Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19545 del 23/09/2011

Cassazione civile sez. trib., 23/09/2011, (ud. 15/06/2011, dep. 23/09/2011), n.19545

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12

presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

s.r.l. PUBBLIKAPPA, con sede in

(OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente

domiciliata in Roma alla Via E. Quirino Visconti n. 55 presso lo

studio dell’avv. Vitaletti Paola insieme con l’avv. Antonio CATALANO

(del Foro di Napoli) che la rappresenta e difende in forza della

“procura speciale” rilasciata in calce al controricorso;

– controricorrente –

AVVERSO la sentenza n. 21/39/07 depositata il 14 febbraio 2007 dalla

Commissione Tributaria Regionale della Campania;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 15 giugno 2011

dal Cons. Dott. Michele D’ALONZO;

sentite le difese dell’Agenzia, perorate dall’avv. Alessandro DE

STEFANO (dell’Avvocatura Generale dello Stato);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato alla s.r.l. PUBBLIKAPPA (“esercente attività radiotelevisiva”), l’Agenzia delle Entrate – premesso che l’Ufficio aveva notificato a detta società atto di “recupero” del credito d’imposta dalla stessa fruito per l’acquisto di “beni immateriali” (“radiofrequenze”) e “materiali” (“attrezzature necessarie al funzionamento”), avendo rilevato (a) che “alcuni acquisti erano avvenuti in data precedente al 13 marzo 2001” (quindi “esclusi dall’agevolazione ai sensi della L. n. 388 del 2000”), (b) che “i beni materiali” (“antenne, trasmettitori, modulatori”) “non erano dotati del necessario requisito della novità” perchè “appartenevano … a società che utilizzavano” gli stessi “nelle loro strutture produttive” (quindi erano “usati”) e (e) che “le radiofrequenze …

erano state precedentemente utilizzate dalle società proprietarie prima dell’acquisto da parte della contribuente” -, in forza di tre motivi, chiedeva di cassare la sentenza n. 21/39/07 della Commissione Tributaria Regionale della Campania (depositata il 14 febbraio 2007) che aveva recepito l’appello della contribuente avverso la decisione (660/01/05) della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli la quale aveva disatteso l’impugnazione di detto atto.

La società intimata instava per il rigetto dell’avverso gravame.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1. La sentenza impugnata.

Nella parte dedicata all’esposizione dei “motivi di appello” la Commissione Tributaria Regionale scrive:

– “l’appellante … fa osservare che le motivazioni espresse a giustificazione del recupero del credito sono state emendate dallo stesso Ufficio come può evincersi da alcuni passaggi di un processo verbale di constatazione redatto a seguito di un controllo effettuato presso altra società operante nel medesimo settore”;

– “inoltre allega copia della sentenza n. 17/2006 della Commissione Tributaria Regionale con la quale per un caso analogo gli aditi giudici dichiarano “agevolabile il solo requisito delle radiofrequenze”;

– “dalla lettura della sentenza può rilevarsi che la normativa in vigore da ormai un decennio (Legge Mammì) non consente ai concessionari la richiesta di nuove frequenze” di tal che “per espandere il proprio network … i concessionari devono acquistare le frequenze di altri ed attendere la necessaria autorizzazione … per collegare le suddette frequenze alla propria rete di diffusione”;

– “l’acquisto del diritto di sfruttamento di frequenze radiofoniche è normalmente connesso all’acquisto degli impianti esistenti per la relativa radiodiffusione, in quanto tale attrezzatura è censita presso il Ministero”;

“la circostanza che le attrezzature acquistate siano usate non rende privo del requisito della novità l’acquisto della frequenza in quanto il bene complesso (impianto/attrezzature) costituisce un nuovo componente di un network radiofonico il cui costo è di entità sicuramente più rilevante rispetto al costo del materiale usato”.

Nel successivo paragrafo, rubricato “motivi della decisione”, poi, lo stesso giudice (1) “prende atto della produzione della sentenza n. 17/2006 riferita ad analoga questione e del PVC allegato ove senza dubbio sono riportati in senso favorevole alcuni emendamenti riferiti alle deduzioni della . . . contribuente”, (2) “ritiene condivisibili le motivazioni riportate nella narrativa della indicata sentenza” (“che ai fini del decidere devono intendersi … riportati per economia di scrittura”) e, “quindi”, (3) “ritiene … di accogliere l’appello della … contribuente”.

p. 2. Il ricorso dell’Agenzia. Questa censura la decisione per tre motivi:

– con l’uno, denunzia “violazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4” chiedendo (ex art. 366 bis c.p.c.) “se debba ritenersi nulla, in quanto priva di motivazione, la sentenza che si limiti a rinviare in modo acritico ad altra decisione o ad un documento di causa (al PVC) in modo da non consentire in alcun modo di ritenere che alla condivisione delle argomentazioni contenute nella richiamata sentenza ovvero nel PVC il giudice sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione dei motivi di gravame e delle controdeduzioni dell’appellato”;

– nel successivo, precisato che l'”agevolazione prevista dalla L. n. 388 del 2000, art. 8 rientra tra gli aiuti di stato di cui agli artt. 87 e 88 del Trattato UE”, denunzia “violazione” della prima norma “anche in relazione” a quelle comunitarie indicate, domandando “se” ai fini del godimento dell’agevolazione prevista dall’art. 8″ detto “è necessario che i beni siano stati acquistati dopo la data del 13 marzo 2001 (in cui tale agevolazione è stata approvata dalla Commissione Europea)” e “se, nel caso di acquisto di diritti d’uso di frequenze che di trasmettitori, l’acquisto debba ritenersi perfezionato al momento della stipulazione dell’atto e non al momento dell’autorizzazione ministeriale”;

– nell’ultimo, denunzia “violazione della L. n. 388 del 2000, art. 8 anche in riferimento al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 15 (ora art. 109)”, chiedendo “se ai sensi dell’art. 8” cit. “possa ritenersi realizzato il requisito della novità allorchè siano acquistati beni materiali ed immateriali (diritti di utilizzazione di frequenze e attrezzature) già appartenenti ad altri soggetti e da questi utilizzati nelle proprie strutture produttive”.

p. 3. Il controricorso della contribuente. La società oppone:

() “la normativa in vigore … (L. Mammì) non consente … la richiesta di nuova frequenza” per cui: (a) “per espandere il proprio network … i concessionari debbono attendere la necessaria autorizzazione data dal Ministero … per collegare le …

radiofrequenze alla propria rete di diffusione” (mediante “ponti radio le cui frequenze sono, dal medesimo, debitamente assegnate”), e (b) “l’acquisto del diritto di sfruttamento di frequenze radiofoniche è normalmente connesso all’acquisto degli impianti esistenti … in quanto tale attrezzatura è censita presso il Ministero”;

(2) “la circostanza che le attrezzature acquistate siano usate non rende privo del requisito della novità l’acquisto delle frequenze in quanto il bene radiofonico complesso (impianto, attrezzature) costituisce un nuovo componente di un network radiofonico il cui costo è di entità sicuramente più rilevante rispetto al costo del materiale usato”.

Per la società, quindi, il credito spetta perchè:

– il “bene” acquistato (“le radiofrequenze”) “poteva essere utilizzato soltanto dopo il conseguimento delle necessarie autorizzazioni ministeriali” (per cui “l’operazione economica di investimento spiegava i suoi effetti anche in direzione della fruizione del credito d’imposta” dal momento del “conseguimento delle necessarie autorizzazioni”);

– “non sembra fondatamente discutibile” la sussistenza del “requisito della novità dell’investimento … ove si tenga conto dell’oggetto e delle finalità dell’acquisto”: con le “radiofrequenze” (“energia immateriale considerata … bene mobile economico con caratteristiche proprie”) e con gli “impianti di irradiazione sonora” essa ha realizzato una “nuova rete radiofonica”, dando “vita, per ciò stesso, ad un nuovo investimento incrementando il bacino di utenza e … il proprio patrimonio”.

p. 4. Le ragioni della decisione.

Il primo motivo di ricorso deve essere respintegli altri due, invece, risultano fondati.

A. Il rinvio, quand’anche “acritico”, ad “altra decisione”, invero, diversamente da quanto sostenuto nella prima censura, non determina alcun vizio della sentenza quante volte il giudice abbia comunque espresso sia pure ripetendo le (o, come nel caso, rinviando “per economia di scrittura”, alle) ragioni espresse nell’altra sentenza, peraltro riprodotte, sia pure in altro luogo (“motivi di appello”), della propria decisione l’iter logico che lo ha condotto alla soluzione adottata: “la normativa in vigore … non consente ai concessionari la richiesta di nuove frequenze”; “per espandere il proprio network … i concessionari devono acquistare le frequenze di altri ed attendere la necessaria autorizzazione …”; “l’acquisto del diritto di sfruttamento di frequenze radiofoniche è normalmente connesso all’acquisto degli impianti esistenti per la relativa radiodiffusione, in quanto tale attrezzatura è censita presso il Ministero”; “la circostanza che le attrezzature acquistate siano usate non rende privo del requisito della novità l’acquisto della frequenza in quanto il bene complesso (impianto/attrezzature) costituisce un nuovo componente di un network radiofonico il cui costo è di entità sicuramente più rilevante rispetto al costo del materiale usato”.

L’eventuale omesso esame “dei motivi di gravame e delle controdeduzioni dell’appellato”, poi, vizia la sentenza nei limiti in cui quei “motivi” e quelle “controdeduzioni” (nel caso, peraltro, neppure specificamente indicate in ossequio all’art. 366 c.p.c.) abbiano una effettiva valenza diversamente persuasiva e, quindi, conclusiva: tanto, però, non determina la nullità (“se debba ritenersi nulla”) della pronuncia ex art. 132 c.p.c. ma un vizio motivazionale della stessa, censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

“Costituisce”, comunque, “orientamento costante di questa Corte” (Cass., trib., 10 novembre 2010 n. 22845), “il principio secondo cui” il requisito, richiesto “dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4” norma di contenuto analogo (nella sua formulazione anteriore alla modifica apportata con la L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11) al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, del quale l’Agenzia denunzia la “violazione” della “succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto” (“la concisa esposizione dei fatti relativi allo svolgimento del processo”, nel testo novellato) “non rappresenta un elemento meramente formale del contenuto della sentenza, ma un requisito che va apprezzato esclusivamente in funzione della intellegibilha della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento” atteso che “il regime delle nullità degli atti processuali è retto dal principio, di ordine generale, della strumentalità della forma, in forza del quale la nullità non può essere mai dichiarata se l’atto ha raggiunto il suo scopo (art. 156 c.p.c., comma 3)” (“con la modifica dell’art. 132”, si è, altresì, osservato, il “legislatore” ha “espressamente stabilito un collegamento di tipo logico e funzionale tra l’indicazione in sentenza dei fatti di causa e le ragioni poste dal giudice a fondamento della decisione”).

B. Gli ulteriori due motivi di ricorso vanno scrutinati congiuntamente per la loro intima connessione.

B.1. la L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, comma 1 come noto, attribuiva (“è attribuito”), “fino alla chiusura del periodo di imposta in corso alla data del 31 dicembre 2006”, “un contributo nella forma di credito di imposta” alle “imprese” ivi indicate che, “effettuano nuovi investimenti nelle aree ammissibili alle deroghe previste dall’art. 87, par. 3, lett. a) e c), del… Trattato” istitutivo della comunità, “individuate dalla Carta italiana degli aiuti la finalità regionale per il periodo 2000-2006”.

“Per nuovi investimenti”, specifica il comma 2, “s’intendono le acquisizioni di beni strumentali nuovi di cui al T.U. delle imposte sui redditi cit., D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 67 e 68″.

B.2. Su tale complesso normativo va, in primo luogo ricordato, che, come già precisato da questa sezione (sentenza 22 ottobre 2010 n. 21715):

(1) l'”art. 87 (ex art. 92) del Trattato”, richiamato dalla norma nazionale, (a) “stabilisce in via di principio, al paragrafo 1, la incompatibilità con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, degli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza” e (b) “dopo avere indicato, al paragrafo 2, le categorie di aiuti comunque compatibili con il mercato comune”, “individua, al successivo paragrafo 3, alcune fattispecie di aiuti suscettibili di compatibilità con il mercato comune, tra le quali, per quanto rileva ai fini dell’art. 8 in esame, a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, e c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che noti alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse”;

(2) “la Commissione europea, con riguardo alla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2000-2006, da un lato, con decisione del 13 marzo 2000 (in GUCE L. 24 giugno 2000, n. 175), non ha sollevato obiezioni rispetto alla parte della Carta riguardante le regioni italiane ammissibili alla deroga prevista dall’art. 87, par.

3, lett. a), suddetta, e, dall’altro, con successiva decisione del 20 settembre 2000 (in GUCE L. 20 aprile 2002, n. 105) – seguita ad un invito a presentare osservazioni ed ogni informazione utile ai fini del procedimento di cui all’art. 88 (ex art. 93), paragrafo 2, del Trattato -, ha ritenuto compatibile con il mercato comune anche la parte della Carta concernente le aree ammissibili alla deroga prevista dall’art. 87, par. 3, lett. e), del Trattato CE”;

(3) “L’efficacia diretta delle norme comunitarie nell’ordinamento interno, prevista dall’art. 93 (ora art. 88) del Trattato CEE, si estende anche alle decisioni con cui la Commissione, nell’esercizio del controllo sulla compatibilità degli aiuti di Stato con il mercato comune, disponga la sospensione di una misura di aiuto, ne dichiari l’incompatibilità o ne ordini la restituzione, e comporta l’invalidità e/o l’inefficacia delle norme di legge e degli atti amministrativi o negoziali in forza dei quali la misura di aiuto è stata erogata, nonchè il divieto, espressamente previsto dall’art. 93 cit., di dare esecuzione alla misura fino a quando la procedura di verifica non abbia condotto ad una decisione finale della Commissione; tale vincolo ha come destinatario non solo lo Stato membro, ma anche i soggetti dell’ordinamento interno, ivi comprese le autorità nazionali, amministrative .. e giurisdizionali, e si traduce nell’obbligo di dare attuazione al diritto comunitario, se necessario attraverso la disapplicazione delle norme interne che siano in contrasto con esso (Cass. nn. 24065 del 2006, 2428 e 15980 del 2010)” (per cui non “può avere alcun rilievo … che l’anzidetto decisione della Commissione europea, precedente alla L. n. 388 del 2000, sia stata pubblicata nell’aprile 2002”).

B.3. Sulla nozione (e, quindi, sulla latitudine) dell’inciso “beni strumentali nuovi” contenuto nell’art. 8, comma 2 poi, in carenza di argomenti contrari, va ribadito quanto già precisato (sempre) da questa sezione (sentenza 22 gennaio 2010 n. 1165) sulla scorta dell’orientamento di ” questo giudice di legittimità con riguardo, ad es., all’esenzione dall’IRPEG prevista dall’art. 105 e successive modifiche del D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218″ secondo il quale “il requisito della novità dell’iniziativa produttiva va inteso in chiave economica, sicchè, nel caso in cui esso si colleghi alla trasformazione di una struttura produttiva preesistente, la sua ricorrenza va accertata con riguardo al coacervo di parametri che, in mancanza di tipizzazione contenuta nel testo normativo, sono riconducibili agli ordinavi fattori riferibili alla nozione di azienda (v. Cass. n. 2273 del 2004), aggiungendo che il suddetto requisito può ritenersi anche in presenza di una rilevante trasformazione di un’impresa produttiva preesistente, tale da incidere così significativamente sui livelli produttivi ed occupazionali da provocare risultati analoghi a quelli conseguenti all’avvio di una attività produttiva del tutto nuova (v. Cass. n. 19510 del 2004), e che il beneficio non trova applicazione nelle ipotesi di semplice rinnovo, conversione ed ampliamento di opifici già esistenti, a meno che l’innovazione o la trasformazione siano talmente pregnanti da poter essere equiparati ad un nuovo stabilimento industriale (v. Cass. n. 5292 del 2004)”, cioè che – considerata “la ratio di tale disposizione (come di altre prevedenti benefici collegati al requisito della novità di interventi in determinate aree il cui sviluppo lo Stato intende promuovere)” di “incentivare nei territori agevolati le iniziative che apportino crescita della produzione e sviluppo in campo economico” -, “la novità del bene strumentale acquisito va letta in chiave economica piuttosto che in termini esclusivamente materiali”.

B.4. La “novità” (nei sensi precisati) del bene strumentale acquisito, ancora, non può essere esclusa nè dall’eventuale impossibilità (“la normativa in vigore . . . (L. Mammì) non consente”) di richiedere “nuove frequenze” nè dal fatto che “l’acquisto del diritto di sfruttamento di frequenze radiofoniche è normalmente connesso all’acquisto degli impianti esistenti per la relativa radiodiffusione” (“in quanto tale attrezzatura è censita presso il Ministero”) atteso che:

(1) la limitazione del “bene” immateriale (“frequenza”) deriva dalla ristrettezza della banda nazionale e consegue alla eventuale saturazione del mercato;

(2) il censimento (per intuibili ragioni pubbliche) dell'”attrezzatura” non impedisce affatto che, osservate le opportune disposizioni, ne siano acquistate di nuove (in aggiunta a quelle possedute o in sostituzione di quelle deteriorate od obsolete) o sia operata la distruzione di quelle ormai inservibili.

Sul punto, in diritto, è sufficiente ricordare quanto precisato dalla Corte giustizia CE nella sentenza 31 gennaio 2008 resa nel procedimento C-380/05, specificamente per il “settore delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica” , in base ai “principi…

attuati dalNQNC” (acronimo di “nuovo quadro normativo comune per i servizi di comunicazione elettronica, per le reti di comunicazione elettronica e per le risorse e i servizi correlati”, costituito dalla direttiva “quadro” e da “quattro direttive specifiche, tra cui la direttiva autorizzazioni, completate dalla direttiva concorrenzà”):

– “81 L’art. 8 della direttiva quadro prescrive … agli Stati membri l’obbligo di assicurarsi che le autorità nazionali di regolamentazione adottino tutte le ragionevoli misure intese a promuovere la concorrenza nella fornitura dei servizi di comunicazione elettronica, garantendo che non abbiano luogo distorsioni e reiscrizioni della concorrenza nel settore delle comunicazioni elettroniche e rimuovendo gli ostacoli residui che si frappongono alla fornitura dei detti servizi a livello europeo”;

– “82… l’art. 2, n. 2, della direttiva concorrenza obbliga gli Stati membri ad adottare i provvedimenti necessari affinchè a ciascuna impresa sia garantito il diritto di prestare servizi di comunicazione elettronica o di installare, ampliare o fornire reti di comunicazione elettronica”;

– “83 l’art. 3, n. 1, della direttiva autorizzazioni obbliga … gli Stati membri a garantire la libertà di fornire reti e servizi di comunicazione elettronica e vieta loro di impedire alle imprese di fornire tali reti o tali servizi, salvo quando ciò si renda necessario per i motivi di cui all’art. 46, n. 1, CE”;

– “84 A tal fine, l’art. 3, n. 2, della direttiva autorizzazioni precisa che la fornitura di reti o di servizi di comunicazione elettronica può essere assoggettata soltanto ad un autorizzazione generale”.

Donde, comunque, l’irrilevanza giuridica (ai fini della norma agevolativa) del fatto, considerato dal giudice del merito e valorizzato ancora dalla contribuente, che “per espandere il proprio network … i concessionari devono acquistare le frequenze di altri ed attendere la necessaria autorizzazione . . . per collegare le suddette frequenze alla propria rete di diffusione”: la scarsa disponibilità (come l’eventuale unicità, al pari di quelli coperti da brevetto) di un bene immateriale, infatti, da sola non integra un “nuovo investimento” se si traduce nella mera continuazione della stessa attività economica esercitata dal cedente con quello stesso bene strumentale.

B.5. Le considerazioni esposte, di per sè sole, intuitivamente escludono importanza alla individuazione del momento temporale rilevante, rispetto al discrimine del 13 marzo 2001 (“data in cui tale agevolazione è stata approvata dalla Commissione europea”), di “acquisizione” dei beni in questione: sul punto basta evidenziare che il provvedimento amministrativo incide sulla concreta utilizzazione (od utilizzabilità) del bene acquisito ma non sulla nozione (privatistica) di “acquisizione” , intesa come acquisto del potere giuridico di utilizzare il bene, cui unicamente fa riferimento la norma agevolativa (anche con il rinvio “al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 67 e 68”).

B.6. L’applicazione al caso dei richiamati principi giuridici evidenzia l’errore (anche) ermeneutico in cui è caduto il giudice di appello atteso che lo stesso, aderendo alla tesi della contribuente – per la quale, come dedotto nel controricorso, “non sembra fondatamente discutibile” la sussistenza del “requisito della novità dell’investimento … ove si tenga conto dell’oggetto e delle finalità dell’acquisto” perchè, si assume, con le “radiofrequenze” (“energia immateriale considerata . . . bene mobile economico con caratteristiche proprie”) e con gli “impianti di irradiazione sonora” essa ha realizzato una “nuova rete radiofonica”, dando “vita, per ciò stesso, ad un nuovo investimento incrementando il bacino di utenza e … il proprio patrimonio” -, ha considerato la complessiva operazione economica (“acquisto” del diritto di sfruttamento di frequenze radiofoniche già in uso e quello, ritenuto “connesso”, degli “impianti” già “esistenti per la relativa radiodiffusione”) dell’acquirente unicamente sotto l’aspetto soggettivo (finalità di “espandere il proprio network”, “nuovo componente” del “network radiofonico”) senza rilevare la totale (peraltro nemmeno adombrata dalla società nel suo controricorso) mancanza del necessario ed ineludibile elemento oggettivo (la “chiave economica”) della ravvisabilità, in quell’operazione, di un effettivo nuovo investimento” per la sua idoneità a determinare comunque una “crescita della produzione e dello sviluppo in campo economico” del territorio “incentivato”, quand’anche per l’eventuale ristrutturazione, se totalmente innovativa (come per l’integrale rifacimento dell’immobile strumentale considerato nella citata decisione n. 1165 del 2010 di questa Corte), degli impianti (materiali) acquistati.

B.7. Per le considerazioni esposte la sentenza impugnata deve essere cassata; la causa non necessita di nessun ulteriore accertamento di fatto e, pertanto, in ossequio all’art. 384 c.p.c., deve essere decisa nel merito da questa Corte con il rigetto del ricorso di primo grado della contribuente essendosi l’operazione economica risolta nella mera sostituzione della titolarità soggettiva dei “beni” (“materiali” ed “immateriali”, già così in uso all’alienante) trasferiti, senza nessuna “trasformazione” (tanto meno “rilevante” della operatività della rete radiotelevisiva acquistata), quindi in carenza di “crescita” sia della “produzione” radiotelevisiva specifica del territorio che, tanto meno, dello “sviluppo” economico di quello stesso territorio.

p. 5. Delle spese processuali.

Per la sostanziale novità delle questioni giuridiche poste dalla controversia, le spese dell’intero giudizio vanno integralmente compensate tra le parti ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie gli altri due;

cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso di primo grado della contribuente; compensa integralmente tra le parti le spese processuali dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2011

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