Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19553 del 04/08/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 04/08/2017, (ud. 13/02/2017, dep.04/08/2017),  n. 19553

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 3732/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso 12, l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Piemme r.l.;

– intimato –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Liguria, depositata il 12 giugno 2012;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 febbraio 2017

dal Consigliere Giuseppe Tedesco;

udito l’avv. dello stato Giovanni Palatiello;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale D.R.L., che ha concluso chiedendo il rigetto del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Piemme s.rl. propose ricorso contro il diniego sulla propria richiesta di rimborso del credito Iva relativo all’anno 2001, credito maturato in capo alla Piemme Service e poi ceduto alla Piemme s.r.l..

La ragione del rifiuto fu che la istanza di rimborso del credito indicato nella dichiarazione annuale non fu accompagnata dalla compilazione del modello VR. Inoltre, la richiesta di rimborso era stata presentata dopo il decorso del termine biennale di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.

L’adita commissione tributaria provinciale accolse il ricorso, con decisione confermata, in esito all’appello dell’Agenzia delle Entrate, dalla Commissione tributaria regionale della Liguria; ciò sul presupposto che la mancata compilazione del modello VR costituisce una mera irregolarità formale, inidonea a precludere il diritto al rimborso, del credito Iva, soprattutto quando la richiesta rifletta la una cessazione di attività, posto che, in questo caso, il credito non potrebbe essere recuperato in altro modo.

Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate che deduce la Violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 30, 38-bis, e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21; sostiene, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice territoriale, che la disciplina fissata dalle disposizioni denunciate prevede che il rimborso dell’IVA versata in eccesso, ove non richiesto mediante compilazione del modello VR (compilazione indispensabile anche in ipotesi di cessazione di attività), debba essere preteso con apposita istanza da presentare entro il termine di decadenza biennale di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il motivo è infondato. Fino al periodo d’imposta 2009 (dichiarazione IVA/2010) i contribuenti che intendevano chiedere il rimborso del credito IVA risultante dalla dichiarazione annuale erano tenuti alla presentazione di un distinto modello, denominato “Modello VR”, che doveva essere presentato in duplice esemplare direttamente all’agente della riscossione competente territorialmente, a partire dal 1 febbraio e fino al termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale IVA anche in forma unificata. Dalla mancata presentazione di tale Modello VR gli Uffici facevano discendere la non spettanza del diritto al rimborso, conferendo, quindi, alla presentazione del modello carattere “costitutivo” del diritto al rimborso, anche qualora, come avvenuto nella fattispecie all’esame dei giudici tributari, il contribuente avesse presentato, nei termini, una corretta dichiarazione annuale, esponendo nel quadro VX (o RX di UNICO) la richiesta di rimborso dell’eccedenza d’imposta.

Tuttavia la tesi dell’Amministrazione Finanziaria, salvo isolate pronunce, non ha trovato conferma nella giurisprudenza di questa Corte, da tempo consolidatasi nel senso che la domanda di rimborso dell’IVA deve ritenersi presentata con la compilazione, nella dichiarazione annuale, del quadro che riguarda la richiesta di rimborso del credito (sia essa la dichiarazione annuale Iva e o il modello Unico), mentre la presentazione del modello di rimborso (“Modello VR”) costituisce solo il presupposto per l’esigibilità del credito e, dunque, adempimento necessario solo per iniziare il procedimento di rimborso. Ne consegue che, una volta manifestata la volontà di recuperare il credito di imposta, il diritto al rimborso, pure in difetto dell’apposita ulteriore domanda, non può più ritenersi assoggettato al termine biennale di decadenza di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, (che incide sui soli crediti Iva non chiesti a rimborso in dichiarazione e pur sempre suscettibili di rimborso), bensì al termine di prescrizione ordinaria, di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. 20039 del 2011; Cass. 6986 del 2014; Cass. 4145 del 2016).

Nel caso deciso, incontrovertibilmente caratterizzato dal fatto che il credito fu indicato nell’apposito quadro e rigo della dichiarazione annuale per l’anno 2001, il riscontro di tale manifestazione volontà, costituente formale esercizio del correlativo diritto, ha messo naturalmente fuori gioco il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21,comma 2; con la conseguenza che la successiva formale istanza di rimborso, pacificamente intervenuta nel decennio, è ampiamente tempestiva riguardo al termine di prescrizione ordinario, operante con riferimento al credito Iva.

Il ricorso, pertanto, va rigettato.

PQM

 

rigetta il ricorso.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2017

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