Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19553 del 18/09/2020

Cassazione civile sez. II, 18/09/2020, (ud. 20/01/2020, dep. 18/09/2020), n.19553

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1915/2016 proposto da:

SAN GIORGIO SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BANCO DI S.

SPIRITO, 48, presso lo studio dell’avvocato AUGUSTO D’OTTAVI,

rappresentata e difesa dall’avvocato DOMENICO BRANCACCIO;

M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BANCO DI

S. SPIRITO, 48, presso lo studio dell’avvocato AUGUSTO D’OTTAVI,

rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO BRANCACCIO;

– ricorrenti –

contro

MO.EL., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MONTEZEBIO 28 SC. A INT. 6, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

BERNARDI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

STEFANO ANTONACCI;

– controricorrente –

e contro

ADIGE CASE SAS DI N.S. & C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1184/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 08/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/01/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Mo.El. citava la società San Giorgio Srl, la società Adige Casa S.r.l. e l’architetto M.R. per sentirli condannare, in via solidale o alternativa, al pagamento in favore dell’attrice della somma di Euro 21.451 a titolo di risarcimento per l’inadempimento contrattuale nell’ambito della compravendita di un immobile sito in (OMISSIS) nelle vicinanze di (OMISSIS), alienato dalla società San Giorgio alla signora Mo. con la mediazione della società Adige case S.r.l..

2. Il Tribunale di Verona dichiarava inammissibile la domanda risarcitoria proposta contro San Giorgio Srl, rigettava le domande proposte contro M.R. e Adige Casa e rigettava le domande ex art. 96 c.p.c.. Proposte da questi ultimi.

3. Mo.El. proponeva appello avverso la suddetta sentenza.

4. La Corte d’Appello di Venezia accoglieva l’impugnazione e in parziale riforma dell’impugnata sentenza, confermata nel resto, condannava la s.r.l. San Giorgio al pagamento in favore dell’attrice a titolo di risarcimento del danno della somma di Euro 12.136.

L’oggetto della controversia riguardava la predisposizione del riscaldamento autonomo presso l’appartamento acquistato dall’attrice. Dalla scheda dell’agenzia immobiliare contenente le caratteristiche e la tipologia dell’immobile risultava indicata, tre le rifiniture, la predisposizione di riscaldamento autonomo. Si trattava, dunque, solo della predisposizione e non di un impianto già completo collegato e funzionante, come confermato anche dal modulo di proposta di acquisto immobiliare sottoscritto il 23 novembre 2006 che, nello spazio riservato al proprietario, indicava espressamente tra i lavori da realizzare compre i nel prezzo anche la caldaia per il riscaldamento autonomo. Tale indicazione evidenziava l’intervenuto accordo delle parti in merito all’istallazione della caldaia da comprendere nel prezzo complessivo con l’implicita consapevolezza dell’acquirente della necessità dell’istallazione e, quindi, dell’attuale mancanza di un impianto di riscaldamento autonomo già funzionante.

Nel contratto preliminare di compravendita le parti avevano indicato espressamente i lavori da ricomprendersi nel prezzo, escludendo la caldaia. Pertanto, in mancanza di ulteriore allegazione o prove, con la sottoscrizione del preliminare l’acquirente aveva rinunciato ad ottenere la caldaia a spese della promittente alienante.

L’acquirente, tuttavia, non poteva rendersi pienamente conto delle effettive caratteristiche dell’impianto di riscaldamento esistente nell’immobile che, a prescindere dall’istallazione della caldaia, non rispondevano a quelle richieste da un impianto effettivamente predisposto per la gestione autonoma. Dalle perizie, infatti, risultava confermato che, al posto della caldaia era posizionato un boiler per la produzione di acqua calda e che i termosifoni non erano collegati al nuovo impianto autonomo e che le tubazioni predisposte erano murate, così come anche la predisposizione della caldaia, e, infine, il contatore del gas non era sufficiente a supportare l’impianto di riscaldamento autonomo. Dunque, non era possibile riscaldare l’appartamento, bisognava intervenire rompendo i muri per collegare i termosifoni all’impianto autonomo e bisognava richiedere un nuovo contatore. Nei bagni bisognava rompere una porzione di rivestimento per collegare i due termo-arredi e ridipingere i locali dopo la rottura.

Anche in sede di accertamento tecnico preventivo si era accertato che, al contrario di quanto sosteneva la società alienante, i termosifoni non erano neanche collegati all’impianto di riscaldamento centralizzato già scollegato a livello condominiale e che l’istallazione del riscaldamento autonomo comportava lo scavo di tracce nella muratura perchè le tubazioni non erano visibili e neppure segnalate. Dunque, l’espressa indicazione di predisposizione dell’impianto di riscaldamento autonomo e della concomitante esistenza di riscaldamento centralizzato a metano come contenute nella scheda già menzionata non trovava adeguata rispondenza nello stato dell’immobile venduto.

Le tubazioni non erano rintracciabili a fianco delle valvole dei radiatori e si dovevano ricercare con opere distruttive anche del rivestimento piastrellato e del mosaico nei bagni e, dunque, non vi era corrispondenza con la descrizione dell’impianto come rappresentata all’acquirente.

In conclusione, secondo la Corte d’Appello, a prescindere dall’istallazione della caldaia che doveva intendersi rinunciata dall’acquirente con la sottoscrizione del preliminare l’espressa indicazione di predisposizione dell’impianto di riscaldamento autonomo e della concomitante esistenza di riscaldamento centralizzato a mano non trovava adeguata rispondenza nello stato dell’immobile compravendita.

L’azione dell’appellante doveva inquadrarsi in quella di risarcimento del danno ex art. 1494 c.c. e, dunque, alla prova della colpa del venditore, consistente nell’omissione della diligenza necessaria a scongiurare la presenza di vizi, doveva seguire il risarcimento dei danni subiti dall’acquirente.

La Corte d’Appello quantificava il danno risarcibile nella complessiva somma di Euro 12.136 comprensiva del danno emergente oltre che delle spese legali di accertamento tecnico preventivo e del compenso del Consulente tecnico di parte.

Veniva esclusa, invece, la responsabilità dell’agenzia immobiliare che aveva redatto correttamente la scheda tecnica che riportava l’esistenza della predisposizione dell’impianto di riscaldamento autonomo all’attuale allacciamento e all’impianto di riscaldamento centralizzato secondo le indicazioni fornite dalla società venditrice cui soltanto andava riferita la responsabilità, mentre mancava di specificità l’appello con riferimento alla responsabilità dell’architetto M., estraneo all’accordo.

Le spese dunque andavano poste, per entrambi i gradi del giudizio, interamente a carico della Società San Giorgio Srl mentre la Mo. doveva pagare quelle sostenute dalla società mediatrice. Sussistevano invece giusti motivi per compensare le spese nei rapporti con M.R. considerata l’opportunità che quest’ultimo aveva per le sue competenze professionali e nella sua qualità di legale rappresentante della società venditrice di intervenire prima del rogito per far sì che l’impianto di riscaldamento consentisse un agevole allaccio alla nuova caldaia senza necessità di lavori demolitori e di ripristino.

5. La società San Giorgio Srl e M.R. hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base rispettivamente di un unico motivo.

7. Mo.El. ha resistito con controricorso nei confronti di entrambe le impugnazioni ed in prossimità dell’udienza ha depositato memoria, insistendo nella richiesta di rigetto dei ricorsi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il motivo del ricorso della San Giorgio Srl è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 1494 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

La Corte d’Appello ha riconosciuto e liquidato il danno ex art. 1494 c.c., facendo riferimento alla scheda descrittiva predisposta dall’agenzia immobiliare che, tuttavia, non era menzionata nel contratto preliminare e neanche in quello definitivo. All’art. 2 del contratto di compravendita la vendita era definita a corpo nello stato di fatto di diritto in cui gli immobili si trovavano.

L’acquirente era consapevole della mera predisposizione dell’impianto di riscaldamento autonomo. Tale predisposizione comportava necessariamente ulteriori lavori per l’effettivo allaccio trattandosi appunto di una mera predisposizione.

Peraltro, dagli atti risultava certo che il riscaldamento centralizzato era funzionante.

1.2 Il motivo è infondato.

La Corte d’Appello ha fornito un’interpretazione complessiva della volontà negoziale di cui alla compravendita dell’immobile in esame, tenendo conto anche del contratto preliminare e della scheda tecnica predisposta dall’agenzia immobiliare.

Il ricorrente asserisce che nei contratti invocati dall’attrice Mo.El. a sostegno della domanda, tanto nel preliminare del 24 novembre 2006, quanto nel definitivo del 12 gennaio 2007, non era stato menzionato lo stato attuale dell’impianto di riscaldamento e non vi era alcun richiamo al contenuto della scheda descrittiva dell’immobile.

Tuttavia sulla base di tali premesse il ricorrente avrebbe dovuto censurare la violazione delle regole di interpretazione del contratto in relazione al convincimento del giudice del merito circa la reale portata della compravendita e in particolare se l’oggetto della stessa, comprendesse anche un adeguata predisposizione dell’impianto di riscaldamento. Nel ricorso, invece, il ricorrente fa esclusivo riferimento alla violazione dell’art. 1494 c.c., mentre deve ribadirsi che l’indagine effettuata dai giudici di merito diretta ad identificare gli elementi costitutivi dell’attività negoziale, le finalità pratiche perseguite dalle parti e l’oggetto di una vendita immobiliare può essere censurata solo per violazione dei criteri ermeneutici o per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, sottraendosi altrimenti al sindacato di legittimità di questa Corte, risolvendosi in un apprezzamento di mero fattò, riservato al giudice di merito.

Inoltre, resta indimostrata la circostanza dedotta dal ricorrente circa il fatto che, sia nel preliminare che nel definitivo, non vi era alcun riferimento alla scheda tecnica predisposta dall’agenzia immobiliare, non avendo riportato nel ricorso il contenuto del contratto ed essendosi limitato alla seguente indicazione: atti che vengono indicati e depositati con il ricorso sub (si veda pag. 5 del ricorso) e non potendo il giudice di legittimità sopperire alle lacune dell’atto di impugnazione con indagini integrative (Sez. 3, Ord. n. 6735 del 2019).

Ciò posto, deve osservarsi che la Corte territoriale ha fornito una congrua e logica motivazione delle ragioni per cui il difetto della predisposizione dell’impianto di riscaldamento autonomo non poteva essere conosciuto dalla parte acquirente e sussisteva la colpa del venditore consistente nell’omissione della diligenza necessaria a scongiurare l’eventuale presenza di vizi della cosa. Dunque, la sentenza è immune dalle censure di violazione dell’art. 1494 c.c..

2. Il motivo di ricorso dell’architetto M.R. è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Il motivo di impugnazione riguarda la compensazione delle spese nei confronti dell’architetto M.. La decisione, fondata sul fatto che la sua competenza professionale e la sua qualità di legale rappresentante della società venditrice potevano consentire l’agevole allaccio alla caldaia senza necessità di lavori demolitori, sarebbe erronea, non fondata su alcuna norma di legge, e in violazione dell’art. 92 c.p.c., non sussistendo motivi per la compensazione delle spese.

2.1 L’unico motivo del ricorso proposto da M.R. è infondato.

Nei giudizi soggetti alla disciplina dell’art. 92 c.p.c., comma 2, come modificato dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, lett. a), ove non sussista reciproca soccombenza, è legittima la compensazione delle spese processuali se concorrono “giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione”. Tali giusti motivi devono essere specificati in relazione alla fattispecie concreta nel suo complesso, quale evincibile dalle statuizioni relative ai punti della controversia. Nella specie la Corte d’Appello ha chiarito le ragioni per le quali sussistevano i giusti motivi per la compensazione, individuandoli in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa, quali l’opportunità che il ricorrente aveva per le sue competenze professionali e nella sua qualità di legale rappresentante della società venditrice rimasta soccombente, di intervenire prima del rogito per facilitare il collegamento dell’impianto di riscaldamento alla caldaia.

3. Entrambi i ricorsi devono essere rigettati.

4. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta entrambi i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.700 più Euro 200 per esborsi per la San Giorgio srl e in Euro 2000, più 200 per esborsi, per M.R.;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti del contributo unificato previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 20 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2020

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