Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19538 del 30/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 30/09/2016, (ud. 12/09/2016, dep. 30/09/2016), n.19538

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SABATO Raffale – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1547-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.A., elettivamente domiciliata in ROMA VIA PALLAVICINI

SFORZA 18, presso lo studio dell’avvocato ROSARIO CARMINE RAO,

rappresentata e difesa dagli avvocati FRANCESCO CUCINOTTA,

GIANFILIPPO CECCIO, SALVATORE CATANIA giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 224/2009 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

MESSINA, depositata il 23/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/09/2016 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato MARCHINI che ha chiesto

l’accoglimento;

uditi per il controricorrente gli Avvocati CUCINOTTA e CECCIO che

hanno chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nei confronti di R.A. venne emesso avviso di accertamento per ricavi non contabilizzati per l’anno d’imposta 2001. Il ricorso della contribuente venne rigettato dalla CTP. L’appello venne accolto dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia sulla base della seguente motivazione.

L’accertamento è partito da un non dimostrato valore delle rimanenze iniziali al 1 gennaio 2000 quantificato in L. 3.300.000.000. L’accertamento è frutto degli stessi errori compiuti dai verificatori: è stata in particolare esclusa dall’inventario delle merci giacenti “l’oreficeria fuori moda, i rottami in oro e l’oro vecchio”. Sono state così, secondo la CTR, imputate vendite inesistenti per lire 495.252.873.

Ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di due motivi. Resiste con controricorso la contribuente.

Sono state depositate memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. Osserva la ricorrente, premesso il contenuto dell’originario ricorso di primo grado, che quest’ultimo non conteneva il motivo del mancato inserimento nelle giacenze finali dell’oro vecchio (quali rottami d’oro e oreficeria fuori moda), peraltro già considerato dai verificatori, e che neppure era stato dedotto in primo grado il fatto che il calcolo del ricarico era stato commisurato non alle quantità effettivamente vendute nell’anno 2001 bensì alle quantità acquistate nello stesso anno.

Il motivo è fondato. Nella motivazione dell’impugnata sentenza non è dato rinvenire un riferimento al fatto che il calcolo del ricarico era stato commisurato non alle quantità effettivamente vendute nell’anno 2001 bensì alle quantità acquistate nello stesso anno. Costituisce invece ratio decidendi l’esclusione dall’inventario delle merci giacenti dell’oreficeria fuori moda, dei rottami in oro e dell’oro vecchio. Nel rispetto del principio di autosufficienza la ricorrente ha trascritto il contenuto dell’originario ricorso di primo grado. Fra i motivi dell’originaria impugnazione non è dato rinvenire un riferimento al mancato inserimento nelle giacenze finali dell’oro vecchio. Trattasi non di specificazione dei motivi originariamente dedotti, ma di autonomo motivo di impugnazione dell’atto impositivo, tardivamente dedotto con l’atto di appello, e che ha costituito il fondamento della decisione impugnata. Nel processo tributario d’appello, la nuova difesa del contribuente, ove non sia riconducibile all’originaria “causa petendi” e si fondi su fatti diversi da quelli dedotti in primo grado, che ampliano l’indagine giudiziaria ed allargano la materia del contendere, si traduce in un motivo aggiunto e, dunque, in una nuova domanda, vietata ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 24 e 57 (fra le tante, da ultimo, Cass. 3 luglio 2015, n. 13742).

Con il secondo motivo si denuncia omessa motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. Osserva la ricorrente che la sentenza recepisce le censure di parte all’avviso di accertamento per il fatto che esse, benchè nei calcoli utilizzino le cifre del 2001, espongono nella motivazione quelle del 2000, che “non potrebbero mai e poi mai portare le maggiori imposte IRPEF, IRAP ed IVA con le addizionali comunali alle voci poi elencate nei prospetti”; essa non spiega tuttavia perchè ciò sia ritenuto sufficiente per annullare l’accertamento, trattandosi di mero errore materiale, come si evince dalle risultanze del p.v.c. richiamato dall’avviso. Aggiunge che prive di spiegazione sono le affermazioni relative al non dimostrato valore delle rimanenze iniziali al 1 gennaio 2000 quantificato in L. 3.300.000.000 e alla “non dimostrabile nè dimostrata quantizzazione in lire 1.085.131.675 del costo del venduto”, essendo palese che il riferimento ai dati del 2000 è il risultato di un errore materiale e che dunque il riferimento al valore delle rimanenze iniziali al 1 gennaio 2000 è del tutto inconferente. Osserva infine la ricorrente che immotivata è la decisione nel senso di considerare inesistenti le vendite di L. 495.252.873, quasi che tutta la differenza fra giacenze iniziali e finali fosse costituita da “oro vecchio”.

Il motivo è in parte fondato ed in parte inammissibile. Il riferimento nella rubrica del motivo è chiaramente da riferire all’art. 360 c.p.c., n. 5. Le censure non colgono che unica ratio decidendi è il mancato inserimento nelle giacenze finali dell’oro vecchio, da cui sono poi derivati tutti gli altri errori, come si esprime la decisione impugnata. Ne deriva che il motivo di ricorso richiama aspetti della decisione che non integrano la ratio decidendi. Integra invece la ratio decidendi il riferimento all’inesistenza di vendite per L. 495.252.873 quale conseguenza della mancata considerazione dell’oro vecchio. La conclusione in termini di inesistenza delle vendite per tale valore risulta priva dell’illustrazione del fondamento logico in quanto la mancata valutazione dell’oro vecchio, benchè sia in astratto idonea a rendere inattendibile l’accertamento dell’Ufficio, non giustifica nel concreto in modo univoco la conclusione in termini di inesistenza di vendite per L. 495.252.873. La conclusione del giudice di merito risente quindi di un salto logico che la motivazione non è in grado di colmare.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso ed in parte il secondo motivo, dichiarando quest’ultimo per il resto inammissibile; cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2016

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