Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19548 del 24/07/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 19548 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: BELLINI UBALDO

ORDINANZA
sul ricorso 25307-2014 proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro in carica pro-tempore, e AGENZIA DEL DEMANIO, in
persona del Direttore Generale in carica

pro-tempore,

rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, ed elettivamente domiciliati presso i suoi uffici in ROMA,
VIA DEI PORTOGHESI 12;

P4,)
– ricorrenti contro

FUMAGALLI FRANCO, rappresentato e difeso dall’Avvocato
MICHELE TORRE, ed elettivamente domiciliata presso lo studio
dell’Avv. Daniela Ciardo in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 267;
– con troricorrente –

avverso la sentenza n. 566/2013 della CORTE D’APPELLO DI
CAGLIARI, pubblicata il 20/08/2013;

Data pubblicazione: 24/07/2018

rz,

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/03/2018 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato in data 5.5.2000, FRANCO
FUMAGALLI proponeva opposizione avverso l’ingiunzione di

DELLE FINANZE, Ufficio del Territorio di Sassari, su richiesta
della Capitaneria di Porto di Porto Torrres, gli aveva intimato di
pagare la somma di £ 39.748.000, a titolo di indennizzo dovuto
per aver occupato abusivamente aree demaniali marittime in
Alghero, Loc. Le Bombarde, nel periodo dal 1992 al 1999.
Si costituiva in giudizio il Ministero delle Finanze chiedendo
il rigetto dell’opposizione e, in via riconvenzionale, proponeva
domanda al fine di ottenere la condanna del Fumagalli al
pagamento della somma di cui all’ingiunzione.
Il Tribunale di Cagliari, con sentenza n. 1909/2002,
depositata il 3 luglio 2002, accoglieva l’opposizione dichiarando
Franco Fumagalli non tenuto al pagamento di quanto richiesto.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia del
Demanio impugnavano la sentenza davanti alla Corte d’appello di
Cagliari, resisteva Franco Fumagalli.
Con precedente atto di citazione, notificato nel marzo
1997, Franco Fumagalli aveva riassunto nei confronti del
Ministero dell’Economia e delle Finanze il procedimento già
incardinato presso la Pretura Circondariale di Sassari, definito
con sentenza n. 51/97, depositata il 7.2.1997, che aveva
dichiarato l’incompetenza del Giudice adito per essere
competente il Tribunale di Cagliari. Il Fumagalli aveva proposto
opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento, notificatagli il

pagamento prot. n. 1908/00 dell’8.3.2000, con cui il MINISTERO

4.7.1991, con cui il Ministero delle Finanze, Ufficio del Registro di
Sassari, gli aveva intimato di pagare la somma di E 82.910.800,
a titolo di indennizzo dovuto all’Erario per aver occupato
abusivamente aree demaniali marittime in Alghero, Loc. Le
Bombarde, nel periodo dal 1976 al 1991.

Finanze chiedendo il rigetto dell’opposizione e, in via
riconvenzionale, proponendo domanda di condanna del Fumagalli
al pagamento della somma di cui all’ingiunzione.
Il Tribunale di Cagliari, con sentenza n. 1514/2011,
depositata il 30.9.2011, accoglieva la domanda del Fumagalli,
accertando che il complesso edilizio denominato Tam-Tam, di
proprietà del medesimo, non sorge su area appartenente al
demanio marittimo; annullava, dunque, l’ingiunzione opposta e
rigettava la riconvenzionale del convenuto.
Entrambe le sentenze venivano impugnate avanti alla
Corte d’Appello di Cagliari dal Ministero dell’Economia e delle
Finanze e dall’Agenzia del Demanio. La Corte d’Appello di
Cagliari, previa riunione e ammissione di CTU, con sentenza n.
566/2013, depositata il 20.8.2013, respingeva i gravami.
Q

Per la cassazione della suddetta sentenza ha proposto
ricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia del
Demanio, sulla base di due motivi, cui ha resistito Franco
Fumagalli con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo, i ricorrenti deducono la
«violazione e falsa applicazione degli artt. 2909, 822 c.c. e 28
Codice della Navigazione (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.)». Essi
osservano che, dalla CTU disposta in grado di appello, è emerso

Anche in tale giudizio si era costituito il Ministero delle

che la perdita dei caratteri propri del demanio marittimo da parte
dell’area (costituita da rocce affioranti), oggetto dell’occupazione,
fosse il frutto di un preciso intervento posto in essere dal
Fumagalli, il quale ne aveva colmato i solchi naturali in modo da
arrestare l’erosione marina e aveva realizzato l’attuale

Nonostante ciò, la Corte d’Appello ha respinto i gravami,
ritenendo che l’area occupata non potesse definirsi appartenente
al demanio marittimo ed annullando le ingiunzioni fiscali. La
Corte territoriale ha rilevato, infatti, che nelle more del giudizio si
era formato un giudicato, in conseguenza della sentenza n.
17737 del 2009 della Corte di Cassazione, che, decidendo
analoga controversia tra le stesse parti, relativamente agli anni
1976-1987, aveva confermato la sentenza del Tribunale di
Cagliari n, 1341/2001, che (a sua volta) aveva annullato le
relative ingiunzioni fiscali sul presupposto che l’area avesse
perduto i caratteri propri del demanio marittimo. Sicché il
giudicato, così formatosi, avrebbe precluso l’esame della
questione, sollevata con il primo motivo di appello, della mera
apparenza della perdita dei caratteri demaniali marittimi da parte
dell’area in contestazione; essendo altresì precluso l’esame della
questione della mancata adozione di un formale atto di
sdemanializzazione dell’area. Secondo i ricorrenti, la Corte non
avrebbe fatto buon governo dell’art. 2909 c.c., in quanto
nessuna delle due parti aveva domandato una pronuncia sulla
natura demaniale marittima dell’area. Inoltre, la
sdemanializzazione tacita sul demanio marittimo, secondo
pacifica giurisprudenza della Corte di Cassazione, non può
desumersi dalla sola circostanza che un bene non sia più adibito

terrazzamento mediante artificiale ricarica di terreno vegetale.

anche da lungo tempo ad uso pubblico, ma è ravvisabile solo in
presenza di atti e fatti che evidenzino in maniera inequivocabile
la volontà della P.A. di sottrarre il bene a detta destinazione.
Aggiungono, infine, i ricorrenti che la natura demaniale del bene
non potrebbe venir meno neanche se il privato avesse costruito

l’assunto secondo il quale la sdemanializzazione di fatto si
sarebbe compiuta senza un provvedimento formale da parte
della P.A.
1.1. – Il motivo non è fondato.
1.2. – Nella sentenza impugnata, la Corte distrettuale premesso che «nel corso del procedimento è intervenuta tra le
stesse parti la sentenza n. 17737/2009 del 14 maggio 2009 del
Supremo Collegio che ha rigettato il ricorso per cassazione
proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e
dall’Agenzia del Demanio avverso la sentenza del Tribunale di
Cagliari n. 1341/2004 del 25.5.2004, che ha rigettato l’appello
avverso la sentenza del Pretore di Sassari n. 64/1997 del 31
dicembre 1996, che aveva annullato l’ingiunzione di pagamento
notificata in data 30.9.1988 con la quale l’Ufficio del Registro di
Sassari aveva richiesto a Franco Fumagalli il pagamento della
somma di £ 1.800.000 oltre ad interessi e spese per l’indennizzo
dovuto all’Erario per l’occupazione abusiva di mq 260 di suolo
demaniale per un periodo tra il 1.1.1976 ed il 31.12.1987» afferma che «la natura non demaniale dell’area per cui è causa
per il periodo dal 1976 al 1987 è oramai coperta dal giudicato»
(sentenza impugnata, pagg. 3-4).
La

richiamata

sentenza

di

legittimità

afferma

espressamente che, «nella specie, è stato accertato che con il

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opere e manufatti; e quindi sarebbe erroneo ed illegittimo

procedimento di cui all’art. 32 c.n., e D.P.R. 15 febbraio 1952, n.
328, art. 58, (Regolamento per l’esecuzione del codice
navigazione) si provvide a delimitare la zona del demanio
marittimo»; e che, se «è vero che il relativo verbale non è mai
diventato obbligatorio per lo Stato, in carenza di approvazione

(art. 58, comma 5, reg. citato); tuttavia, le sue risultanze – che
escludevano la demanialità dell’area occupata da Fumagalli potevano essere tenute in considerazione dal giudice e
apprezzate liberamente: soprattutto in considerazione del fatto
che esse coincidevano con i caratteri obiettivi con i quali il bene
si presentava, descritti anche nella consulenza tecnica d’ufficio e
riportati, in sintesi, nella sentenza impugnata. Al riguardo, risulta
che il fabbricato del Fumagalli sorge oltre il ciglio dei terreni
elevati sul mare; e quindi oltre l’area demaniale, che termina là
dove la presenza di vegetazione perenne indica che non vi
giungano più le forti mareggiate invernali. Il fabbricato, come
rilevato dal consulente, è infatti realizzato su un bancone
roccioso che sovrasta l’arenile».
1.3. – Nell’odierno giudizio, la Corte distrettuale (pur
rilevando che tale accertamento non possa estendersi anche al
successivo periodo dal 1988 al 1999), tuttavia, ha ritenuto ormai
coperte dal giudicato (e di conseguenza non più contestabili) le
seguenti questioni: a) l’irrilevanza di un formale atto di
sdemanializzazione, in mancanza delle caratteristiche naturali
identificative del demanio marittimo (giacché «il procedimento di
delimitazione del demanio marittimo, previsto nell’art. 32 c.n.,
tendendo a rendere evidente la demarcazione tra il demanio
predetto e le proprietà private finitime (senza, tuttavia, che ne

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del direttore marittimo, di concerto con l’Intendente di finanza

resti alterata la situazione giuridica preesistente), si presenta
quale proiezione specifica, nel campo del demanio marittimo,
della normale actio finium regundorum, di cui all’art. 950 cod.
civ. Tale procedimento si conclude con un atto di delimitazione, il
quale si pone in funzione di mero accertamento, in sede

proprietà private, con esclusione di ogni potere discrezionale
della P.A., di talché il privato, che contesti l’accertata demanialità
del bene, può invocare la tutela della propria situazione giuridica
soggettiva dinanzi al giudice ordinario, abilitato alla
disapplicazione dell’atto amministrativo, se ed in quanto
illegittimo»: Cass. n. 10817 del 2009); b) l’irrilevanza del fatto
che la perdita delle caratteristiche di bene demaniale sia stata
ascritta dal CTU alla costruzione del fabbricato da parte del
Fumagalli e alle modifiche apportate all’area in rilievo antistante
(poiché, per il CTU, tali interventi antropici sono stati posti in
essere anteriormente al periodo che è stato interessato dalla
sentenza della Corte di Cassazione n. 17737/2009, la Corte di
merito osserva che la loro rilevanza ai fini per cui è causa non è
stata dedotta nel giudizio conclusosi con la suddetta sentenza).
In conseguenza di ciò, la Corte distrettuale ha rigettato gli
appelli, sottolineando la non demanialità del complesso occupato
dal Fumagalli, in quanto l’area occupata dal complesso Tam Tann
risulta protetta dall’azione del mare e pertanto non ha più le
caratteristiche richieste per appartenere al demanio marittimo,
essendo la linea di battigia spostata verso il mare già dal 1976.
Ed ha, nel contempo, ritenuto inammissibile la domanda
riconvenzionale (di pagamento di una obbligazione indennitaria
fondata sul presunto passaggio dell’area dal demanio al

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amministrativa, dei confini del demanio marittimo rispetto alle

patrimonio dello Stato), in quanto estranea al

thema

decidendum.
1.4. – Così decidendo, la Corte distrettuale ha fatto buon
governo dell’art. 2909 c.c., fornendo una interpretazione della
portata e del contenuto del giudicato, e della estensione della

giurisprudenza di legittimità.
E’ consolidato il principio secondo cui – posto che il
giudicato va assimilato agli «elementi normativi» e che la sua
interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi
delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, essendo
sindacabili sotto il profilo della violazione di legge gli eventuali
errori interpretativi – il giudice di legittimità può direttamente
accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno con
cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del
processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti
processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto,
indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal
giudice di merito (Cass. sez. un. n. 24664 del 2007). Laddove,
poi, per i fini dell’interpretazione del giudicato, occorre
considerare non soltanto quanto stabilito nel dispositivo della
sentenza, ma anche nella motivazione che la sorregge, potendosi
viceversa far riferimento, in funzione interpretativa, alla
domanda della parte solo in via residuale qualora, all’esito
dell’esame degli elementi dispositivi ed argomentativi di diretta
emanazione giudiziale, persista un’obiettiva incertezza sul
contenuto della statuizione (Cass. n. 24749 del 2014; Cass. n.
24952 del 2015; Cass. n. 24162 del 2017).

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sua efficacia nel presente giudizio, del tutto coerente con la

Inoltre, altrettanto correttamente ed in conformità con la
giurisprudenza di legittimità, la stessa Corte d’appello ha ritenuto
che il giudicato si estenda anche ai presupposti della decisione,
giacché il giudicato sostanziale (art. 2909 cod. civ.) – che, in
quanto riflesso di quello formale (art. 324 cod. proc. civ.), fa

positivo o negativo, del diritto controverso – si forma su tutto ciò
che ha costituito oggetto della decisione, compresi gli
accertamenti di fatto, i quali rappresentano le premesse
necessarie ed il fondamento logico giuridico della pronuncia,
spiegando, quindi, la sua autorità non solo nell’ambito della
controversia e delle ragioni fatte valere dalle parti (cosiddetto
giudicato esplicito), ma estendendosi necessariamente agli
accertamenti che si ricollegano in modo inscindibile con la
decisione, formandone il presupposto, così da coprire tutto
quanto rappresenta il fondamento logico-giuridico della
pronuncia. Pertanto, l’accertamento su un punto di fatto o di
diritto costituente la premessa necessaria della decisione
divenuta definitiva, quando sia comune ad una causa introdotta
posteriormente, preclude il riesame della questione, anche se il
giudizio successivo abbia finalità diverse da quelle del primo ed a
condizione che i due giudizi abbiano identici elementi costitutivi
dell’azione (soggetti,

causa petendi

e

petitum),

secondo

l’interpretazione della decisione affidata al giudice del merito ed
insindacabile in sede di legittimità, ove immune da vizi logici e
giuridici (Cass. sez. un. n. 6689 del 1995; Cass. n. 9685 del
2003; Cass. n. 18791 del 2009).
1.5. – Pertanto, del tutto correttamente, (in mancanza,
altresì, di prova della intervenuta mutazione dei luoghi dopo il

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stato ad ogni effetto fra le parti per l’accertamento di merito,

1988), la ratio decidendi della pronuncia impugnata si fonda sulla
affermazione della non demanialità del complesso occupato dal
Fumagalli (anche per il periodo dal 1988 al 1999), che non ha
(più) le caratteristiche richieste per appartenere al demanio
marittimo; così venendo meno, conseguentemente, il

(per i suddetti periodi) a titolo di indennizzo dovuto per aver
occupato abusivamente “aree demaniali marittime” in Alghero,
Loc. Le Bombarde.
2. – Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono la
«violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.. Nullità della
sentenza (art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.)», là dove la Corte
territoriale ha rigettato l’ulteriore motivo di gravame, con il quale
era stato dedotto che l’ipotetica perdita della demanialità
avrebbe comportato il passaggio dell’area dal demanio al
patrimonio dello Stato, lasciando ferma l’obbligazione
indennitaria.
2.1. – Il motivo non è fondato.
2.2. – Costituisce principio consolidato quello secondo cui,
nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della
domanda, il giudice di merito non è condizionato dalla
formulazione letterale adottata dalla parte (Cass. n. 26159 del
2014; n. 21087 del 2015), dovendo egli tener conto del
contenuto sostanziale della pretesa come desumibile dalla
situazione dedotta in giudizio e dalle eventuali precisazioni
formulate nel corso del medesimo, nonché del provvedimento in
concreto richiesto, non essendo condizionato dalla mera formula
adottata dalla parte (Cass. n. 5442 del 2006; n. 27428 del
2005). L’interpretazione della domanda giudiziale costituisce,

IO

presupposto delle impugnate ingiunzioni di pagamento, intimate

dunque, operazione riservata al giudice del merito (Cass. sez.
un. n. 4617 del 2011), il cui giudizio, risolvendosi in un
accertamento di fatto, non è censurabile in sede di legittimità,
quando sia motivato in maniera congrua ed adeguata avuto
riguardo all’intero contesto dell’atto e senza che ne risulti

quando «col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio
che comporti la nullità del procedimento o della sentenza
impugnata, ed in particolare un vizio afferente alla nullità
dell’atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza
dell’oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo
fondamento, il giudice di legittimità non deve limitare la propria
cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione
con cui il giudice dì merito ha vagliato la questione, ma è
investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i
documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata
proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al
riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in
conformità alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1,
n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4)» (Cass. sez. un. n. 8077
del 2012).
Il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato,
di cui all’art. 112 c.p.c., implica il divieto per il giudice di
attribuire alla parte un bene non richiesto e comunque di
emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella
domanda, ma non osta a che il Giudice renda la pronuncia
richiesta in base a una ricostruzione dei fatti di causa – alla
stregua delle risultanze istruttorie – autonoma rispetto a quella
prospettata dalle parti, nonché in base all’applicazione di una

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alterato il senso letterale (Cass. n. 22893 del 2008). E ciò, salvo

norma giuridica diversa da quella invocata dall’istante (Cass. sez.
un. n. 9147 del 2009).
2.3. – Orbene, la Corte distrettuale ha precisato che
(essendo oggetto di ciascuno dei due giudizi riuniti l’opposizione
alla ingiunzione con la quale era stato richiesto al Fumagalli il

nessuna domanda era stata spiegata, nei due gradi di giudizio, in
ordine all’accertamento della proprietà dell’area occupata dal
Fumagalli, qualora fosse stata ritenuta la perdita del carattere
della demanialità. Sicché, l’assunto in ordine al fatto che tale
perdita avrebbe comportato il passaggio dell’area dal demanio al
patrimonio dello Stato, con sussistenza comunque di una
obbligazione indennitaria, risulta inammissibile in quanto
estraneo al thema decidendum.
Invero, le medesime Amministrazioni ricorrenti, hanno
dedotto di avere domandato, in via riconvenzionale, nei due
giudizi, che il Fumagalli fosse condannato al pagamento delle
somme dovute per l’occupazione senza titolo (ricorso, pag. 12).
Ma la stessa formulazione di siffatta richiesta (che nelle
conclusioni in appello si risolveva, più precisamente, nella
domanda di condanna dell’appellato al pagamento della somma,
«quale corrispettivo per la mancata riconsegna e l’uso dell’area
demaniale»: v. sentenza impugnata, pag. 2) non presuppone
affatto (in assenza ulteriori elementi, non prospettati) che la
domanda riconvenzionale fosse diretta ad accertare anche la
titolarità dell’area in oggetto in relazione alla sua natura di bene
demaniale ovvero patrimoniale dello Stato.
3. – Il ricorso va dunque rigettato. Le spese seguono la
soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Non sussistono i

12

pagamento per la occupazione senza titolo di un’area demaniale)

presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.
13.
P.Q.M.

pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida
in complessivi C 4.200,00, di cui C 200,00 per rimborso spese
vive, oltre al rimborso forfettario spese generali, in misura del
15%, ed accessori di legge. •
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda
sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 marzo
2018.
Il Presidente

Dr. Stefano petitti
i
,i

natio Giudiziario
Iena NERI

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Roma,

2 LUG. 2018

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al

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