Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19540 del 08/07/2021
Cassazione civile sez. III, 08/07/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 08/07/2021), n.19540
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30984-2019 proposto da:
N.E., domiciliato ex lege in Roma, presso la cancelleria della
Corte di Cassazione rappresentato e difeso dall’avvocato
MASSIMILIANO VIVENZIO;
– ricorrenti –
nonché contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE
INTERNAZIONALE MILANO MONZA;
– intimati –
nonché contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che
lo rappresenta e difende;
– resistenti –
avverso la sentenza n. 1515/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 04/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/02/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.
Fatto
RILEVATO
che:
1. N.E., cittadino della (OMISSIS) ((OMISSIS)), chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:
(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;
(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;
(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione tempotis).
2. Il richiedente dedusse a fondamento delle sue ragioni di aver lasciato la (OMISSIS) per le minacce subite da parte di alcune gang locali che volevano informazioni in merito al fratello. Temendo per la propria incolumità, N.E. decise di fuggire e giunse in Italia.
La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.
Avverso tale provvedimento N.E. propose ricorso dinanzi il Tribunale di Milano, che con ordinanza del 18 luglio 2018 rigettò il reclamo. Il Tribunale ritenne:
a) inattendibile il racconto del richiedente;
b) infondata la domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato, perché il richiedente non aveva dedotto alcun fatto di persecuzione grave e personale;
c) infondata la domanda per il riconoscimento della protezione sussidiaria, perché nella regione di provenienza non era in atto un conflitto armato;
d) infondata la domanda per il riconoscimento della protezione umanitaria, poiché l’istante non aveva né allegato, ne provato, alcuna circostanza di fatto, diversa da quelle poste a fondamento delle domande di protezione “maggiore” (e ritenute inveritiere), di per se dimostrativa d’una situazione di vulnerabilità.
3. Tale decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Milano con sentenza n. 1515/2019 pubblicata il 4 aprile 2019.
4. La sentenza è stata impugnata per cassazione da N.E. con due motivi di ricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
5.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la “violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 9, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14, lett. c) e al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3”. Si censura la violazione del dovere di cooperazione istruttoria in quanto i giudici di merito avrebbero valutato la situazione sociopolitica della (OMISSIS) in base a fonti non aggiornate.
5.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la “violazione e/o erronea applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, in relazione alla reiezione della richiesta di riconoscimento di tutela umanitaria”. 11 mancato riferimento a fonti aggiornate in merito alla situazione sociopolitica presente in (OMISSIS) avrebbe impedito l’elaborazione di un corretto giudizio prognostico circa l’eventuale rimpatrio del richiedente nel paese e inoltre mancherebbe sotto il versante soggettivo la verifica dell’inserimento sociale e lavorativo dello stesso in Italia.
I motivi, congiuntamente esaminati per la loro stretta connessione, sono inammissibili.
Il dovere di cooperazione istruttoria consiste nella ricerca di informazioni in merito alla situazione sociopolitica del paese d’origine del richiedente tramite fonti certe, ufficiali e aggiornate al momento della decisione o ad epoca ad essa prossima. Nel caso di specie la Corte d’appello ha utilizzato fonti attendibili del 2017 e 2018, e quindi prossime alla data dell’udienza, da cui si desume l’assenza di una violenza generalizzata o di un conflitto armato in particolare nella zona di provenienza del richiedente, l'(OMISSIS), regione di molto distante dalle zone in cui opera (OMISSIS). Alla luce di ciò, si ritiene correttamente adempiuto il dovere di cooperazione istruttoria considerando anche il fatto che il ricorrente non ha presentato fonti più aggiornate che descrivano una situazione differente da quella descritta dai giudici di merito.
6. indefensio degli intimati non richiede la condanna alle spese.
7. Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.
PQM
la Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente (principali), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2021