Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19546 del 26/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19546 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA

sul ricorso 30725-2011 proposto da:
IACONI ANTONIETTA CNINNT42R53H321G,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ATTILIO FRIGGERI 106, presso
lo studio dell’avvocato TAMPONI MICHELE, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato PEROZZI
CRISTINA giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

1371

ASCANI ANTONIO SCNNTN55D22D210M, COMUNE GROTTAMMARE ;
– intimati I.

Nonché da:

1

Data pubblicazione: 26/08/2013

ASCANI

ANTONIO

SCNNTN55D22D210M,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 34, presso lo
studio dell’avvocato PETRUCCI FRANCESCO,
rappresentato e difeso dall’avvocato EMILIO FAENZA
giusta delega in atti;

contro

IACONI ANTONIETTA CNINNT42R53H321G,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ATTILIO FRIGGERI 106, presso
lo studio dell’avvocato TAMPONI MICHELE, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato PEROZZI
CRISTINA giusta delega in atti;
controricorrente all’incidentale nonchè contro

COMUNE GROTTAMMARE ;
– intimato –

avverso la sentenza n. 581/2011 della CORTE D’APPELLO
di ANCONA, depositata il 16/07/2011 R.G.N. 524/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

14/06/2013

dal

Consigliere

Dott.

ANNAMARIA AMBROSIO;
udito l’Avvocato MICHELE TAMPONI;
udito l’Avvocato CRISTINA PEROZZI;
udito l’Avvocato EMILIO FAENZA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per

– ricorrente incidentale –

il rigetto del ricorso principale, assorbito il

ricorso incidentale.

3

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata in data 14.06.2002 Antonio Ascani
– premesso che si era reso aggiudicatario del lotto n. 2 sito
in strada provinciale Valtesino in agro di Grottammare di
proprietà del Comune di Grottammare, giusta determinazione in

di prelazione da parte degli affittuari conveniva in
giudizio innanzi al Tribunale di Fermo il Comune di
Grottammare e Antonietta Iaconi, per sentir dichiarare la
nullità o il mancato perfezionamento della compravendita,
avente ad oggetto i terreni di cui al suddetto lotto n.2,
stipulata dai convenuti con rogito per notar Albino Farina in
data 13.02.2002, contestando che la Iaconi avesse i requisiti
per esercitare la prelazione ovvero potesse avvalersi delle
rinunce degli altri affittuari ad esercitare la prelazione.
L’attore chiedeva, dunque, di accertare e dichiarare la
legittimità e validità del provvedimento di aggiudicazione in
suo favore, con conseguente trasferimento della proprietà del
bene ad esso istante; in subordine chiedeva di accertare la
legittimità dell’esercizio del diritto di prelazione da parte
della Iaconi limitatamente al fondo dalla stessa coltivato e
non in relazione all’intero lotto n.2 e, dunque, la nullità ex
art. 1418 e 1419 cod. civ. della compravendita limitatamente
al trasferimento dei terreni costituenti il lotto n. 2 non
coltivati dalla Iaconi, con conseguente riconoscimento del
proprio diritto di assegnatario definitivo della consistenza
del lotto residuo.

Resistevano entrambi i convenuti; in particolare la Iaconi

4

data 20.09.2001, condizionata al mancato esercizio del diritto

deduceva la sussistenza dei presupposti per l’esercizio del
diritto di prelazione, avuto riguardo alla rinuncia degli
altri affittuari e in considerazione della natura di unità
culturale da attribuirsi al lotto n. 2 per caratteristiche
naturali e destinazione d’uso da tempo immemorabile.

n.901/2003 con la quale il Tribunale di Fermo dichiarava
l’attore unico proprietario del lotto oggetto di controversia,
per averlo acquistato dal Comune di Grottammare,
riconoscendogli il conferimento della proprietà a condizione
del versamento del prezzo in favore del Comune alienante;
condannava, quindi, Antonietta Iaconi a rilasciare il fondo
all’attore.
La decisione, gravata da impugnazione della Iaconi, era
confermata dalla Corte di appello di Ancona, la quale con
sentenza in data 16.07.2011, nella contumacia del Comune di
Grottammare, rigettava l’appello e condannava l’appellante al
rimborso delle spese in favore della Iaconi
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
Antonietta Iaconi, svolgendo sette motivi.
Ha resistito Antonio Ascani, depositando controricorso e
svolgendo, a sua volta, ricorso incidentale condizionato,
affidato a unico motivo.
Dal canto suo la ricorrente principale ha depositato
controricorso avverso il ricorso incidentale condizionato,
nonché memoria.

moTrvI
.

DELLA DECISIONE

l. Preliminarmente si dà atto che i ricorsi, proposti in

5

La causa, istruita con una c.t.u., era decisa con sentenza

via principale e incidentale avverso la stessa decisione, sono
riuniti ex art. 335 cod. proc. civ..
1.1. Per ragioni di ordine logico deve essere esaminato per
primo il ricorso incidentale (condizionato), con il quale si
denuncia violazione o falsa applicazione degli artt.324 e 330

n. 1229 e dell’art. 82, co.1 r.d. 22.01.1934 n. 37 (art. 360
n.3 cod. proc. civ.), nonché insufficiente o contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio (art. 360 n.5 cod. proc. civ.)
1.1.1. Il ricorso riguarda il punto della decisione
impugnata, in cui è stata rigettata l’eccezione di
inammissibilità dell’appello formulata dall’Ascani sul
presupposto della nullità della relativa notificazione per
incompetenza dell’Ufficiale giudiziario – quello addetto al
Tribunale di Fermo, anziché quello addetto alla sezione
distaccata di Sant’Elpidio a mare che provvide alla
notificazione dell’atto di gravame a mezzo posta presso il
domicilio eletto dall’originario attore in Porto Sant’Elpidio
a mare.
L’eccezione è stato respinta sulla base di un duplice
ordine di considerazioni, e cioè, sia perché l’eventuale causa
di nullità – afferendo non già all’atto di appello, ma alla
sua notificazione risultava sanata per effetto della
costituzione dell’appellato, sia perché, nella specie, non era
neppure ravvisabile una questione di competenza nei rapporti
tra la sede distaccata e quella principale dello stesso
Tribunale.

6

cod. proc. civ., degli artt. 106 e 107 del d.p.r. 15.12.1959

1.1.2. In contrario senso il ricorrente assume -quanto alla
pretesa sanatoria – che la propria costituzione era avvenuta
dopo la scadenza dei termini per appellare, al solo fine di
far valere la nullità; deduce, inoltre, l’inapplicabilità,
nella specie, di principi elaborati dalla giurisprudenza con

tema di competenza del giudice; osserva che in ogni caso
l’argomento si pone in contraddizione con l’altra
considerazione svolta dalla Corte di appello in punto di
sanatoria, che presupporrebbe la nullità.
1.2. Il ricorso incidentale, ancorché condizionato, verte
dunque su una questione pregiudiziale di rito.
Orbene, questa Corte ha già affermato che il principio

secondo cui il ricorso incidentale della parte totalmente
vittoriosa nel merito, anche se condizionato, deve essere
esaminato in via prioritaria quando investe una questione
pregiudiziale di rito o preliminare di merito non è
applicabile ove detta questione sia stata affrontata e decisa
dal giudice di merito, in quanto in tal caso la questione
cessa di essere rilevabile d’ufficio e il suo esame postula la
proposizione di una impugnazione, ammissibile soltanto in
presenza di un interesse che, con riferimento alla parte
totalmente vittoriosa, sorge esclusivamente in presenza della
fondatezza del ricorso principale, onde quest’ultimo va
esaminato per primo (Cass. civ., Sez. I, 28/01/1999, n. 738,
Cass., 29 maggio 1998, n. 5306). Senonchè nel caso in esame,
come si vedrà in prosieguo, deve trovare accoglimento il
.

secondo motivo del ricorso principale, e tale dato è

7

riguardo ai rapporti tra sede principale e sede distaccata in

valutabile fin da questo momento, attese la unitarietà e la
contestualità della decisione; con la conseguenza che risulta
più rispondente all’ordine logico esaminare per primo il
ricorso incidentale, essendo già apprezzabile l’interesse del
soggetto che l’ha proposto.

accoglimento.
Prima di ogni altra considerazione va osservato che,
trattandosi di una questione di diritto, la censura del vizio
motivazionale è inammissibile; e ciò perché il vizio di
motivazione, denunciabile come motivo di ricorso per
cassazione

ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., può concernere

esclusivamente l’accertamento e la valutazione dei fatti
rilevanti ai fini della decisione della controversia, non
anche l’interpretazione e l’applicazione delle norme
giuridiche, suscettibili di sostituzione o rettifica

ex art.

384, secondo comma, cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. Unite,
25 novembre 2008, n. 28054).
Inoltre la censura di violazione di legge è manifestamente
infondata.
Innanzitutto la limitazione, posta dall’art 107, secondo
comma, d.P.R. 15 dicembre 1959, n 1229, della competenza degli
ufficiali giudiziari agli atti relativi ad affari di
competenza delle autorità giudiziarie della sede alla quale
essi sono addetti, opera solo ove tali atti debbano essere
notificati a persone residenti fuori della loro circoscrizione
territoriale; qualora, invece, la notificazione degli atti
medesimi debba essere eseguita a persone residenti entro la

8

1.3. Il detto ricorso incidentale non merita, comunque,

loro circoscrizione, tale restrizione della competenza non
sussiste, in quanto l’art 106 d.P.R. cit. dispone che
l’ufficiale giudiziario compie con attribuzione esclusiva gli
atti del proprio ministero nell’ambito territoriale ove ha
sede l’ufficio cui è addetto (Cass. 29 febbrario 2012, n.

non è configurabile una questione di competenza territoriale
nei rapporti tra sede distaccata e sede principale di un
medesimo ufficio giudiziario – l’Ufficiale giudiziario addetto
al Tribunale di Fermo era competente ad eseguire la notifica
in Porto San Elpidio, trattandosi di luogo compreso nella
circoscrizione del Tribunale di Fermo.
Merita

aggiungere

che

la

competenza

dell’Ufficiale

giudiziario di Fermo sussisteva anche sotto altro concorrente
profilo; e ciò in quanto gli ufficiali giudiziari sono
abilitati ad eseguire anche fuori della loro circoscrizione
territoriale, per mezzo del servizio postale,

«la

notificazione degli atti relativi ad affari di competenza
delle autorità giudiziarie della sede alla quale sono addetti
» (d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 107). A tali effetti
l’ufficiale giudiziario presso il Tribunale di Fermo deve
ritenersi competente alla notificazione dell’atto di appello
anche

in quanto addetto alla sede del giudice che aveva

pronunciato la sentenza impugnata (per l’appunto il Tribunale
di Fermo).
In disparte la considerazione, assolutamente tranciante,
che l’eventuale nullità della notificazione sarebbe risultata,
comunque, sanata con efficacia

9

ex tunc

a seguito della

3125). E poiché – come evidenziato dalla Corte territoriale

costituzione dell’appellato. Invero il principio, sancito in
via generale dall’art. 156, comma terzo, cod. proc. civ.,

secondo il quale la nullità non può essere mai pronunciata se
l’atto ha raggiunto lo scopo cui è destinato, vale anche per
le notificazioni, con la conseguenza che la costituzione in

eccepire la nullità della notificazione dell’atto
introduttivo, produce una sanatoria del vizio con efficacia
retroattiva che esclude ogni decadenza

(ex multis

Cass. 02

maggio 2006, n. 10119).
Il ricorso incidentale va, dunque, rigettato, per cui
occorre procedere all’esame del ricorso principale.
2. Con il primo motivo di ricorso si denuncia insufficiente
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio (art. 360 n.5 cod. proc. civ.).
2.1. Il motivo riguarda il punto della decisione in cui la
Corte di appello ha escluso che sussistesse a favore della
Iaconi il diritto di accrescimento di cui all’art. 8 comma 9
della legge n. 590/1965, nonostante la rinuncia degli altri
affittuari o che la prelazione dell’intero fondo potesse
trovare fondamento nell’ultimo comma dell’art. 7 legge n.
817/1971, atteso che il lotto rispetto al quale era stato
esercitato la prelazione era suddiviso in tre distinte
porzioni, riferibili a distinti rapporti agrari, tra cui non
sussisteva alcun collegamento o interdipendenza. A tali
effetti la Corte di appello – precisato che il lotto n.2,
neppure nella sua interezza, era caratterizzato da

un’omogeneità strutturale e funzionale, tale da costituire

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giudizio del convenuto, anche se intervenuta al solo scopo di

un’impresa agricola – ha evidenziato, sulla base delle
emergenze della c.t.u.: che le tre porzioni risultavano
diversamente coltivate (posto che, in una, quella affittata
alla Iaconi, erano stati seminati girasoli, in altra,
affittata a Girolamo Pignotti, c’erano un prato di erba medica

Olivieri erano visibili resti di stoppie di frumento
raccolto); che la conduzione separata non pregiudicava la
coltivazione del fondo, né comportava l’imposizione di oneri o
servitù, attesa la possibilità di autonomo accesso e
coltivazione a ciascuna porzione; che ogni eventuale forma di
conduzione collettiva (riferita dal c.t.u. solo sulla base di
quanto appreso dalle parti interessate) non poteva che
ricondursi ad una scelta soggettiva e non costituiva
un’imprescindibile conseguenza della pretesa unitarietà del
lotto, non desumibile neanche dall’utilizzo di attrezzature e
fabbricati in comune; che neppure i contratti di affitto
rivelavano un qualsivoglia collegamento genetico o funzionale.
2.2. I presupposti di diritto da cui muove la decisione
impugnata sono conformi alla giurisprudenza di questa Corte
regolatrice, secondo cui il diritto di prelazione spettante al
coltivatore diretto insediato su un fondo in virtù di un
contratto di affitto sussiste solo con riferimento alla parte
del fondo condotto in base al rapporto agrario, senza alcuna
possibilità di estensione ad altra parte, condotta, in virtù
di distinto contratto, da altro coltivatore che abbia
rinunciato alla prelazione, spettando tale accrescimento del
.

diritto di prelazione, in sostituzione di altro coltivatore

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e piante d’olivo e, nell’altra, ancora, in affitto a Delia

che abbia rinunziato alla prelazione, solo nell’ipotesi che il
fondo venga condotto collettivamente da più coltivatori in
base ad un unico contratto agrario (Cass. 08 ottobre 1990, n.
9871) ovvero anche qualora tali soggetti, ancorché in forza di
distinti rapporti agrari, coltivino porzioni di un unico

fra loro interdipendenti e strutturalmente collegate, per cui
la prelazione ed il riscatto limitati alla singola porzione
sarebbero tali da incidere sulle possibilità di coltivazione
del complesso, unitariamente considerato (Cass. 28 novembre
1988, n. 6401). E’ stato altresì affermato che in tema di
prelazione agraria, a differenza dell’art. 8, comma 9, 1.
590/1965 – che nell’ipotesi di vendita di un fondo coltivato
da una pluralità di affittuari in forza di un unico contratto
o con contratti collegati ed interdipendenti stabilisce che la
prelazione debba essere esercitata da tutti congiuntamente,
con diritto di accrescimento in caso di rinuncia di taluni e
sempreché sussista una sufficiente capacità lavorativa – la
disposizione dell’art. 7, ultimo comma, l. n. 817 del 1971,
prevedendo che nel caso di vendita di più fondi – cioè di
appezzamenti di terreno, ognuno dei quali integra una distinta
ed autonoma entità, oggetto di una distinta convenzione – ogni
affittuario possa esercitare il diritto di prelazione o
singolarmente rispetto al fondo da lui coltivato o
congiuntamente con gli altri per l’intero complesso dei fondi,
non comporta in quest’ultima ipotesi una contitolarità
necessaria ed originaria del diritto di prelazione a favore
dei vari affittuari con la conseguenza che, in mancanza di una

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appezzamento, appartenente al medesimo proprietario, che siano

espressa previsione normativa e data la diversità di
situazione, non trova applicazione il principio
dell’accrescimento di cui al citato art. 8 l. n. 590 del 1965,
qualora il diritto di prelazione di taluno non sussista o
venga comunque meno (Cass. 22 aprile 1988, n. 3120).

l’esattezza di siffatti principi di diritto, ma ne contesta la
loro esatta applicazione, sul presupposto che la Corte di
appello abbia errato ad escludere

nella fattispecie concreta

l’unicità dei terreni costituenti il lotto n.2 di cui si
discute, nonchè l’unitarietà della relativa conduzione,
svolgendo sul punto una motivazione insufficiente, siccome
basata sulla valorizzazione solo di alcuni dati emergenti
dalla c.t.u. con totale «ablazione» di altri che condurrebbero
a conclusioni opposte, quali: il fatto che in passato l’intero
lotto n. 2 era stato oggetto di affitto unitario; che i vari
affittuari facevano parte della stessa famiglia Pignotti; che
le tre porzioni erano state condotte prima a mezzadria e poi
in affitto con gestione comune dai fratelli Pignotti; che la
vendita congiunta dei tre frammenti era stata deliberata dal
Comune per il miglior perseguimento dell’interesse pubblico,
proprio alla luce dell’unitarietà del fondo.
2.4. Orbene va, innanzitutto, osservato che – come emerge
dalla sintesi sopra riportata -la motivazione della decisione
impugnata è, sul punto, più che esauriente, evidenziando
un’accurata analisi del materiale emergente dall’istruttoria
espletata. Gli argomenti svolti da parte ricorrente riguardano
essenzialmente circostanze di fatto non sindacabili in sede di

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2.3. Il motivo di ricorso non pone in discussione

legittimità, che sono stati peraltro adeguatamente esaminate
dalla Corte di appello, opponendovi, quanto alla gestione
unitaria, che si trattava di mere allegazioni di parte,
passivamente recepite dal c.t.u. e, quanto agli altri
elementi, che sussistevano precisi e significativi riscontri

dell’esercizio del diritto di prelazione) l’autonomia
economica e giuridica delle tre distinte porzioni, oggetto di
distinti rapporti agrari, attesa l’assenza di qualsiasi
collegamento genetico e funzionale nei contratti di cui
trattasi, l’autonoma fruibilità delle distinte porzioni
corrispondenti ai distinti rapporti agrari e, in concreto,
l’autonoma fruizione delle stesse porzioni, quale evidenziata
dalle distinte coltivazioni.
Si rammenta che ogni giudizio implica l’analisi di una più
o meno ampia mole di elementi di segno non univoco e che
l’individuazione, nel loro ambito, di quei dati che per
essere obiettivamente più significativi, coerenti tra di loro
e convergenti verso un’unica spiegazione – sono in grado di
superare obiezioni e dati di segno contrario, di fondare il
convincimento del giudice e di consentirne la
rappresentazione, in termini chiari e comprensibili è compito
esclusivamente riservato al giudice del merito. In tale
prospettiva non rileva che alcuni elementi emergenti nel
processo e invocati da parte ricorrente siano in contrasto con
alcuni accertamenti e valutazioni del giudice o con la sua
ricostruzione complessiva e finale dei fatti: ciò in quanto il

controllo in sede di legittimità sul giudizio di fatto del

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fattuali attestanti (quantomeno in relazione al momento

giudice di merito non può spingersi fino alla rielaborazione
dello stesso alla ricerca di una soluzione alternativa
rispetto a quella ragionevolmente raggiunta, da sovrapporre,
quasi a formare un terzo grado di giudizio di merito, a quella
operata nei due gradi precedenti, magari perché ritenuta la

nei limiti segnati dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. (cfr.
Cass. 21 aprile 2009 n. 9477; Cass. 6 marzo 2008 n. 6064).
Ciò considerato, ritiene il Collegio che il motivo, pur
denunciando, apparentemente, una deficiente motivazione della
sentenza di secondo grado, sollecita una nuova valutazione
delle risultanze fattuali del processo ad opera di questa
Corte, inconciliabile con la natura del giudizio di
legittimità.
Il motivo, va dunque, rigettato.
3. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione
o falsa applicazione dell’art. 8 legge 26 maggio 1965 n.590
(art. 360 n.3 cod. proc. civ.).
3.1. Il motivo si incentra sul punto della decisione
impugnata, con il quale la Corte di appello, muovendo dalla
considerazione che la Iaconi avrebbe avuto diritto di
esercitare la prelazione limitatamente alla porzione del fondo
condotta in affitto, è pervenuta alla conferma della decisione
di primo grado, che aveva dichiarato la nullità dell’atto di
trasferimento dell’intero fondo, per la considerazione che «la
prelazione non è stata correttamente ed efficacemente
esercitata poiché non è stato richiesto lo scorporo
dell’appezzamento del maggior lotto posto in vendita»

15

(cfr.

migliore possibile, dovendosi viceversa muovere esclusivamente

pag. 24 della sentenza impugnata). In particolare, secondo la
Corte territoriale, la mancanza di una rituale

denuntiatio,

riguardante la singola porzione detenuta in affitto,

«avrebbe

potuto legittimare la Iaconi ad esercitare la prelazione
nell’ambito del presente giudizio»

(cfr. pag. 25 della

primo grado a chiedere di accertare il valido esercizio della
prelazione agraria, reclamando solo con l’atto di appello, in
via subordinata l’aggiudicazione del lotto n. 2

«per la parte

oggetto del contratto di affitto agrario».
3.2. In contrario senso parte ricorrente osserva che anche a volere muovere dal (contestato) presupposto
dell’irritualità della

denuntiatio

del Comune perché

comprensiva di distinti fondi – non per questo il lotto n.2
poteva essere attribuito per l’intero all’Ascani; in
particolare evidenzia come l’erroneo ragionamento seguito
dalla Corte territoriale abbia comportato la paradossale
conseguenza di spogliare la coltivatrice del fondo del diritto
di prelazione relativo alla porzione goduta in affitto, anche
perché la stessa non avrebbe potuto mai agire per il riscatto
parziale di un fondo che le era già pervenuto in proprietà;
per altro verso, rileva che la Corte territoriale non ha
considerato che l’attore non si era limitato a invocare la
nullità dell’atto di compravendita, ma aveva richiesto, in
subordine, la dichiarazione di nullità parziale dello stesso
atto.
3.3. Il motivo è fondato nei termini che si preciseranno di
seguito.

16

sentenza), mentre la predetta si era limitata nel corso del

Va premesso che l’originario attore aveva proposto due
domande, avendo chiesto: in via principale, di accertare
l’insussistenza dei presupposti per l’esercizio del diritto di
prelazione da parte della Iaconi e, comunque, l’indebito
esercizio del diritto di prelazione (in conformità alla

costituito da distinti appezzamenti di terreno, oggetto
ciascuno di distinti rapporti agrari (cfr. pag. 16 della
decisione impugnata) e, correlativamente, di dichiarare la
nullità

ex

art. 1418 cod. civ. per contrarietà a norme

imperative e la giuridica inefficacia della compravendita
intercorsa tra il Comune e la Iaconi; in via subordinata,
nell’ipotesi che venisse accertato e dichiarato che il diritto
di prelazione poteva essere esercitato dalla Iaconi
limitatamente al fondo dalla stessa coltivato, di dichiarare
la nullità parziale

ex

artt. 1418 e 1419 cod. civ. dello

stesso contratto e, correlativamente, di dichiarare
l’inefficacia della compravendita

«limitatamente al

trasferimento dei terreni costituenti il lotto n. 02 non
coltivati dalla Iaconi e del sovrastante fabbricato colonico
…»: conclusioni, subordinate, ribadite in appello (cfr. pag. 5
della sentenza).
Dal canto suo la convenuta si era opposta chiedendo il
rigetto della domanda.
In altri termini l’oggetto del decidere era

non già il

riconoscimento in via giudiziale del diritto di prelazione
(tantomeno di riscatto) della Iaconi – bensì la legittimità o

meno

della

intercorsa

compravendita

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in

forza

del

denuntatio del Comune) in ordine all’intero lotto n.2, siccome

riconoscimento,

in via convenzionale,

del diritto di

prelazione. Sotto questo profilo non è corretto il rilievo,
contenuto nella decisione impugnata, secondo cui la Iaconi, a
fronte della irrituale denuntiatio sarebbe stata legittimata a
«esercitare la prelazione nell’ambito del presente giudizio»;

territoriale, che la convenuta solo in grado di appello avesse
chiesto, in subordine, l’aggiudicazione della

«porzione

del

lotto n.2 oggetto del proprio contratto di affitto agrario»,

giacchè qui non si verte in tema di domande nuove in appello.
Invero la prelazione era stata esercitata dalla Iaconi
dal processo e ciò che era in contestazione

fuori

nel processo era

la legittimità di tale condotta, totalmente estranea ad una
vicenda giudiziale. In tale contesto il fatto che la Iaconi,
nel primo grado del giudizio, avesse dedotto la legittimità
del diritto di prelazione (come convenzionalmente riconosciuto
ed esercitato) con riguardo all’intero fondo non si pone sul
piano delle domande, ma delle mere difese.
D’altra parte – salvo il caso che qui non ricorre di
riconoscimento della fondatezza della domanda – discende dai
principi generali del processo civile che costituiva poteredovere del giudice di primo grado e, poi, di quello di secondo
grado di verificare che sussistessero i presupposti
costitutivi della domanda principale di nullità e, in caso
negativo, di procedere all’esame della domanda subordinata di
nullità parziale, a prescindere dal fatto che la Iaconi ne
avesse sollecitato (in subordine) l’accoglimento solo in grado
di appello.

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nè rileva la circostanza, pure evidenziata dalla Corte

3.5. Ciò precisato in ordine al tema del contendere e alle
posizioni reciprocamente assunte dalle parti, si osserva, in
conformità alla consolidata giurisprudenza di questa Corte,
che le norme sulla prelazione ed il riscatto agrario, hanno
carattere di norme di ordine pubblico, essendo poste a tutela

funzionamento dell’istituto della prelazione e del
raggiungimento degli scopi sociali e di politica agraria ed
economica che il legislatore ha inteso perseguire. Ne consegue
che la violazione di siffatte norme comporta la nullità del
contratto per contrarietà a norme imperative, e tale nullità
può essere fatta valere, secondo la regola generale dell’art.
1421 cod. civ. da chiunque vi abbia interesse, e può essere
rilevata d’ufficio dal giudice; tra gli interessati a far
valere la nullità sono compresi i terzi che hanno acquistato
il diritto al bene in base ad un titolo valido, come ad
esempio un preliminare di compravendita, ovvero, come nel caso
di specie, un verbale di aggiudicazione alla asta pubblica,
sottoposti alla condizione sospensiva del mancato esercizio
della prelazione dell’avente diritto (cfr. Cass. 13 giugno
1992, n. 7244).
Orbene nella rilevata situazione di fondo condotto in
affitto, per porzioni separate da una pluralità di affittuari
(con la conseguenza che la Iaconi avrebbe potuto esercitare la
prelazione, limitatamente alla porzione condotta in affitto),
è proprio il rilievo della irritualità della

denuntiatio

svolto nella decisione impugnata che avrebbe dovuto condurre
al rigetto della domanda principale, atteso che tale domanda

19

EQQ4

della collettività, al principale fine del corretto

postulava innanzitutto una valida

denuntiatio,

essendo il

diritto dell’attore condizionato al mancato esercizio del
diritto di prelazione da parte dell’avente diritto ovvero
all’esercizio del diritto di prelazione in difetto dei
requisiti per la sua sussistenza; il che non è stato affatto

Sotto questo profilo i Giudici di appello non hanno
apprezzato nelle sue corrette implicazioni, il principio – pur
richiamato nella decisione impugnata – affermato da questa
Corte con sentenza n. 1103/2004, secondo cui una denuntiatio
invalida, perchè indicante un prezzo unitario per il fondo
agricolo nel suo complesso (irrilevante nel caso di fondo
condotto in affitto, per porzioni separate, da una pluralità
di affittuari) è equiparabile alla fattispecie della
denuntiatio totalmente omessa di cui all’art. 8, quinto comma,
della legge n. 590 del 1965, mentre l’eventuale dichiarazione
dell’oblato di volere acquistare tutto il (più ampio) fondo
oggetto del contratto di compravendita non configura
l’esercizio del diritto di prelazione ai sensi del suindicato
art. 8 della legge n. 590 del 1965, ma integra una mera
proposta contrattuale di acquisto che, come tale, può essere
accettata o meno dal promittente venditore.
Nella situazione data, in cui una “proposta” contrattuale
di tal fatta (e, cioè, per tutto il più ampio fondo, rispetto
a quello per cui spettava la prelazione) era stata accettata e
la compravendita risultava conclusa, il contratto non poteva
ritenersi nullo

ex

art. 1418 cod. civ. perché, sia pure

relativamente ad una porzione dell’appezzamento di terreno

20

verificato nella specie.

compravenduto, l’acquirente aveva diritto alla prelazione; per
altro verso l’irritualità della

denuntiatio

(siccome

equiparabile alla sua mancanza) non poteva comportare il
definitivo pregiudizio delle ragioni dell’avente diritto alla
prelazione, proprio perché costei non risultava essere stata

per le ragioni sopra precisate, avrebbe potuto esercitarlo nel
presente processo.
Vero è che le erronee conseguenze che sono state tratte sul
piano sostanziale non sono altro che la ricaduta dell’erronea
impostazione sul piano processuale, sopra evidenziata; per
altro verso l’irrazionalità delle conclusioni cui si è
pervenuti costituisce un’indiretta conferma dell’erroneità
della statuizione di accoglimento della domanda di nullità
dell'(intero) atto, che andava invece rigettata per quanto
sopra rilevato. Di conseguenza i giudici del merito avrebbero
dovuto esaminare la domanda subordinata proposta dall’attore.
In definitiva il secondo motivo va accolto, risultando
assorbiti i restanti.
Ciò comporta la cassazione della sentenza impugnata e il
rinvio alla Corte di appello di Ancona, in altra composizione,
perché esamini la domanda proposta in via subordinata
dall’originario attore, adottando, nell’ipotesi la ritenga
fondata, tutte le statuizioni del caso e, in particolare,
dichiarando la nullità soltanto parziale della compravendita
come da conclusioni subordinate assunte nella citazione
introduttiva e reiterate (in via subordinata) nell’atto di
appello con determinazione del prezzo dovuto rispettivamente
I.

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posta nelle condizioni di esercitare il proprio diritto, né,

dalla Iaconi e dall’Ascani.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del
giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso

accoglie il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata in
relazione e rinvia anche per le spese del giudizio di
cassazione alla Corte di appello di Ancona in diversa
composizione.
Roma 14 giugno 2013

incidentale, nonché il primo motivo di ricorso principale;

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