Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19547 del 26/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19547 Anno 2013
Presidente: UCCELLA FULVIO
Relatore: AMATUCCI ALFONSO

SENTENZA

sul ricorso 4296-2008 proposto da:
GIOVANNINI

MARIO

GVNMRA24D02A3920,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PREMUDA 18, presso lo studio
dell’avvocato RICCI EMILIO NICOLA, che lo rappresenta
e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2013
1492

GUGLIELMI

ANGELO

GGLNGL36A18H5010,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FASANA, 16, presso lo studio
dell’avvocato RAMPIONI RICCARDO, che lo rappresenta e
difende giusta delega in atti;

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Data pubblicazione: 26/08/2013

- controricorrente

avverso la sentenza n. 4477/2007 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 30/10/2007 R.G.N. 3753/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/06/2013 dal Consigliere Dott. ALFONSO

udito l’Avvocato RICCARDO RAMPIONI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

2

AMATUCCI;

FATTI DELLA CAUSA

1.-

Con sentenza divenuta irrevocabile nel 1995 Mario

Giovannini fu condannato alla pena di due anni e sei mesi di
reclusione per il delitto di concussione in danno di Angelo
Guglielmi, per averlo indotto a farsi consegnare, in più rate
lire 2.300.000.000 per rendere

possibile la vendita di immobili alla Direzione generale del
Tesoro-Istituti

di

previdenza,

del

cui

consiglio

di

amministrazione il Giovannini era componente. Fu anche
condannato al risarcimento del danno, da liquidarsi in separata
sede.
2.- Nel 2003 il Guglielmi lo convenne dunque in giudizio per la
liquidazione ed il Giovannini resistette.
Con sentenza del 26.1.2005 il Tribunale di Roma condannò il
Giovannini al pagamento di C 1.264.208,56, oltre agli accessori,
di cui C 76.357,69 a titolo di risarcimento del danno non
patrimoniale.
3.-

L’appello del Giovannini è stato rigettato dalla Corte

d’appello di Roma con sentenza n. 4477 del 2007, avverso la
quale egli ricorre per cassazione affidandosi a tre motivi, cui
resiste con controricorso il Guglielmi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.-

Col primo motivo

– deducendo violazione degli artt.

18,20,345 e 346 c.p.c. – il ricorrente si duole che la Corte
d’appello abbia rigettato il motivo di gravame relativo
all’esclusa incompetenza territoriale del Tribunale sull’erroneo

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sino al luglio del 1992,

rilievo che solo in appello era stato invocato il foro generale
della persona fisica e che

“tale omessa indicazione rende

operativa la competenza del forum delicti ovvero del luogo ove è
sorta l’obbligazione derivante dal reato e dove è stata
consumata la condotta illecita, a norma dell’art. 20 c.p.c.”.

questo, l’accoglimento del motivo, ma solo la correzione della
motivazione, giacché i fori speciali di cui all’art. 20 c.p.c.
sono concorrenti con quello generale di cui all’art. 18 c.p.c.
per legge e non in relazione al momento in cui sia stato
invocato il foro generale della persona fisica.
Va detto piuttosto che l’eccezione di incompetenza del giudice
adito, proprio perché è rimessa all’attore la scelta tra l’adire
il giudice del foro generale o uno di quelli dei fori
facoltativi, deve riferirsi a tutti i possibili criteri di
collegamento concorrenti e non solo a quello generale. E il
ricorrente non solo non afferma che questo sia avvenuto, ma
erroneamente prospetta una sorta di insussistente scala di
priorità a favore del foro generale.
2.- Col secondo motivo la sentenza è censurata per violazione e

falsa applicazione dell’art. 651 c.p.p., 2043, 2059, 2697, 1226
c.c., 115 e 116 c.p.c. nonché per ogni possibile tipo di vizio
della motivazione per avere la Corte d’appello affermato:
– a) quanto al danno patrimoniale, che

“dal giudicato penale

deriva non solo la generica condanna al risarcimento del danno
ma la indicazione analitica e circostanziata – delle

4

1.1.- L’affermata tempestività dell’eccezione non comporta, per

operazioni estorsive commesse e dei versamenti di denaro
ottenuti dal convenuto in esecuzione del disegno criminoso come
descritto nel capo di imputazione sostanzialmente ammesso e
comunque costituente fatto materiale e storico coperto dal
giudicato Non venendo dunque in discussione l’importo

1.187.850,87, non può sussistere alcun ulteriore onere
probatorio in capo all’attore, derivando la dimostrazione del
quantum dal fatti storici acclarati dal giudicato penale e dalla
esistenza del nesso di causalità materiale tra condotta illecita
e pagamento della somma”. Si sostiene che tanto sia erroneo, non
in fatto (al di là del denunciato vizio della motivazione), ma
in diritto.
– b) quanto al danno non patrimoniale, che

“il tribunale ha

fornito ampia ed esauriente motivazione delle ragioni che lo
hanno indotto a ritenere sussistente e monetizzare
evidentemente con criterio necessariamente equitativo – questa
voce risarcitoria, facendo peraltro riferimento alla condotta
del convenuto sotto il profilo processuale e considerando la
particolare gravità dell’illecito e delle conseguenze dannose
prodottesi”.
2.1.-

L’assoluta

della

evidenza

correttezza

delle

considerazioni della sentenza impugnata (sopra riportate sub a),
esime dall’analitico scrutinio degli inconferenti precedenti
giurisprudenziali citati dal ricorrente. Non occorre infatti
spiegare perché, sulla base delle disposizioni richiamate, il

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illecitamente percepito nella accertata misura di euro

danneggiato dal reato di concussione che agisca in sede civile
anche per la restituzione della somma di denaro versata a chi
sia stato ritenuto responsabile in sede penale per averla
ricevuta (e condannato al risarcimento dei danni da liquidarsi
in separata sede), non abbia poi bisogno di provare in sede

ammontare, il giudice penale abbia già accertato essere stata da
lui data e dal reo ricevuta. Basti dire che quando
“l’accertamento della sussistenza del fatto” – cui ha riguardo
l’art. 651, primo comma, c.p.p. – attiene anche all’elemento del
quantum,

allora, nei limiti di quell’accertamento, la sentenza

penale ha evidentemente efficacia di giudicato nel giudizio
civile per le restituzioni e per il risarcimento.
Quanto poi al quesito di diritto col quale implicitamente si
nega che tanto valga anche per la sentenza pronunciata a seguito
del giudizio abbreviato, la risposta negativa al quesito è nel
secondo comma dell’art. 651, comma 2, c.p.p., laddove parifica
gli effetti della sentenza pronunciata a norma dell’art. 442.
2.2.-

Per quel che concerne il danno non patrimoniale, si

assume del tutto apoditticamente che quanto affermato dalla
Corte territoriale (e riportato

sub

b) sia in contrasto coi

principi enunciati da Cass., nn. 8827 e 8828 del 2003 e
12767/1998. Non è soprattutto chiarito quale tipo di prova
specifica si assume che il ricorrente avrebbe potuto dare e non
aveva invece dato.

6

civile di aver consegnato proprio la somma che, nel suo preciso

3.-

Il terzo motivo – col quale è denunciato ogni possibile

tipo di vizio della motivazione sulla esclusa

compensati° lucri

cum damno – non può avere ingresso per l’assorbente ragione che
è inammissibile per assoluto difetto del momento di sintesi
prescritto dall’art. 366

bis

c.p.c., applicabile

ratione

E’ noto, infatti, che la citata disposizione va interpretata
nel senso che, per i vizi di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c.,
occorre, sempre a pena di inammissibilità, uno specifico
passaggio espositivo del ricorso che, con articolazione
conclusiva e riassuntiva

(ex multis,

Cass., sez. un., n.

20603/2007 e Cass. n. 27680/2009), indichi chiaramente, in modo
sintetico ed autonomo rispetto al tenore testuale del motivo, il
fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si
assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali
la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione

(ex coeteris,

Cass. nn. 1602/2007 e

27680/2009). E’ stato anche chiarito che tale requisito non può
ritenersi rispettato quando solo la completa lettura
dell’illustrazione del motivo consenta di comprendere il
contenuto ed il significato delle censure (Cass n. 16002/2007).
4.- Il ricorso è respinto.

Le spese, da liquidarsi in base al valore della causa
determinato dalla domanda, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

7

temporis.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che
liquida in C 20.200, di cui 20.000 per compensi, oltre agli
accessori di legge.

Roma, 25 giugno 2013

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