Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19548 del 04/8/2017

Cassazione civile, sez. trib., 04/08/2017, (ud. 13/02/2017, dep.04/08/2017),  n. 19548

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 2411/2011 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso 12, l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Studio Legale Tributario dell’avv. prof. G.F. e

Associati, rappresentato e difeso dall’avv. Silvia Pansieri, con

domicilio eletto in Roma, Largo Somalia 67, presso lo studio

dell’avv. Rita Gradara;

– controricorrente –

e sul ricorso iscritto al n. 2411/2012 R.G. proposto da:

Studio Legale Tributario dell’avv. prof. G.F. e

Associati, rappresentato e difeso dall’avv. Silvia Pansieri, con

domicilio eletto in Roma, Largo Somalia 67, presso lo studio

dell’avv. Rita Gradara;

– ricorrente incidentale –

contro

Agenzia delle entrate;

– intimata –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, depositata il 24 novembre 2010;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 febbraio 2017

dal Consigliere Giuseppe Tedesco;

uditi l’avv. dello Stato Dott. GIOVANNI PALATIELLO e per il

contribuente, l’avv.to Edoardo Andrea Savino (su delega);

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale De Renzis Luisa, che ha concluso chiedendo il rigetto del

ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Lo Studio legale tributario F. e Associati ha impugnato il silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria sulla istanza di rimborso dell’Iva pagata sull’acquisto di un veicolo e sulle spese di custodia, riparazione e transito stradale sostenute negli anni 2001, 2002, 2003 e 2004 (Iva indetraibile secondo la legislazione italiana vigente all’epoca, che il contribuente riteneva illegittima per contrasto con la normativa comunitaria).

In particolare il veicolo fu acquistato nel 2001, mentre il rimborso fu chiesto nel febbraio 2005.

Il ricorso, rigettato dalla Commissione tributaria provinciale, è stato parzialmente accolto dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che, pur ritenendo tempestiva l’istanza per tutte le annualità, in quanto proposta nel termine di 48 mesi dal versamento, come previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38,ha accordato solo il rimborso per l’Iva versata per l’acquisto del veicolo; l’ha invece negata, per difetto di prova della dell’inerenza, per le spese di manutenzione e impiego del veicolo.

Contro la sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Il contribuente reagisce con controricorso contenente ricorso incidentale affidato a un unico motivo, con cui deduce la contraddittorietà della sentenza rispetto a un fatto decisivo e controverso per il giudizio. Si sostiene che la Commissione tributaria regionale, dopo aver riconosciuto che l’inerenza della spesa per l’acquisto del veicolo, per non porsi in contraddizione con la premessa, avrebbe dovuto trarre da ciò le debite conseguenze, e riconoscere che erano inerenti anche le spese di manutenzione e utilizzo, pur in assenza di prova analitica che i pedaggi autostradali e i rifornimenti si riferissero specificamente a viaggi e spostamenti necessari allo svolgimento dell’attività professionale dello studio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, del D.P.R. n. 43 del 1988, art. 67, del D.P.R. n. 603 del 1972, art. 38 bis e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21. Si rimprovera alla Ctr di avere ritenuto applicabile al rimborso dell’Iva il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 anche, il quale disciplina in effetti il rimborso delle imposte dirette, mentre per l’imposta sul valore aggiunto, non essendo previsto alcun termine specifico, si applica il termine residuale biennale di decadenza stabilito dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, in virtù del quale, la domanda di restituzione deve essere presentata entro due anni dal pagamento oppure, se posteriore, dal giorno in cui è sorto il diritto alla restituzione.

La Ctr ha ritenuto applicabile al rimborso dell’Iva l’art. 38 cit. sulla base del rilievo che, a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 43 del 1998, la disciplina della riscossione mediante ruolo è stata estesa a una pluralità di tributi precedentemente riscossi in base a ingiunzione, fra i quali anche l’imposta sul valore aggiunto. In forza di tale estensione, secondo la Ctr, si sarebbe resa applicabile all’Iva la disciplina del Titolo 1, capo 2 del D.P.R. n. 602 del 1973, relativa alla riscossione mediante ruolo dell’imposta sui redditi, incluso l’art. 38, che disciplina il rimborso dei versamenti diretti.

Il ragionamento proposto dalla Ctr trascura che il ruolo è il mezzo di riscossione di tutti i tributi per i quali la riscossione non avviene mediante ritenuta alla fonte, o versamento diretto, o in base all’avviso di accertamento e all’atto sanzionatorio esecutivo. La norme del D.P.R. n. 602 riguardano le imposte dirette, ma si applicano anche per la riscossione coattiva delle imposte indirette, con eccezione delle norme che si riferiscono in modo specifico alle imposte dirette, fra cui, appunto, l’art. 38, che disciplina il rimborso delle imposte dirette e non è applicabile all’Iva, a cui si applica, in assenza di disposizione specifica, il termine biennale di decadenza D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21.

Ciò posto, il motivo è fondato. E’ noto che nel nostro ordinamento la detrazione IVA su veicoli a motore ha trovato una serie di misure restrittive, non sempre in linea con la normativa comunitaria. Con la sentenza relativa alla causa C-228/05, Stradasfalti depositata il 14 settembre 2006, la Corte di giustizia UE ha stabilito che i limiti posti dalla legislazione italiana alla detrazione IVA per le autovetture erano contrari alle disposizioni del diritto comunitario: pertanto i contribuenti ai quali la normativa nazionale non aveva consentito di detrarre l’IVA assolta sull’acquisto di autovetture e delle relative spese di impiego (manutenzioni, riparazioni, carburanti e lubrificanti) avrebbero potuto recuperare tale imposta conformemente alle disposizioni contenute nell’art. 17 della sesta direttiva comunitaria (“nella misura in cui i beni e i servizi sono stati impiegati ai fini di operazioni soggette ad imposta”) a partire dal 15 settembre 2006 anche per le annualità pregresse. All’indomani della sentenza della Corte di Giustizia è stato emanato il D.L. 15 settembre 2006, n. 258 con il quale è stato vietato ai contribuenti di portare in detrazione secondo le regole ordinarie l’IVA pagata dal 1 gennaio 2003 al 13 settembre 2006, mentre con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 22 febbraio 2007 sono state individuate due procedure alternative per il recupero della maggior detrazione IVA: una basata sulla determinazione forfetaria del rimborso, da chiedere attraverso l’utilizzo di un apposito modello approvato con il successivo provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate 22 febbraio 2007, da inviare telematicamente entro il 22 ottobre 2007, e l’altra sua determinazione analitica degli importi da chiedere in restituzione.

I contribuenti che non avevano inteso aderire al rimborso nella percentuale forfetaria stabilita dall’Agenzia, ovvero che per un motivo qualsiasi non avevano hanno presentato l’istanza entro il 22 ottobre 2007, avevano la possibilità di dimostrare il diritto ad una detrazione in misura superiore presentando un’apposita istanza ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 da presentarsi entro il 15 novembre 2008 (due anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 258 del 2006).

In conclusione, gli effetti della sentenza sono stati immediati per tutti gli acquisti effettuati dal 14 settembre 2006, mentre per quelli precedenti il decreto legge ha recuperato (a favore dei contribuenti pregiudicati dalla norma dichiarata incompatibile con la norma comunitaria) la detraibilità dell’Iva sugli acquisti di beni e servizi inerenti all’esercizio dell’impresa a partire “dall’1 gennaio 2003 e fino al 13 settembre 2006” (provvedimento Direttore Agenzia delle Entrate del 22 febbraio 2007.

Nei casi in esame il problema riguarda l’Iva versata sull’acquisto del veicolo Mercedes Benz classe E 320 versata in epoca precedente all’1 gennaio 2003 (acquisto avvenuto il 18 giugno 2001).

Se un’imposta è stata pagata in base a una norma nazionale che risulti in contrasto con il diritto dell’UE, l’imposta pagata è da rimborsare, applicando i termini e le procedure di rimborso previste delle norme nazionali. In particolare la domanda di rimborso dell’Iva indebitamente pagata è soggetta al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21: “la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere proposta dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dai giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”.

A questi fini, i tributi dichiarati in contrasto con il diritto comunitario sono equiparati ai tributi fatti in base a norma dichiarata incostituzionale, che è eliminata con effetto retroattivo dall’ordinamento: i pagamenti assumono ex post la qualifica di pagamenti non dovuti, tuttavia il rimborso è escluso quando il pagamento si collega a un rapporto esaurito: con questa espressione ci si riferisce al caso in cui il pagamento è stato effettuato in base a un atto impositivo divenuto definitivo (avviso di accertamento non impugnato, o divenuto definitivo per effetto di sentenza passata in giudicato) o al caso in cui sia scaduto il termine (di decadenza o di prescrizione) entro cui il rimborso deve essere chiesto.

In altre parole le situazioni che consolidano i pagamenti fatti in base a norma incostituzionale (i c.d. rapporti esauriti) valgono anche per l’indebito comunitario, che rimane quindi irripetibile è scaduto il termine per chiedere il rimborso, che decorre anche in questo caso dal pagamento.

Ai sensi dell’art. 2935 c.c. la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cu il diritto può essere fatto valere. Secondo una tradizionale e consolidata interpretazione giurisprudenziale l’impossibilità che impedisce l’esercizio del diritto è solo l’impossibilità giuridica di far valere il diritto, riscontrabile esclusivamente in presenza di impedimenti giuridici. Nessuna rilevanza hanno invece gli impedimenti di fatto, per cui la prescrizione decorre anche se il titolare del diritto è nella impossibilità di esercitarlo per cause non giuridiche.

Fra gli impedimenti di fatto la giurisprudenza annovera anche la preclusione posta da una norma costituzionalmente illegittima e, a maggior ragione, nella presenza di una norma nazionale incompatibile con le norme comunitarie. “Mentre l’accertamento della illegittimità costituzionale di una norma è riservato ad organo diverso dall’autorità giurisdizionale, con la conseguenza che, quando la questione sia sollevata nel corso di un giudizio esso deve essere sospeso fino a quando la questione non sia (L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23), il contrasto tra norma di diritto interno e quella comunitaria può essere rilevato direttamente dal giudice che, sulla base di tale premessa, è tenuto a non darle applicazione, anche quando sia emanata in epoca successiva a quella comunitaria decisa norma” (Cass. S.U., n. 13676 del 2014, dove si precisa che i rilievi proposti sulla decorrenza del termine valgono anche nel caso in cui l’esercizio del diritto sia soggetto a un termine di decadenza).

In applicazione di tali principi questa Suprema corte, proprio in relazione al rimborso dell’Iva sugli acquisti dei veicoli, ha chiarito che relativamente agli acquisti effettuati prima del 1 gennaio 2003 (quelli successivi hanno beneficiato del D.L. n. 258 del 2006), il termine di decadenza D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21 decorre dalla data del pagamento (Cass. n. 8373/2015; n. 9034/2015).

Ne consegue, sgombrato il campo dal riferimento al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, erroneamente operato dalla Ctr, che il rapporto nel caso di specie era esaurito, in quanto l’istanza del contribuente fu proposta il 18 febbraio 2005 in relazione a Iva versata nel 2001.

Il motivo va pertanto accolto, restandone assorbito il secondo motivo, il quale ripropone la medesima questione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Va invece rigettato il ricorso incidentale proposto dallo studio legale contribuente. Ovviamente, dopo quanto chiarito sopra a proposito della distinzione che deve farsi fra acquisti anteriori e, successivo all’1 gennaio 2003, fra la annualità richieste cui si riferisce l’istanza di rimborso (2001-2004) il problema si pone solo per l’annualità 2003 e 2004, essendo per le annualità precedenti l’istanza tardiva per le stesse considerazioni fatte con riferimento alla vettura.

La tesi sostenuta nel controricorso è che l’inerenza dell’acquisto della vettura, riconosciuta dalla Commissione tributaria regionale, portava con sè l’inerenza delle spese di manutenzione e di utilizzo, pure in difetto di una prova specifica, che erroneamente i giudici d’appello avrebbero preteso.

A questo rilievo è facile obiettare che la premessa, e cioè la rimborsabilità dell’Iva sull’acquisto del veicolo, è stata vittoriosamente attaccata dal Fisco con il primo motivo di ricorso; e conseguentemente, venuta meno la premessa, la deduzione logica che il controricorrente vorrebbe trarre dalla sentenza impugnata è rimasta priva di supporto. In verità si sostiene che l’inerenza della spese di acquisto della vettura, riconosciuta dalla Ctr, non è stata attaccata dall’Agenzia delle entrate, per cui essa sarebbe un dato oramai acquisito, di cui non potrebbe non tenersi conto ai fini della valutazione della inerenza degli altri costi.

Ma si può replicare che non esiste una nozione astratta di inerenza, dissociata dalla specifica conseguenza che la legge prevede. La riconosciuta inammissibilità della istanza del rimborso per decorso del termine ha eliminate totalmente l’accertamento contenuto in sentenza anche con riferimento alla inerenza del costo.

In assenza della denuncia di altri vizi motivazionali, il ricorso incidentale è infondato, dovendosi ancora sottolineare, per completezza di esame, che la premessa del ragionamento del contribuente è comunque arbitraria: l’inerenza del costo di utilizzo doveva essere comunque provata dal contribuente; e inoltre che la valutazione negativa della Commissione tributaria regionale ha riguardato a monte anche la riconducibilità delle spese alla vettura per il cui acquisto si pretendeva il rimborso dell’Iva: il che costituisce ulteriore e definitiva ragione di infondatezza del ricorso incidentale, che va pertanto rigettato.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la Corte può decidere nel merito, rigettando l’istanza di rimborso dell’Iva pagata sull’acquisto dei veicolo, con compensazione delle spese del giudizio di merito.

PQM

 

accoglie il primo motivo del ricorso principale; dichiara assorbito il secondo; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza e, decidendo nel merito, rigetta l’istanza del contribuente di rimborso dell’Iva assolta sull’acquisto dei veicolo; dichiara interamente compensate le spese del giudizio di merito; condanna il controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.900,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2017

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