando l’avviso di accertamento.

Contro la sentenza di appello la società ricorre per cassazione con unico motivo, per “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: carente e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”. Deposita memoria.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile. La sentenza impugnata, pubblicata il 27.11.2012, è ricorribile per cassazione a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nel testo sostituito dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b) convertito nella L. n. 134 del 2012, applicabile alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione (art. 54, comma 3 D.L. citato), vale a dire alle sentenze pubblicate a decorrere dal 11.9.2012. Pertanto secondo il novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, il denunciato vizio di motivazione carente o insufficiente non costituisce più causa di ricorso per cassazione, attesa la diversità sostanziale rispetto al nuovo vizio di “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. (in senso conforme, con riferimento alla sopravvenuta indeducibilità del vizio di motivazione contraddittoria Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13928 del 06/07/2015, Rv. 636030 – 01). Il motivo di ricorso è ulteriormente inammissibile, poichè si risolve in censure di fatto, nella parte in cui prospetta la maggiore fondatezza delle valutazioni effettuate dal giudice di primo grado rispetto a quelle svolte dal giudice di appello che ha riformato la decisione della Commissione tributaria provinciale.

Spese regolate come da dispositivo.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore della Agenzia delle Entrate liquidate in Euro 3.100 oltre eventuali spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2017

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