Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19544 del 19/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/07/2019, (ud. 18/04/2019, dep. 19/07/2019), n.19544

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19331-2018 proposto da:

VENEZIANA ENERGIA RISORSE IDRICHE TERRITORIO AMBIENTI SERVIZI –

V.E.R.I.T.A.S. SPA, in persona del Direttore Generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 34/B, presso

lo studio dell’avvocato MAURIZIO CECCONI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ANDREA PASQUALIN;

– ricorrente –

contro

S.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OTRANTO 36,

presso lo studio dell’avvocato MARIO MASSANO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ENRICO CORNELIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 765/2018 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata

il 10/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott.sa

ANTONIETTA SCRIMA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con d.i. n. 104/2013 il Giudice di Pace di Venezia ingiunse alla Veneziana Energia Risorse Idriche Territorio Ambiente Servizi – V.E.R.I.T.A.S. S.p.a. (in seguito indicata, per brevità, VERITAS) di pagare a S.C. la somma di Euro 175,27, oltre interessi legali e spese, a titolo di restituzione dell’importo dell’IVA indebitamente applicata in fatture relative a TIA1 e, dal 2011, a TIA2.

La società VERITAS si oppose al d.i. contestando quanto dedotto e chiesto dalla controparte e, in particolare e tra l’altro, affermando la differenza di regime tra TIA1, avente natura di tributo, e TIA2, avente natura di corrispettivo e applicata dal 2011, con la conseguenza che l’applicabilità dell’IVA alla TIA2 non poteva essere oggetto di discussione, ed eccependo la decadenza e la prescrizione; eccepì, altresì, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sul rilievo che, con riferimento alle pretese relative alla TIA1, sussistesse la giurisdizione del giudice tributario.

Il Giudice di Pace, con sentenza n. 492/2015, rigettò l’opposizione, confermò il d.i. opposto e condannò VERITAS al pagamento delle spese in favore dell’opposta nonchè al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c..

Avverso tale decisione VERITAS propose appello dinanzi al Tribunale di Venezia, ribadendo che la TIA2 era soggetta ad IVA, alla luce della sua natura di corrispettivo, e dolendosi del regolamento delle spese operato dal primo Giudice nonchè della condanna ex art. 96 c.p.c..

Il Tribunale di Venezia, con la sentenza n. 765/2018, accolse l’appello “limitatamente all’esclusione della responsabilità ex art. 96 c.p.c. e nel resto lo rigettò)”, compensò le spese di entrambi i gradi del giudizio di merito nella misura di un quarto e condannò l’appellante al rimborso della restante parte.

In particolare, per quanto ancora rileva in questa sede, il Tribunale, premesso che l’appellante aveva precisato di insistere solo per la parte relativa all’applicazione dell’IVA sulla TIA2, ritenne non convincente la tesi sostenuta dall’appellante in quanto non aveva fornito “spiegazioni adeguate di una configurazione così eccentrica e singolare della TIA2 che, pur sopperendo al medesimo servizio essenziale per la collettività con caratteristiche e modalità sostanzialmente invariate, avrebbe caratteristiche opposte” sia alla precedente TIA1 sia alle successive TARES e TARI, miranti alle stesse finalità ed aventi natura tributaria. Il Tribunale aggiunse che la tesi della natura di corrispettivo della TIA2 non era convincente, condividendo quest’ultima con la TIA1 le caratteristiche che avevano condotto le Sezioni Unite di questa Corte a configurare la seconda (per evidente lapsus calami indicata come prima nella sentenza impugnata in questa sede) “come provento non sinallagmatico su cui non può essere applicata l’ulteriore imposta sul valore aggiunto”. Affermò, inoltre, il Tribunale che non era risolutivo il disposto del D.L. n. 78 del 2010, art. 14, comma 33, convertito in L. n. 122 del 2010, essendo “dirimente non il carattere privato o pubblico attribuito all’introito sibbene la presenza del nesso sinallagmatico o meno” e che apparivano pertinenti le considerazioni di cui alla sentenza di questa Corte del 2 marzo 2012, n. 3294, che aveva valutato la disposizione in parola come “contorta e intimamente contraddittoria, inserita all’interno di una “manovra di emergenza””.

Avverso tale pronuncia la VERITAS ha proposto ricorso per cassazione basato su un unico motivo e illustrato da memoria.

S.C. ha resistito con controricorso, pure illustrato da memoria.

La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla controricorrente nella memoria (e non nel controricorso, come sostenuto dalla S.) e basata sull’affermazione che nel ricorso la VERITAS non avrebbe specificato nel caso concreto a quali fatture sarebbe applicabile VIVA con riferimento alla TIA2.

Tale eccezione, che ben può essere esaminata anche d’ufficio, è infondata, atteso che a p. 6 del ricorso è stato precisato espressamente che l’impugnazione ora all’esame riguarda la TIA2 con riferimento, in particolare, alle “somme di cui alle fatture indicate ai numeri da 33) a 40) nella tabella di cui alle pp. 8-9 del ricorso per ingiunzione (che si depositerà quale doc. 4), esponenti IVA per Euro 41,64”.

Così formulato, il petitum risulta adeguatamente specificato per relationem, evidenziandosi che tale atto è stato depositato unitamente al ricorso per cassazione (doc. n. 4).

2. Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente deduce la “violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 1, 3, e art. 4, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 152 del 2006, n. 238 e del D.L. n. 78 del 2010, art. 14, comma 33, convertito, con modificazioni, nella L. 30 luglio 2010, n. 122, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per avere la sentenza impugnata erroneamente accomunato la tariffa disciplinata dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238 (c.d. TIA2) a quella disciplinata dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49 (c. d. TIA1) e/o per averne escluso la natura corrispettiva e/o comunque il suo assoggettamento all’IVA”.

In particolare, premesso che il riportato motivo riguarda l’applicazione – negata dal Tribunale – dell’IVA alla TIA2, la ricorrente, nel censurare la decisione presa dal Tribunale, mette in luce la differente natura di tale tariffa – che costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani – e la diversità del suo statuto normativo rispetto a quello della TIA1.

Dalla natura non tributaria e corrispettiva della TIA2 discenderebbe, dunque, ad avviso della ricorrente, la sua assoggettabilità ad IVA.

2.1. Il motivo è fondato.

2.2. Con l’ordinanza n. 16332 del 21 giugno 2018, questa Corte si è pronunciata in ordine al differente regime a cui soggiacciono le c.d. TIA1 e TIA2.

Nello specifico, è stato affermato che la tariffa di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, ha natura tributaria e, come tale, non può essere soggetta all’applicazione dell’IVA; viceversa, la tariffa di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, così come interpretata dal D.L. n. 78 del 2010, art. 14, comma 33, conv. dalla L. n. 122 del 2010, ha la natura di un corrispettivo privatistico che, di conseguenza, può essere assoggettato ad IVA ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 1,3, e art. 4commi 2 e 3.

2.3. Ritiene il Collegio che il principio affermato con l’ordinanza n. 16332/18, ampiamente motivata sul punto in questione e in cui si ripercorre tutta l’evoluzione normativa e giurisprudenziale in tema di c.d. TIA 2, vada ribadito in questa sede.

2.4. In particolare, come chiarito nell’arresto in parola, con cui è stato deciso analogo ricorso della Veritas S.p.a., la disciplina della c.d. TIA 2 quale delineata nel citato art. 238, differenziandosi significativamente dal regime della c.d. TIA 1, da un lato individua il fatto generatore dell’obbligo del pagamento nella produzione di rifiuti, ancorando dunque il debito all’effettiva fruizione del servizio, nonchè commisurando l’entità del dovuto alla quantità e qualità dei rifiuti prodotti, e, dall’altro, afferma, in modo netto e innovativo insieme, la natura di “corrispettivo” della tariffa in parola (v. ordinanza richiamata pag. 8).

Nè rileva, in contrario, la circostanza che il pagamento della c.d. TIA 2 (come quello della c.d. TIA 1) sia obbligatorio per legge, atteso che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, prevede che “le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere” costituiscono prestazioni di servizi (ai fini della assoggettabilità all’IVA ex art. 1 medesimo decreto) “quale ne sia la fonte” (v. pag. 8 del precedente di questa Corte appena richiamato).

La natura privatistica della c.d. TIA 2, e, quindi, la sua portata innovativa e ontologicamente diversa rispetto alla precedente c.d. TIA 1, già desumibile dal tenore della norma istitutiva, è stata poi definitivamente confermata dal D.L. n. 78 del 2010, art. 14, comma 33, come convertito, che ha previsto che “le disposizioni di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria”, sicchè, a fronte del chiaro disposto di tale norma, è evidente che, a seguito della sua emanazione, non è più dato neppure interrogarsi sulla natura di corrispettivo, e non di tributo, della c.d. TIA 2, e sulla conseguente sua assoggettabilità ad IVA (v. pag. 9 dell’arresto del 2018 già sopra richiamato).

Nella prospettiva dell’opzione legislativa è cioè chiaro che l’individuazione del costo con componenti predeterminate o accessorie è del tutto compatibile, trattandosi di contratti di massa, così come la loro redistribuzione con modalità che tengano conto anche di indici reddituali, per scelta agevolativa dell’erogatore del servizio.

2.5. La parte controricorrente sostiene che tale ricostruzione contrasterebbe con altra giurisprudenza di questa Corte, a Sezioni Unite, e in particolare con Cass., sez. un., 11/07/2017, n. 17113 e con Cass., sez. un., 15/03/2016, n. 5078.

Gli argomenti proposti dalla detta parte non possono essere condivisi (v., ex plurimis, Cass., ord., 19/02/2019, n. 4875).

Secondo il primo dei due arresti appena menzionati, l’addizionale provinciale sulla cd. TIA2 ha natura tributaria, come si evince dalla stessa formulazione letterale della disposizione istitutiva, la quale prevede un sistema di reperimento, attraverso un tributo, della provvista necessaria all’esercizio, di utilità generale, di funzioni di interesse pubblico, mancando un rapporto di corrispondenza economica tra la prestazione dell’amministrazione e il vantaggio ricevuto dal privato (che condurrebbe a escluderne la natura di tassa).

La statuizione aggiunge che non è idoneo a snaturare la natura di tributo il collegamento quantitativo e percentuale con la c.d. TIA2, “di natura privatistica”, fungendo quest’ultima solo da parametro per la quantificazione di tale prestazione in favore delle province, sicchè la controversia sulla debenza di tale addizionale appartiene alla giurisdizione del giudice tributario.

La pronuncia in parola ha, quindi, un oggetto diverso da quello in discussione in questa sede, riguardando la giurisdizione in punto di addizionale provinciale connessa alla tariffa in questione.

E’ pur vero che nella pronuncia si accomunano, in relazione ai presupposti, la c.d. TIA1, la c.d. TIA2 e la TARI, sotto il profilo della “mancanza di nesso diretto tra prestazione e corrispettivo”, e sotto quello per cui “il compenso ricevuto dal prestatore dei servizi non è il controvalore effettivo del servizio prestato al destinatario” (v. pag. 8), ma è altrettanto vero che (v. pag. 9) della tariffa in parola, per converso, secondo quanto anticipato, viene indicata la “natura privatistica”.

D’altra parte, l’attenuazione del “nesso” tra prestazione e corrispettivo, come di quello tra servizio e suo esatto “controvalore”, si spiega, secondo quanto sopra rilevato, con l’implicazione di un contratto di massa innervato da profili agevolativi, senza che necessariamente venga meno il superamento del regime tributario oggetto della scelta legislativa.

Con riferimento al secondo arresto richiamato, esso riguarda, diversamente, la c.d. TIA1.

Inoltre, in quella decisione, si ricorda la giurisprudenza comunitaria (Corte giust., 15/07/2009, causa 254/08), che ha chiarito come non esiste un vincolo, per gli Stati membri, a finanziare con una specifica modalità, in tesi tributaria, la gestione della raccolta dei rifiuti.

In questo senso, risulta irrilevante la circostanza che il gestore sia una società c.d. “in house”, come afferma parte controricorrente senza, peraltro, indicare quando e come tale fatto sia stato accertato nelle fasi di merito: infatti, l’attività commerciale di tali società nei confronti di terzi ben può restare privatistica, nonostante la rilevanza pubblicistica del regime dell’ente ad altri fini correlati al controllo della società stessa da parte dell’amministrazione che ne sia socia.

Per questa ragione non rileva la pregiudiziale comunitaria prospettata al riguardo da parte controricorrente (con riferimento, cioè, alla Dir. n. 112 del 2006 in tema di regime IVA).

Del resto solo conferme, in chiave di “acce claire”, giungono dalla successiva pronuncia della Corte di giustizia 22 febbraio 2018, in causa C- 182/17, che ha ribadito come la determinazione forfettaria (in quel caso, su base annua) di un simile compenso non spezza per sè il nesso tra prestazione e corrispettivo (punto n. 37), e l’affidamento a una società di compiti pubblici, parimenti, non è logicamente decisivo per valutare lo svolgimento di prestazioni a titolo oneroso nella medesima cornice (punto n. 40).

2.6. Con specifico riferimento al caso all’esame, si osserva che risulta pacifico tra le parti che si discorra in questa sede solo della cd. TIA2, applicata dal Comune di Venezia dall’anno 2011.

2.7. Alla luce di quanto sopra evidenziato, consegue che è legittima l’imposizione e riscossione dell’IVA sulle fatture relative alle cd. TIA2 di cui si discute in causa a partire dall’anno di riferimento 2011.

3. Il ricorso va, pertanto, accolto; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, al Tribunale di Venezia, in persona di diverso magistrato.

4. Stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Venezia, in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 18 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2019

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