Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1955 del 24/01/2022

Cassazione civile sez. trib., 24/01/2022, (ud. 16/12/2021, dep. 24/01/2022), n.1955

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7616/12 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

B.O., rappresentato e difeso, giusta delega in calce al

controricorso, dagli avv.ti Giovanni Liguori, Vincenzo Vassallo e

Alberigo Panini, con domicilio eletto presso lo studio di

quest’ultimo, in Roma, piazza Adriana, n. 15;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 137/43/11 depositata in data 14 dicembre 2011;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 16 dicembre

2021 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. B.O. proponeva appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale che aveva rigettato il ricorso dallo stesso proposto avverso l’avviso di diniego della definizione dei carichi di ruolo (cd. “condono per la rottamazione dei ruoli”) ex L. n. 289 del 2002, per tardività del secondo versamento e per inapplicabilità della normativa alle somme portate dai ruoli.

2. La Commissione tributaria regionale accoglieva l’appello. Accertando che il contribuente, aderendo all’invito del Concessionario della riscossione tributi per la provincia di Lecco, aveva versato Euro 5.192,10 in data 16 maggio 2003 (pari all’80 per cento dell’importo dovuto ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 12) ed in data 14 marzo 2005 il restante importo di Euro 1.327,10, in pagamento del 20 per cento dell’importo dovuto, i giudici di appello ritenevano che l’interpretazione della normativa seguita dall’Agenzia delle Entrate non fosse condivisibile, perché ingenerava una ingiustificata disparità di trattamento tra i contribuenti interessati al condono, considerato, peraltro, che l’Ufficio aveva notificato il provvedimento di diniego della definizione dopo diversi anni dai pagamenti effettuati dal B., in violazione dei principi di tutela dell’affidamento e della buona fede previsti dalla L. n. 212 del 2000; quanto al diniego concernente la tassa automobilistica per l’annualità 1996, osservava che, a prescindere dalla questione relativa alla competenza erariale o regionale della tassa ed alle connesse conseguenze in tema di accertamento, il contribuente aveva fatto affidamento nella comunicazione inoltratagli dal Concessionario, rispetto alla quale la pretesa dell’Ufficio appariva non coerente.

3. Avverso la suddetta decisione propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato a due motivi, cui resiste B.O. mediante controricorso.

In prossimità dell’adunanza camerale del 21 dicembre 2018, con istanza depositata in data 10 dicembre 2018, il contribuente ha chiesto, ai sensi del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 6, comma 10, la sospensione del processo, dichiarando di volersi avvalere della definizione agevolata della lite ed il Collegio, con ordinanza resa all’esito della Camera di consiglio, ha rinviato la causa a nuovo ruolo.

Con successiva istanza depositata il 4 giugno 2019 il contribuente, preso atto del contenuto della circolare dell’Agenzia delle entrate 1 aprile 2019, n. 6, che, al punto 2.3.3., dispone che non rientrano nel campo di applicazione del citato art. 6, i rapporti tributari e le liti che hanno usufruito di precedenti definizioni agevolate, ha dichiarato di rinunciare all’istanza D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6.

Il controricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, la difesa erariale deduce violazione e/o falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 12, e della L. n. 212 del 2000, art. 10, per avere la C.T.R. affermato che l’interpretazione data dall’Ufficio ingenera una irragionevole ed ingiustificata disparità di trattamento tra i contribuenti interessati al condono. Ad avviso della ricorrente, il contribuente ha effettuato versamenti tardivi, considerato che quello pari all’80 per cento dell’importo avrebbe dovuto essere effettuato entro il 16 aprile 2003 ed il versamento del restante 20 per cento entro il 16 aprile 2004; poiché il contribuente alla data di entrata in vigore del D.L. n. 143 del 2003 (25 giugno 2003) aveva già effettuato il versamento tardivo relativo alla prima rata, non poteva beneficiare della riapertura dei termini destinata solo a coloro che prima del 25 giugno 2003 non avessero effettuato “versamenti utili”, configurando il ritardato o omesso versamento delle somme residue alla scadenza prevista dal piano di rateazione una ipotesi di decadenza dai benefici della definizione. Sostiene pure che non è ravvisabile nel comportamento dell’Ufficio “disparità di trattamento”, essendo lo stesso giustificato dal D.L. n. 143 del 2003, art. 10, e non essendo configurabile alcun potere discrezionale della P.A.

2. La censura è infondata.

2.1. La L. n. 289 del 2000, art. 12, comma 2 – come sostituito dal D.L. n. 282 del 2002, art. 5-bis, introdotto dalla L. di conversione n. 27 del 2003 – fissava per il versamento della prima rata (non inferiore all’80 per cento della somma prevista per la definizione dei carichi di ruolo pregressi) il termine del 16 aprile 2003 e per il versamento del residuo 20 per cento il termine del 16 aprile 2004.

Il primo di tali termini è stato prorogato al 16 maggio 2003 con il D.L. n. 59 del 2003, art. 1, che non è stato convertito.

Il successivo D.L. n. 143 del 2003, convertito dalla L. n. 212 del 2003, ha differito il primo termine dal 16 aprile 2003 al 16 ottobre 2003 (data che è stata ulteriormente spostata, con D.L. n. 269 del 2003, convertito con la L. n. 326 del 2003, al 16 marzo 2004 e, successivamente, con il D.L. n. 335 del 2003, convertito con L. n. 47 del 2004, al 16 aprile 2004) ed ha rimesso al Ministro dell’Economia e delle Finanze la rideterminazione del secondo termine.

Il D.L. n. 143 del 2003, art. 1, comma 2, prevede che “I contribuenti che non hanno effettuato, anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, versamenti utili per la definizione degli adempimenti e degli obblighi tributari di cui alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, artt. 7,8,9,9-bis, art. 11, comma 4, artt. 12,14,15 e 16, come modificata dal D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, art. 5-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 febbraio 2003, n. 27, nonché di cui al medesimo D.L. n. 282 del 2002, artt. 5 e 5-quinquies, possono provvedervi entro il 16 aprile 2004…. Gli ulteriori termini connessi, contenuti nelle predette disposizioni, nonché quelli per la mera trasmissione in via telematica delle dichiarazioni relative alle suddette definizioni, sono rideterminati con decreti, rispettivamente, del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del direttore dell’Agenzia delle Entrate, anche con riferimento alle date di versamento degli eventuali pagamenti rateali, ferma restando la decorrenza degli interessi dal 17 ottobre 2003”.

Con il D.M. 8 aprile 2004, art. 1, comma 2, lett. g), il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha fissato al 18 aprile 2005 “il termine di versamento del residuo importo dovuto ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 12, comma 2, secondo periodo, e comma 2-ter, relativamente ai soggetti che alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 143 del 2003, ancora non avevano effettuato versamenti utili per la definizione degli adempimenti e degli obblighi tributari di cui al medesimo art. 12”.

La Legge di conversione del D.L. n. 143 del 2003, nell’unico art., comma 2, ha fatti salvi gli effetti del D.L. n. 59 del 2003, non convertito, stabilendo espressamente: “Sono utili i versamenti…. effettuati tra il 17 aprile 2003 ed il 25 giugno 2003, ai fini delle definizioni di cui alla medesima L. n. 289 del 2002, art. 11, commi 4, 12, 15, 16, e art. 17, comma 1”.

Deve, quindi, ritenersi, sulla base delle disposizioni normative che si sono succedute nel tempo, che il versamento dell’80 per cento della somma dovuta per la definizione dei ruoli pregressi, effettuato dal contribuente in data 16 maggio 2003, debba essere considerato tempestivo, perché, sebbene successivo allo spirare del primo termine del 16 aprile 2003, è intervenuto entro il termine fissato dal D.L. n. 59 del 2003 (16 maggio 2003), non convertito, ma i cui effetti sono stati fatti salvi dalla L. n. 212 del 2003.

2.2. Anche il versamento del secondo importo, effettuato dal contribuente in data 14 marzo 2005, deve ritenersi tempestivo.

L’Agenzia delle Entrate ha sostenuto che l’odierno contribuente non possa beneficiare della proroga fissata dal D.M. 8 aprile 2004, perché alla data di entrata in vigore del D.L. n. 143 del 2003, egli aveva effettuato l’utile versamento della prima rata del condono e richiama a supporto della tesi difensiva il rilievo che il D.L. n. 143 del 2003, art. 1, comma 2, ed il D.M. 8 aprile 2004, art. 1, comma 2, lett. g), limitano l’operatività della proroga a coloro che alla data di entrata in vigore del D.L. n. 143 del 2003, non avevano effettuato versamenti utili ai fini del condono.

Come già chiarito da questa Corte (Cass., sez. 6-5, 13/07/2012, n. 12090), “la tesi dell’Amministrazione non appare convincente, perché l’interpretazione della norma che essa propone condurrebbe al risultato che il versamento della seconda rata di condono effettuato nel periodo compreso tra la scadenza del termine originario (16 aprile 2004) e la scadenza del termine prorogato (18 aprile 2005) perfezionerebbe il condono per i contribuenti che hanno pagato la prima rata dopo il 25 giugno 2003 (data di entrata in vigore del D.L. n. 143 del 2003) e non per quelli che l’hanno pagata, diligentemente, prima di detta ultima data. Si tratta di un approdo ermeneutico paradossale – tale da sollevare anche dubbi di legittimità costituzionale, con riferimento al parametro della ragionevolezza ex art. 3 Cost. – e che peraltro contrasterebbe con la ratio legis; se, infatti, come appare evidente, lo scopo della riapertura dei termini di versamento recata dal D.L. n. 143 del 2003, art. 1, comma 2, era quello di aumentare il gettito dei condoni di cui alla L. n. 289 del 2002, ampliando la platea dei contribuenti coinvolti, escludere dal condono quei contribuenti che, avendo pagato tempestivamente la prima rata, abbiano perso il termine del 16 aprile 2004 per il pagamento della seconda (ma abbiano tuttavia la possibilità e l’interesse di effettuare tale pagamento entro il 18 aprile 2005) precluderebbe al Fisco il celere incasso dei saldi dai medesimi ancora dovuti.

Si deve dunque ritenere, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata, che la proroga dal 16 aprile 2004 al 18 aprile 2005 del termine di pagamento della seconda rata del condono L. 289 del 2002, ex art. 12, operi anche per coloro che avevano pagato la prima rata in epoca anteriore alla data di entrata in vigore del D.L. n. 143 del 2003; e che la disposizione contenuta nel decreto L. 143 del 2003, art. 1, comma 2, e nel D.M. 8 aprile 2004, art. 1, comma 2, lett. g) – che limita la platea dei destinatari della proroga dei termini a quei contribuenti che alla data di entrata in vigore del D.L. n. 143 del 2003, non avevano effettuato versamenti utili per la definizione degli adempimenti e degli obblighi tributari di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 12 (tra gli altri) – debba essere interpretata nel senso che per “versamenti utili” per la definizione degli adempimenti e degli obblighi tributari devono intendersi i versamenti immediatamente estintivi di detti obblighi, ossia quelli effettuati in unica soluzione (Cass., sez. 6-5, 13/07/2012, n. 12090; Cass., sez. 6-5, 30/05/2013, n. 13697; Cass., sez. 5, 28/12/2017, n. 31073).

Il contribuente aveva, dunque, diritto di avvalersi della riapertura dei termini di versamento recata dal D.M. 8 aprile 2004, art. 1, comma 2, lett. g), emanato in attuazione del D.L. n. 143 del 2003, art. 1, comma 2, con la conseguenza che la Commissione regionale ha correttamente ritenuto tempestivo sia il versamento della prima rata che quello della seconda rata.

3. Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, artt. 12 e 13, e della L. n. 212 del 2000, art. 10, per avere la C.T.R. ritenuto condonabile anche le tasse automobilistiche, espressamente escluse dalla procedura agevolativa in oggetto, ai sensi della L. 289 del 2002, citato art. 13.

3.1. Il motivo è fondato.

3.2. Questa Corte ha affermato che la L. n. 289 del 2002, art. 12, è applicabile esclusivamente con riferimento a cartelle esattoriali relative ad Irpef ed Ilor (Cass., sez. 5, 6/10/2010, n. 20746; Cass., sez. 6-5, 7/06/2016, n. 11669) ed all’Irap (Cass., sez. 6-5, 24/10/2016, n. 21416) incluse in ruoli emessi da uffici statali ed affidati ai concessionari del servizio nazionale della riscossione, ma non è applicabile con riferimento a cartelle relative a tasse automobilistiche (Cass., sez. 5, 15/03/2017, n. 6693).

Si e’, al riguardo, precisato che, a decorrere dal 1 gennaio 1993 il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 23, comma 1, ha attribuito alle Regioni a statuto ordinario l’intera tassa automobilistica, disciplinata dal t.u. approvato con D.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39, e successive modifiche, che ha assunto la denominazione di tassa automobilistica regionale, da ritenersi “tributo proprio derivato dalla Regione” (Corte Cost., n. 288 del 2012) e, pertanto, in assenza di uno specifico provvedimento del legislatore statale, la definizione agevolata della tassa automobilistica era condizionata all’emanazione di un provvedimento del legislatore regionale ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 13, provvedimento che non è stato emanato (Cass., sez. 5, 15/03/2017, n. 6693; Cass., sez. 5, 17/05/2017, n. 12254) e in ogni caso la definizione agevolata delle cartelle relative a tasse automobilistiche era disciplinata da un’apposita norma dettata dal D.L. n. 282 del 2002, art. 5-quinquies.

3.3. La C.T.R. ha ritenuto che il provvedimento di diniego abbia comportato una violazione del legittimo affidamento, ai sensi dello Statuto del contribuente, art. 10, atteso che il contribuente è stato espressamente invitato ad aderire al condono. Considerato, tuttavia, che per le tasse automobilistiche regionali dovute per l’anno 1996, oggetto del presente giudizio, non è applicabile il condono L. n. 289 del 2002, ex art. 12, non può assumere rilevanza lo stato soggettivo del contribuente il quale abbia spontaneamente aderito all’invito dell’Agente della riscossione, non essendo tale circostanza idonea ad impedire l’inefficacia della sanatoria (Cass., sez. 5, 10/10/2010, n. 24316; Cass., sez. 5, 17/05/2017, n. 12254).

4. In conclusione, va rigettato il primo motivo e va accolto il secondo motivo; la sentenza deve quindi essere cassata in relazione alla censura accolta con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

rigetta il primo motivo ed accoglie il secondo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, in Camera di consiglio, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022

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