Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19540 del 19/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/07/2019, (ud. 04/04/2019, dep. 19/07/2019), n.19540

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6072/2018 R.G. proposto da:

Comune di Avezzano, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Guido

Blandini e Marco Spera, con domicilio eletto in Roma, Viale

Angelico, n. 92, presso lo studio dell’Avv. Luca Giusti;

– ricorrente –

contro

M.S., rappresentata e difesa dall’Avv. Gianni Paris e

dall’Avv. Antonio Aquilino, con domicilio eletto presso lo studio di

quest’ultimo in Roma, Via dei Monti Tiburtini, n. 518;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Giudice di Pace di Avezzano, n. 290/2017,

depositata il 12 luglio 2017;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 aprile 2019

dal Consigliere Emilio Iannello.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con la sentenza impugnata il Giudice di pace di Avezzano ha accolto la domanda risarcitoria proposta da M.S. nei confronti del Comune di Avezzano per responsabilità da cose in custodia.

Tale sentenza è stata impugnata per cassazione dal Comune, con ricorso affidato ad un solo motivo.

L’intimata resiste con controricorso.

3. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. E’ superfluo dar conto del motivo d’impugnazione, giacchè il ricorso va dichiarato inammissibile.

Il ricorso è stato intatti proposto contro una sentenza pronunciata dal Giudice di pace, che in quanto tale doveva essere censurata con l’appello (a critica limitata), e non con ricorso per cassazione.

Come ripetutamente chiarito da questa Corte, infatti, tutte le sentenze del Giudice di pace (siano esse pronunciate secondo equità o secondo diritto) pubblicate dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, come nel caso in esame, sono impugnabili solo con l’appello, e l’eventuale circostanza che siano pronunciate secondo equità rileva unicamente quanto ai motivi per cui ne è ammessa l’impugnazione che, nel caso indicato per ultimo, sono solo quelli per cui era prima ammesso il ricorso per cassazione.

La sentenza in oggetto, pertanto, non era impugnabile con ricorso per cassazione, ma solo con l’appello dinanzi al giudice individuato ai sensi dell’art. 341 c.p.c. (v. in tal senso, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26527 del 19/10/2018; Sez. 6- 3, Ordinanza n. 1213 del 18/01/2018, Rv. 647353 – 01; nonchè Sez. 6-3, 27/04/2018 n. 10163; Sez. 6-3, 15/12/2017, n. 30255; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 27356 del 17/11/2017, Rv. 646773 – 01).

2. Alla soccombenza segue la condanna del ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo.

3. Le conclamate e manifeste ragioni di inammissibilità del ricorso giustificano la condanna del ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, al pagamento di una “somma equitativamente determinata” (come da dispositivo), in funzione sanzionatoria dell’abuso del processo (v. Cass. Sez. U. 05/07/2017, n. 16601).

Al riguardo non può non considerarsi infatti di sicuro rilievo la manifesta violazione di norma processuale sulla cui interpretazione si è da tempo consolidata la giurisprudenza di legittimità, come sopra richiamata.

Tutto ciò caratterizza l’iniziativa processuale, nel suo complesso, come frutto di colpa grave, così valutabile – come è stato detto – “in coerenza con il progressivo rafforzamento del ruolo di nomofilachia della Suprema Corte, nonchè con il mutato quadro ordinamentale, quale desumibile dai principi di ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.), di illiceità dell’abuso del processo e di necessità di una interpretazione delle norme processuali che non comporti spreco di energie giurisdizionali” (v. Cass. 14/10/2016, n. 20732; Cass. 21/07/2016, n. 15017; Cass. 22/02/2016, n. 3376; Cass. 7/10/2013, n. 22812).

4. Ricorrono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 700 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Condanna altresì il ricorrente al pagamento della somma di Euro 700 ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2019

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