Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19553 del 26/08/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 19553 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: GIANCOLA MARIA CRISTINA

SENTENZA

sul ricorso 28580-2007 proposto da:
CORSARO LAURA (c.f. CRSLRA43E63G371D), SERRA OLGA
(C.F. SRRLGO17866F839X), GRANATELLO GIOVANNI (C.F.
GRNGNN55R23I754J), CORSARO LUCIA (C.F.
CRSLCU43E63G371U),

domiciliati in ROMA,

Data pubblicazione: 26/08/2013

PIAllA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI
2013
1165

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato
CORSARO ELIO ANTONIO, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrenti –

1

contro

GRANATELLO MARIO, COMUNE DI SIRACUSA;
– intimati –

avverso la sentenza n.

750/2006 della CORTE

D’APPELLO di CATANIA, depositata il 07/08/2006;

pubblica udienza del 01/07/2013 dal Consigliere
Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’inammissibilità, in subordine accoglimento per
quanto di ragione del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con due atti di citazione notificati al Comune di Siracusa, l’uno il 3.11.1994 (RG
965/94) da Mario Granatello e da Olga Serra e Giovanni Granatello, eredi di Ugo

comproprietari del terreno esteso complessivamente mq 6.542 ed in parte assoggettato
dall’ente convenuto a procedimenti di occupazione d’urgenza e di espropriazione in
funzione della costruzione di una palestra polisportiva, adivano la Corte di appello di
Siracusa chiedendo che fossero determinate le giuste indennità di occupazione
d’urgenza e di espropriazione del loro bene e deducendo anche che l’indennizzo per
l’ablazione era stato provvisoriamente determinato in £ 45.453.215, somma che era
stata calcolata ai sensi della legge n. 359 del 1992 e che a loro parere era incongrua.
Nel primo dei due giudizi, che venivano poi riuniti, interveniva Lucia Corsaro,
comproprietaria del terreno occupato ed ablato, la quale aderiva alle domande degli
attori.
Il Comune di Siracusa si costituiva in entrambi i giudizi, chiedendo il rigetto
dell’opposizione.
Con sentenza del 21.10.2005-7-08-2006 la Corte di appello di Catania determinava
l’indennità per l’occupazione legittima di mq. 2.978 del terreno in questione, attuata in
forza dell’ordinanza sindacale n. 87028 del 22/9/93, per il periodo 22.09.1993 —
22.09.1998, nella misura di un dodicesimo della somma di € 23.474,63 per ogni anno di
occupazione e in un dodicesimo di tale cifra per ogni ulteriore mese o frazione di mese,
disponendo il deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti della differenza tra la somma
così determinata e quella eventualmente già liquidata allo stesso titolo, con gli interessi
calcolati secondo le modalità e decorrenze precisate in motivazione, rigettava le

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Granatello, e l’altro il 17.12.1994 (RG 1140/94) da Laura Corsaro, tutti gli attori, quali

ulteriori domande introduttive e compensava interamente le spese processuali tra tutte
le parti in causa.
La Corte territoriale osservava e riteneva che:

al 22.09.1998, l’occupazione d’urgenza di mq 2.978 del fondo degli attori, che era stato
espropriato con ordinanza sindacale n. 67241 del 22.09.1998, seguita da provvedimento
integrativo del 21.12.1998;
urbanisticamente il terreno in questione era originariamente incluso tra le
aree destinate a spazi per l’istruzione (S2) ed a seguito di variante era stato inserito in
zona a servizi per il giuoco e lo sport (S3); su di esso il Comune aveva realizzato un
palestra polisportiva a servizio di una scuola elementare;
la previsione urbanistica, sia in relazione alla zona S2 che a quella S3, era
realizzabile tramite l’intervento diretto dell’amministrazione comunale, senza alcuna
previsione di iniziative private neppure attraverso strumenti di convenzionamento, il
che induceva a qualificare il terreno come non edificabile, con conseguente
applicazione per il calcolo degli indennizzi dei criteri, rapportati ai valori agricoli
medi, previsti per le aree agricole dalla L. n. 865 del 1971 e non dei criteri contemplati
per le aree edificabili dall’art. 5 bis della legge n. 359 del 1992;
l’opposizione andava quindi respinta mentre doveva procedersi a determinare ai
sensi dell’art. 20 della citata legge n. 865 del 1971, l’indennizzo da occupazione
legittima, parametrando il relativo computo percentuale all’indennità provvisoria di
espropriazione, pari a £ 45.453.215, ossia ad E 23.474,63.
Avverso questa sentenza Giovanni Granatello nonché Olga Serra e Lucia e Laura
Corsaro hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati da

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con ordinanza del 22.09.1993 era stata disposta per un triennio, poi prorogato sino

memoria, e notificato il 31.10.2007 al Comune di Siracusa, ed a Mario Granatello, che
non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE

“In relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, per violazione del Decreto Legge n.
333/1992, art. 5 bis” avendo la Corte d’Appello interpretato il richiamato articolo,
rigorosamente e letteralmente, senza considerare che la destinazione ad opera pubblica
era prevista nel piano regolatore generale e che l’opera per cui è stata eseguita
l’espropriazione non è né verde attrezzato, né giuochi collettivi e sport, ma una palestra
polifunzionale al servizio scolastico, con tutte le aree annesse, opera questa che solo la
P.A. poteva realizzare, ma non per questo il terreno andava considerato agricolo.
Assumono che la Corte ha omesso di esaminare l’ubicazione del terreno oggetto di
espropriazione nel comprensorio del piano regolatore generale e nel contesto del piano
costruttivo dell’intero quartiere, presumendo soltanto una destinazione agricola non
dichiarata.
“In relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa e contraddittoria motivazione”
circa la effettiva destinazione del terreno, ed errato esame della consulenza tecnica, che
espressamente descriveva i terreni circostanti ed utilizzati all’edificazione, rilievi su
cui la Corte non ha dato alcuna logica giustificazione e motivazione.
“In relazione all’ari 360 c.p.c., n. 3, per applicazione della Legge n. 865 del
1971, applicabile soltanto e limitatamente ai terreni agricoli, e contemporaneamente
mancata applicazione, non potendosi applicare il Decreto Legge n. 333/1992 né la
Legge n. 86511971, della Legge n. 2359 del 25/6/1865. Sostengono che solo a
quest’ultima legge può farsi ricorso, soprattutto alla luce della recentissima sentenza

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I ricorrenti denunziano:

della Corte Costituzionale 24/10/2007 n. 348, che ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’art 5/bis, commi 1 e 2, del Decreto Legge 11/7/1992 n. 333.
Evidenziano che il principio di diritto su cui la Suprema Corte è chiamata a giudicare e

vincolo di destinazione di opere pubbliche previsti dai piani regolatori generali, e cioè
se debba farsi ricorso ad una edificabilità di fatto o soltanto all’edificabilità legale, per
cui resterebbe abnorme la interpretazione e classificazione di un terreno a vincolo non
di inedificabilità ma di destinazione pubblica come terreno agricolo. E ciò anche in
considerazione della disparità che si verrebbe a creare in ordine al contesto edificabile
circostante, quel contesto che di fatto ricava beneficio dall’opera pubblica.”
“E’ altresì errata, conseguentemente, la compensazione delle spese disposta
dalla sentenza impugnata.”.
I primi tre motivi del ricorso, suscettibili di esame unitario, involgono censure inerenti
all’attuata riconduzione dei terreni occupati ed ablati all’ambito di quelli non
edificabili, censure che si fondano sulle caratteristiche che in fatto connotavano i beni
in questione e sulla tipologia dell’opera pubblica realizzata, le quali, a parere dei
ricorrenti, avrebbero dovuto portare ad inquadrare gli immobili nel diverso ambito delle
aree edificabili, con conseguente applicazione dei più favorevoli criteri determinativi
degli indennizzi a queste applicabili
Le doglianze non hanno pregio, dovendosi ribadire che:
fini indennitari e della previa qualificazione dei suoli espropriati alla stregua
delle correlative “possibilità legali” di edificazione al momento dell’apposizione del
vincolo preordinato all’espropriazione occorre avere riguardo agli strumenti legali di
pianificazione del territorio e, quindi, alle prescrizioni ed ai vincoli stabiliti dagli
strumenti urbanistici di secondo livello – influenti su tale qualificazione, per il

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che informa i tre motivi di ricorso “è la classificazione dei tratti di terreno sottoposti a

contenuto conformativo della proprietà che ad essi deriva dalla loro funzione di
definire, per zone, in via astratta e generale, le possibilità edificatorie connesse al diritto

Certanto, ai fini di qualificare il terreno espropriato come edificabile o meno,
non può attribuirsi efficacia decisiva alla natura dei suoli limitrofi, così prescindendo da
una ricognizione legale della natura del terreno, sulla base delle previsioni specifiche
del piano regolatore, poiché in tal modo si verrebbe ad introdurre una nozione di
edificabilità di fatto che prescinde dalla classificazione urbanistica dell’area, laddove,
invece, l’edificabilità di fatto ha carattere solo suppletivo e complementare, utilizzabile,
ad esempio, in assenza di pianificazione urbanistica o come apprezzamento delle
specifiche caratteristiche dell’area legalmente edificabile (cfr cass. n. 17442 del 2011;
te
n. 15682 del 2011; cass. SU n. 172 del 2001)#

kalora l’area vada, come nella specie, legalmente qualificata come non
edificabile, resta irrilevante la circostanza che la destinazione urbanistica richieda in
concreto la realizzazione di strutture murarie, suscettibili di usi anche residenziali e/o
redditizi, essendo esse unicamente finalizzate alla realizzazione dello scopo
pubblicistico (in tema, cfr cass. n. 15213 del 2014 t
Peraltro, i motivi in esame pongono in discussione i criteri di determinazione degli
indennizzi da occupazione legittima e da espropriazione, che i giudici d’appello hanno
determinato secondo i parametri dei valori agricoli medi, già prescritti dalla legge n.
865 del 1971 e venuti meno per effetto della sentenza n. 181 del 2011, resa dalla Corte
costituzionale, per la quale anche in relazione ai terreni non edificabili le indennità in
questione devono essere parametrate al valore venale dei suoli occupati ed ablati.
Pertanto l’impugnata sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello di
Catania, in diversa composizione, onde consentire l’applicazione del criterio generale

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dominicale:

dell’indennizzo pari al valore venale del bene, che impone di tenere conto delle
obbiettive e intrinseche caratteristiche e attitudini dell’area in relazione alle utilizzazioni
ulteriori e diverse da quelle agricole, intermedie tra le stesse e quelle edificatorie (quali

consentite dalla normativa vigente e conformi agli strumenti di pianificazione
urbanistica, previe le opportune autorizzazioni amministrative (cfr, tra le altre, cass. n.
21386 del 2011).
L’esposta conclusione comporta l’assorbimento del quarto motivo del ricorso, inerente
alla statuita compensazione delle spese processuali.
Al giudice del rinvio va demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di
legittimità.
P.Q.M.
La Corte decidendo sui primi tre motivi del ricorso, assorbito il quarto, cassa la
sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di
appello di Catania, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 1° luglio 2013

Il Cons.est.

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