Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19539 del 26/08/2013
Civile Sent. Sez. 3 Num. 19539 Anno 2013
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE
SENTENZA
sul ricorso 9335-2008 proposto da:
FORMICA
ROSELLA
FRMRLL40E44D653L,
elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso
lo
studio
LORENZO,
NARDONE
dell’avvocato
rappresentata e difesa dall’avvocato LA SPINA
GIUSEPPE giusta delega in atti;
– ricorrente contro
VANGA AMEDEO, VANGA ALESSANDRA AMEDEA, VANGA ILVA,
TASSI PAOLA, VANGA ROSITA, BARTOLI SIMONE;
– intimati –
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Data pubblicazione: 26/08/2013
sul ricorso 12819-2008 proposto da:
BARTOLI
SIMONE
BRTSMN71A10D653B,
elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA TUSCOLANA 1020, presso lo
studio dell’avvocato CILLIS DONATELLA, rappresentato
e difeso dall’avvocato MALFATTO BARTOLOMEO giusta
procura speciale del Dott. Notaio GIUSEPPE BOEMI in
FOLIGNO il 10/2/2012, REP. N. 53106;
– ricorrente contro
TASSI
PAOLA
VNGRST67R55D653I,
TSSPLA32M57C770J,
VANGA
VANGA
ALESSANDRA
ROSITA
AMEDEA
VNGLSN57A66D653Q, VANGA AMEDEO VNGMDA63DO4D653R,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA RAFFAELE
BATTISTINI 15, presso lo studio dell’avvocato NASINI
CRISTINA, rappresentati e difesi dall’avvocato TASSI
ANDREA giusta delega in atti;
FORMICA ROSSELLA, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso lo studio
dell’avvocato NARDONE LORENZO, rappresentata e difesa
dall’avvocato LA SPINA GIUSEPPE giusta delega in
atti;
– controricorrenti nonchè contro
VANGA ILVA;
– intimati –
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delega in atti, e all’avvocato LEVATI GIOVANNI giusta
avverso la sentenza n. 438/2007 della CORTE D’APPELLO
di PERUGIA, depositata il 06/12/2007, R.G.N.
375/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/06/2013 dal Consigliere Dott. ADELAIDE
udito l’Avvocato GIUSEPPE LA SPINA;
udito l’Avvocato GIOVANNI LEVATI;
udito l’Avvocato RENATO MARIANI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso
incidentale condizionato;
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AMENDOLA;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 9 novembre 1993 Rosella Formica
convenne innanzi al Tribunale di Perugia Simone Bartoli
chiedendo che venisse accertato e dichiarato il suo diritto di
riscattare il fondo dallo stesso acquistato, in violazione del
proprietaria coltivatrice diretta di un terreno confinante con
quello compravenduto.
Il convenuto, costituitosi in giudizio, contestò le avverse
pretese. Chiese ed ottenne di chiamare in causa gli alienanti,
signori Paola Tassi, Amedeo Vanga, Rosita Vanga, Ilva Vanga e
Alessandra Amedea Vanga, per sentirli condannare, in caso di
soccombenza, a manlevarlo dagli effetti del subito retratto e
a rifondergli i danni subiti, comprese le spese sostenute per
migliorare il fondo.
Resistettero i venditori.
Con sentenza del 2 dicembre 2003, depositata 1’8 gennaio 2004,
il giudice adito accolse la domanda.
Su gravame dal Bartoli, la Corte d’appello di Perugia, in data
5 dicembre 2007, in riforma della decisione impugnata, l’ha
invece rigettata.
Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte
Rosella Formica formulando due motivi e notificando l’atto a
Simone Bartoli, Paola Tassi, Amedeo Vanga, Rosita Vanga, uva
Vanga e Alessandra Amedea Vanga.
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diritto di prelazione a lei spettante per legge, in quanto
Resiste con controricorso Simone Bartoli, che propone altresì
ricorso incidentale condizionato affidato a 4 motivi, al quale
hanno resistito con due distinti controricorsi tutti gli
intimati, ad eccezione di uva Vanga.
MOTIVI DELLA DECISIONE
devono essere riuniti ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ.
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Nel motivare il suo convincimento il giudice di merito,
richiamata la giurisprudenza di legittimità in punto di
necessità, ai fini dell’insorgenza del diritto di prelazione
del confinante, di una
contiguità fisica e materiale per
reciproco contatto lungo la comune linea di demarcazione,
tra
il fondo compravenduto e quello del retraente, ha rilevato
che, nella fattispecie, l’unica particella di proprietà della
Formica aderente al compendio immobiliare acquisito dal
Bartoli era quella numero 350 del folio 107, laddove tutte le
altre erano, da essa e dal cespite in contestazione, isolate e
distaccate. E tanto – ha specificato – in base alle risultanze
delle planimetrie redatte dal consulente tecnico, non fatte
oggetto di specifiche contestazioni.
Ha poi aggiunto che dagli accertamenti eseguiti dal c.t.u. e
dalla documentazione prodotta risultava che le particelle n.
350 (fabbricato rurale) e 640 (corte annessa), entrambe
originariamente al catasto terreni, erano state accorpate in
un’unica particella, sotto il numero 350, e trasferite al
catasto urbano su istanza della Formica medesima, in epoca
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l I ricorsi hinc et inde proposti avverso la stessa sentenza
antecedente alla stipula dell’atto di trasferimento in favore
del Bartoli.
Sulla base di tali premesse, ha affermato il decidente che il
terreno compravenduto confinava con un’area urbana e cioè con
un’area avente una destinazione diversa da quella agricola e
intenzione di svolgere attività di coltivatrice diretta.
Né rilevanza poteva avere, secondo la Curia territoriale, la
circostanza che la predetta porzione di immobile ricadesse in
zona classificata dal Piano Regolatore Generale “Ambito
Agricolo di Pregio”, posto che tale inserimento valeva a
sottoporre una eventuale attività edificatoria ai limiti
previsti dal piano, ma non escludeva affatto che il fabbricato
e la corte annessa, accatastati all’urbano, potessero essere
adibiti ad attività diversa dalla coltivazione.
2.1
Di tale valutazione si duole la ricorrente che, con il
primo motivo, denunciando violazione degli artt. 8 della legge
n. 590 del 1965, 7 della legge n. 817 del 1971, 2697 e 2700
cod. civ., 61, 115, 116, 191 e segg., 201, 132, n. 4, cod.
proc. civ. ,
ex
art. 360, nn. 3, 4 e 5 cod. proc. civ.,
critica la decisione della Corte d’appello per avere ritenuto,
sulla base del solo dato catastale, che la particella 350
avesse perduto il carattere di suolo agricolo, in contrasto
con la valorizzazione della situazione di fatto dell’immobile,
privilegiata invece dalla giurisprudenza di legittimità
(confr. Cass. civ. 10 agosto 1988, n. 4920).
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sulla quale la proprietaria non aveva, evidentemente, alcuna
Aggiunge che i fondi di proprietà dell’impugnante risultavano
tutti tra loro collegati, posto che, come poteva evincersi
dalla piantina allegata alla consulenza tecnica d’ufficio, la
particella 350 era annessa, mediante apposita strada,
a quella
378, anch’essa adibita ad attività agricola; che, in ogni
deduzioni dei consulenti di parte, sia le risultanze della
prova testimoniale, dalle quali emergeva in maniera
inequivocabile che anche quella parte del fondo aveva
conservato il requisito della ruralità.
2.2 Con il secondo mezzo l’impugnante lamenta violazione degli
artt. 8 legge n. 590 del 1965, 7 legge n. 817 del 1971, 2697 e
2700 cod. civ., 115, 116 e 132, n. 4, cod. proc. civ., 9 L.R.
n. 52 del 1983, 42 del PRG del Comune di Foligno vigente nel
1992, nonché delle leggi nn. 431 del 1985 e 1497 del 1939, ex
art. 360, nn. 3, 4 e 5 cod. proc. civ.
Oggetto delle critiche è la ritenuta irrilevanza del fatto che
l’area in cui ricadeva la particella 350 era classificata come
agricola nel P.R.G., laddove ciò comportava, secondo
l’esponente, che i terreni in essa compresi dovessero
tout
court considerarsi a destinazione agricola.
3
Le censure,
che
si prestano a essere esaminate
congiuntamente per la loro intrinseca connessione, sono
infondate.
Occorre muovere dalla considerazione che, per giurisprudenza
costante di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di
caso, il giudice di merito aveva completamente ignorato sia le
discostarsi,
la disposizione dell’art. 8 della legge 26
maggio 1965, n. 590 – secondo cui il diritto di prelazione
agraria non spetta all’affittuario, al mezzadro, al colono, al
compartecipante, rispetto ai terreni che in base al piano
regolatore, anche se non ancora approvato, siano destinati ad
interpretata nel senso che sono esclusi dalla prelazione tutti
i terreni la cui destinazione, seppure non edificatoria, sia
comunque da considerare urbana in contrapposizione ad
agricola, atteso che, una volta assegnata a una certa zona una
edificabilità maggiore di quella considerata normale per le
zone agricole e non vincolata alle esigenze dell’agricoltura,
si è per ciò stesso in presenza di una zona sottratta al
retratto in favore dei coltivatori diretti (confr. Cass. civ.
14 marzo 2013, n. 6572; Cass. civ. 31 marzo 2010, n. 7796). E
tanto in considerazione del carattere eccezionale
dell’istituto della prelazione e della
ratio legis,
intesa a
tutelare lo sviluppo della proprietà coltivatrice, finalità
che è evidentemente esclusa in partenza allorquando, già nel
momento in cui il fondo è trasferito, è attuale la previsione
di un suo possibile sfruttamento non agricolo.
A ciò aggiungasi che, proprio perché il diritto di riscatto ex
art. 8 della legge 26 maggio 1965 n. 590 è configurabile
esclusivamente in relazione al trasferimento di fondi rustici,
il giudice non può prescindere da un accertamento della
situazione di fatto alla data del trasferimento e in
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utilizzazione edilizia, industriale o turistica – deve essere
particolare dalla verifica se il terreno oggetto di riscatto
sia ancora suscettibile di coltivazione agricola oppure abbia
perso in modo irreversibile l’attitudine alla coltivazione
(confr. Cass. civ. 26 maggio 2005, n. 11193, con riferimento a
un terreno adibito a piazzale o a giardino).
Peraltro, la funzionalizzazione della prelazione agraria
alla ottimizzazione delle dimensioni delle aziende agricole,
nell’interesse generale della produzione – e la connessa,
particolare attenzione raccomandata all’interprete al fine di
evitarne applicazioni di carattere speculativo – impone di
ritenere che, reciprocamente, il terreno in proprietà del
confinante coltivatore diretto, il quale intenda esercitare la
prelazione, deve essere agricolo, sia in astratto che in
concreto: deve cioè non solo non avere una diversa
destinazione, in base agli strumenti urbanistici in vigore, ma
non aver perso, di fatto, l’attitudine alla coltivazione, in
conseguenza della trasformazione del suolo coltivabile (confr.
Cass. civ. 2 febbraio 1995, n. 1244).
5 Poste tali premesse, in un contesto fattuale in cui non è
contestata la classificazione come agricola, in base agli
strumenti urbanistici in vigore, dell’unica particella di
proprietà della ricorrente, confinante con il predio
compravenduto, l’accertamento della sussistenza o meno di
quella destinazione,
anche in concreto, è
evidentemente
demandata al giudice di merito, la cui valutazione, ove
congruamente motivata, è insindacabile in sede di legittimità.
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Nella fattispecie la Corte territoriale ha argomentato il suo
convincimento sulla base di due dati di fatto assolutamente
incontrovertibili: da un lato, l’accatastamento all’urbano
della particella n. 350 per iniziativa della stessa
proprietaria, fatto non implausibilmente considerato sintomo
sottratta alla coltivazione; dall’altro, la presenza sulla
superficie in contestazione di coltivazioni definibili, per
concorde giudizio sia del consulente d’ufficio, sia dei
tecnici di parte, come arredi urbani, e non come colture
agrarie.
A fronte di tale apparato argomentativo, corretto sul piano
logico e giuridico, esente da aporie e da contrasti
disarticolanti con il contesto fattuale di riferimento, le
critiche sollevate dall’esponente, attraverso la surrettizia
deduzione di violazioni di legge e di vizi motivazionali, in
realtà inesistenti, mirano a sollecitare una rivalutazione dei
fatti e delle prove, preclusa in sede di legittimità.
Non è superfluo aggiungere, per completezza, che l’acclarata
destinazione non agricola della particella 350 – unica
porzione confinante, si ripete, con il fondo compravenduto rende del tutto superflua l’indagine sulla contiguità o meno
con la stessa delle altre parti del predio in proprietà della
Formica, e tanto a tacer del fatto che la confutazione dei
rilievi del giudice di merito in ordine alla dislocazione
delle stesse è smentita dall’affermazione della ricorrente
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inequivocabile della volontà della stessa di farne un’area
medesima circa l’esistenza di una
apposita strada
tra la
particella 378 e la particella 350.
Il
ricorso
principale
deve,
in
definitiva,
essere
integralmente rigettato. Resta assorbito l’esame del ricorso
incidentale condizionato.
giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale,
assorbito l’incidentale condizionato. Condanna la ricorrente
al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi
euro 5.200,00 (di cui euro 200,00 per esborsi), oltre IVA e
CPA, come per legge.
Roma, 11 giugno 2013
Segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di