Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19535 del 23/09/2011

Cassazione civile sez. trib., 23/09/2011, (ud. 08/06/2011, dep. 23/09/2011), n.19535

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7980/2007 proposto da:

IVO GIOIELLERIA DI VALLARANI IVO & C. SAS in persona del

socio

Accomandatario, elettivamente domiciliato in ROMA VIA COSSERIA 5,

presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI Guido, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MURIALDO PAOLO, giusta delega a

margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 100/2005 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 12/01/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

08/06/2011 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito per il resistente l’Avvocato TIDORE, che ha chiesto

l’inammissibilità in subordine rigetto, deposita in udienza formale

atto di costituzione dell’Avv. Generale dello Stato;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La s.a.s. Ivo Gioielleria di Vallarani Ivo & C. ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della commissione tributaria regionale della Liguria in data 17.1.2006, che, in riforma della decisione di primo grado (della commissione tributaria provinciale di Savona), ha respinto un ricorso della medesima società nei confronti di un avviso di accertamento per il recupero di maggiore Iva attinente all’anno 1994.

Ha dedotto due motivi di doglianza.

L’intimata agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con i due mezzi la ricorrente deduce vizi di motivazione, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e all’art. 360 c.p.c., n. 5, assumendo che l’ufficio accertatore abbia proceduto alla determinazione su base induttiva del volume d’affari e giustificato il ricorso a tal tipo di accertamento per la ritenuta esistenza di acquisti senza fattura accertati documentalmente (con correlata presunzione di rivendita stante il mancato rinvenimento della mercè acquistata).

Lamenta peraltro di aver contestato, in sede giurisdizionale, il presupposto dell’accertamento induttivo, in quanto la summentovata prova documentale degli avvenuti acquisti era stata dedotta dall’ammontare di altrettante cambiali rinvenute presso la propria sede, con una sequela di presunzioni a cascata non adeguatamente valutate dalla commissione tributaria.

2. – I due sopra detti motivi, suscettibili di unitaria considerazione in quanto chiaramente connessi, sono destituiti di fondamento, ove anche si reputi il ricorso non inammissibile in relazione all’art. 366 c.p.c., per difetto dell’esposizione sommaria dei fatti di causa.

(Si osserva, a questo proposito, che nell’atto de quo non risulta riportato il contenuto effettivo della sentenza impugnata, quanto piuttosto la semplice trascrizione del dispositivo corredata da una appena accennata rapsodica sintesi di talune motivazioni addotte al riguardo, e che le circostanze relative ai fatti che hanno dato origine al procedimento sono a loro volta riferite in termini di sostanziale laconicità).

Dalla sentenza emerge che, a base dell’accertamento con metodologia induttiva, fu posta la circostanza del rinvenimento di cambiali in favore di soggetti terzi. E che la dimostrazione della riferibilità a rapporti causali extra (vale a dire non correlabili all’oggetto dell’attività commerciale svolta nell’esercizio d’impresa) non era stata dal contribuente fornita.

Trattasi di accertamento di fatto correttamente motivato e insindacabile in questa sede.

E’ invero del tutto pacifico che il rinvenimento di cambiali-tratte, rilasciate dal contribuente a beneficio di terzi apparenti fornitori, costituisce valida presunzione di omesse fatturazioni e registrazioni di corrispettivi – e di inesatte dichiarazioni annuali – da parte del contribuente medesimo; e pienamente giustifica, pertanto, il ricorso all’accertamento induttivo di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 55, quanto ai maggiori corrispettivi derivati dalla rivendita dei beni non rinvenuti in magazzino, senza infrangersi nel divieto di presunzioni di secondo grado.

Spese alla soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.000,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 8 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2011

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