Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19544 del 08/07/2021

Cassazione civile sez. III, 08/07/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 08/07/2021), n.19544

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33299-2019 proposto da:

M.L., domiciliato ex lege in Roma, presso la cancelleria

della Corte di Cassazione rappresentato e difeso dall’avvocato

(OMISSIS);

– ricorrenti –

nonché contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistenti –

avverso la sentenza n. 1541/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 04/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/02/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. M.L., cittadino del (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale” di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento della sua istanza dedusse di esser fuggito dal (OMISSIS) per la paura di esser arrestato, in quanto ritenuto responsabile dell’incendio della foresta propagatasi dal suo frutteto nel quale egli aveva appiccato il fuoco per bruciare l’immondizia. In seguito a tale episodio, e dopo l’arresto del padre, il richiedente decise di fuggire, non potendo neanche pagare la multa. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento M.L. propose ricorso D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, ex art. 35 dinanzi il Tribunale di Milano, che con ordinanza del 24 aprile 2018 rigettò il reclamo.

3. Tale decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Milano con sentenza n. 1541/2019 pubblicata il 4 aprile 2019.

La Corte d’appello ha ritenuto:

a) il richiedente asilo non credibile;

b) infondata la domanda di protezione internazionale perché il richiedente asilo non aveva dedotto a sostegno di essa alcun fatto di persecuzione;

c) infondata la domanda di protezione sussidiaria perché nella regione di provenienza del richiedente asilo non era in atto un conflitto armato;

d) infondata la domanda di protezione umanitaria poiché l’istante non aveva né allegato, né provato, alcuna circostanza di fatto, diversa da quelle poste a fondamento delle domande di protezione “maggiore” (e ritenute inveritiere), di per sé dimostrativa d’una situazione di vulnerabilità.

4. La sentenza è stata impugnata per cassazione da M.L., con ricorso fondato su un tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non presenta difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la “violazione dei parametri normativi relativi all’analisi delle domande di protezione internazionale come disciplinati nel D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3 in relazione all’art. 380 c.p.c., n. 3. La Corte d’appello di Milano, nel valutare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, non avrebbe compiuto alcun esame della situazione oggettiva del paese di provenienza e non avendo indicato le fonti in base alle quali ha accertato l’eseguibilità del rimpatrio in sicurezza e nel rispetto dei diritti umani ritenuti inviolabili come disposto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19”.

Il motivo è fondato.

In terna di cooperazione istruttoria, il giudice deve, in limine, prendere le mosse del suo accertamento e della conseguente decisione da una versione precisa e credibile, se pur sfornita di prova – perché non reperibile o non esigibile – della personale esposizione a rischio grave alla persona o alla vita: tale premessa è sicuramente funzionale, in astratto, all’attivazione officiosa del dovere di cooperazione volta all’accertamento della situazione del Paese di origine del richiedente asilo, ma non appare conforme a diritto la semplicistica affermazione secondo cui le dichiarazioni del richiedente che siano intrinsecamente inattendibili, alla stregua degli indicatori di credibilità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non richiedano, in nessun caso, alcun approfondimento istruttorio officioso (in tale ultimo senso, invece, Cass. Sez. 6, 27/06/2018, n. 16925; Sez. 6, 10/4/2015 n. 7333; Sez. 6, 1/3/2013 n. 5224).

Nel caso di specie la Corte territoriale ha violato tali principi in quanto ha fatto riferimento a generiche fonti pubblicate dell’UNHCR (cfr. pag. 5 e 6 della sentenza impugnata).

5.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La Corte di appello di Milano nell’escludere la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria ha erroneamente ritenuto che fosse sufficiente accertare che il richiedente asilo non provenisse da una zona di conflitto armato o da territori confinanti con quelli di violenza generalizzata e non controllata in cui, se tornasse, correrebbe il rischio effettivo per la propria incolumità personale ciò in violazione della normativa in materia del consolidato orientamento giurisprudenziale”.

5.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la “violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2 e art. 10 Cost., comma 3 Motivazione apparente in relazione alla domanda di protezione umanitaria e alla valutazione di assenza di specifica vulnerabilità; omesso esame di fatti decisivi circa la sussistenza dei requisiti di quest’ultima”.

Il secondo e terzo motivo sono assorbiti dall’accoglimento del primo motivo di ricorso.

6. Pertanto la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti il secondo e il terzo, cassa la sentenza impugnata come in motivazione e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata come in motivazione e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2021

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