Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19536 del 14/09/2010

Cassazione civile sez. I, 14/09/2010, (ud. 21/04/2010, dep. 14/09/2010), n.19536

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.L., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza

Filattiera 49, presso l’avv. Simona Martinelli, rappresentato e

difeso dall’avv. Cavuoto Carmen per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, e

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e difende per

legge;

– controricorrenti –

avverso il decreto della Corte d’appello di Brcscia in data 16-17

maggio 2007, nella causa iscritta al n. 74/2007 R.G.V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21 aprile 2010 dal relatore, cons. Dr. Stefano Schirò;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott. RUSSO Rosario Giovanni, che nulla ha

osservato.

 

Fatto

LA CORTE

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

Il Consigliere Relatore, letti gli atti depositati;

Ritenuto Che:

1. P.L. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto in data 18 giugno 2007, con il quale la Corte di appello di Brescia ha dichiarato inammissibile il ricorso dal medesimo proposto nei confronti del Ministero della Giustizia e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, per il pagamento di un indennizzo per il superamento del termine di ragionevole durata di un processo penale promosso nei suoi confronti il 15 gennaio 1996 e definito con sentenza della Corte di appello di Milano del 24 maggio 2006;

1.1. I Ministeri intimati non hanno svolto attività difensiva;

OSSERVA:

2. la Corte di appello di Brescia ha dichiarato inammissibile il ricorso in quanto tardivamente proposto il 23 febbraio 2007, in violazione del disposto della L. n. 89 del 2001, art. 4 oltre il termine di sei mesi dalla data in cui la sentenza penale è divenuta definitiva, data individuata in quella del 24 maggio 2006, nella quale si è data lettura del dispositivo della sentenza di appello, a nulla rilevando il termine fissato ex art. 544 c.p.c., comma 3 per il deposito della motivazione ed il successivo termine per impugnare assegnato dalla legge alle sole parti a ciò legittimate, non identificabili nella specie nel pubblico ministero, essendo irrevocabile la rinuncia all’impugnazione della sentenza di primo grado dal medesimo effettuata, nè sussistendo altre parti processuali accreditabili di interesse a proporre ricorso per cassazione;

3. il ricorrente censura il decreto impugnato, proponendo due motivi di ricorso, con i quali censura:

3.1. l’affermazione della Corte di appello di Brescia, secondo la quale la sentenza penale della Corte di appello di Milano era passata in giudicato alla data di deposito del dispositivo;

3.2. la mancata considerazione da parte della Corte di appello dell’attestazione della Cancelleria della Corte di appello di Milano, secondo cui la sentenza penale era passata in giudicato il 7 ottobre 2006;

3.3. il Ministero dell’Economia e delle Finanze appare sprovvisto di legittimazione passiva ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 3; il primo e secondo motivo, esaminati congiuntamente, appaiono manifestamente fondati; infatti, in tema di ragionevole durata dei processo, la L. n. 89 del 2001, art. 4 nello stabilire che la domanda di equa riparazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi del “momento in cui la decisione è divenuta definitiva”, fa specifico riferimento alla decisione che conclude il procedimento” e, cioè, a quella finale che, come tale, è in linea di principio immutabile non appena viene ad esistenza, non essendo ulteriormente impugnabile (Cass. 2007/569; 2007/3264);

nel caso di specie, la sentenza penale della Corte di appello aveva previsto il termine del 30 giugno 2006 per il deposito della motivazione, ai sensi dell’art. 544 c.p.c., comma 3, termine da cui decorreva l’ulteriore termine di quarantacinque giorni per l’impugnazione ai sensi dell’art. 585 c.p.c., comma 1, n. 3, da prorogarsi per la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, con la conseguenza che la sentenza penale di appello doveva ritenersi definitiva alla data del 7 ottobre 2006. come attestato dalla Cancelleria penale della Corte di appello di Milano, e che il ricorso per equa riparazione proposto il 23 febbraio 2007 appare tempestivo;

4. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilevi formulati al punto 3.3., si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio – rilevata la legittimazione passiva in questa fase processuale del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha partecipato al giudizio di merito – ha condiviso le ulteriori argomentazioni esposte nella relazione;

ritenuto pertanto che, in base alle considerazioni che precedono, il ricorso meriti accoglimento e che il decreto impugnato debba essere annullato con rinvio della causa, per un nuovo esame dell’originario ricorso per equa riparazione, ad altro giudice, individuato nella Corte d’appello di Brescia in diversa composizione, che provvedere anche a regolare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2010

 

 

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