Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19535 del 23/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19535 Anno 2018
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 12262-2017 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A.C.F.97103880585, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
PO n.25/B, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la
rappresenta e difende;

– ricorrente contro
GALEANO IRENE, elettivamente domiciliata in ROMA piazza
Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e
difesa dall’avvocato GIUSEPPE ALASTROCINQUE;

– controricorrente avverso la sentenza n. 48/2016 della CORTE D’APPELLO DI
LECCE SEZIONE DISTAGATA DI di TARANTO, depositata il
11/05/2016;

Data pubblicazione: 23/07/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 23/05/2018 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNAND1S.
RILEVATO
che, con sentenza dell’Il maggio 2016, la Corte di Appello di Lecce

giudice, dichiarava la nullità del termine apposto al contratto di
lavoro intercorso tra Irene Galeano e Poste Italiane s.p.a. e relativo
al periodo dal 2 al 31 marzo 2005 e, accertata la sussistenza di un
rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra le parti, condannava la
società a riammettere il servizio la lavoratrice nonché al pagamento
in suo favore dell’indennità di cui all’art. 32, comma 5 0 , legge n. 183
del 2010 determinata in dodici mensilità dell’ultima retribuzione
globale di fatto;
che il termine era stato apposto per “ragioni di carattere sostitutivo
correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del
personale addetto al servizio di recapito presso la Regione Sud 1
assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro nel
periodo..”;
che per la cassazione di tale decisione propone ricorso Poste
Italiane affidato a due motivi cui resiste la Galeano con
controricorso;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art.
380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti,
unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di
consiglio;
che entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis
cod. proc. civ.: la società ricorrente, in dissenso dalla proposta del
relatore, insiste per l’accoglimento del ricorso mentre la Galeano per
la sua inammissibilità;
CONSIDERATO
che : con il primo motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa
applicazione dell’art. 1 d.Lgs. n. 368 del 2001 anche in relazione agli

Ric. 2017 n. 12262 sez. ML – ud. 23-05-2018
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– sezione distaccata di Taranto, riformando la decisione del primo

artt. 115 e 116 nonché 1362 cod. proc. civ. ( ai sensi dell’art. 360,
primo comma, n.3, cod. proc. civ.) ed omesso, insufficiente e
contraddittorio esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto
di discussione tra le parti ( ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 5,
cod. proc. civ.) per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto
che la omessa indicazione del nominativo del lavoratore (o dei

legittimità della apposizione del termine e, stante tale genericità, che
la società non avesse provato la ricorrenza in concreto, ovvero con
riferimento all’ufficio di destinazione della Galeano, delle esigenze
richiamate in contratto valutando non idonea la documentazione
prodotta a tal fine dalla società; con il secondo motivo si deduce
violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della legge n. 604/1966
nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ( in
relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.)
essendo il giudice del gravame, nel determinare l’ammontare
dell’indennità di cui all’art. 32 della legge n. 183 del 2010,
unicamente alle dimensioni aziendali senza alcun riferimento agli
altri criteri indicati nel menzionato art. 8 L. n. 604/1966 e, peraltro,
senza, tenere conto degli Accordi sindacale volti alla stabilizzazione
dei rapporti di lavoro ed alla costituzione di una graduatoria cui
attingere in caso di necessità;

che il primo motivo è fondato alla luce della giurisprudenza di
questa Corte secondo cui: (v. in particolare, fra le altre, Cass. 26
gennaio 2010 n. 1577 e Cass. 26 gennaio 2010 n. 1576), “in tema di
assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di
carattere sostitutivo, alla luce della sentenza della Corte
costituzionale n. 214 del 2009, con cui è stata dichiarata infondata la
questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art.
1, comma 2, l’onere di specificazione delle predette ragioni è
correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della
causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa
nel corso del rapporto. Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse,
in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad
Ric. 2017 n. 12262 sez. ML – ud, 23-05-2018
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lavoratori) sostituito assente non consentisse la verifica della

una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta,
l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se
l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola
insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse
– risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito
territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le

conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il
numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non identificati
nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della
sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità.” (cui
adde , ex multis: Cass. 17-1-2012 n. 565, Cass. 4-6-2012 n. 8966,
Cass. 20-4-2012 n. 6216, Cass. 30- 5-2012 n. 8647, Cass. 26-72012 n. 13239, Cass. 2-5-2011 n. 9602, Cass. 6-7-2011 n. 14868):
Ed infatti, in applicazione di tali principi, Cass. 1577/2010, ha
confermato la decisione della Corte territoriale che aveva ritenuto
esistente il requisito della specificità con l’indicazione nell’atto scritto
della causale sostitutiva, del termine iniziale e finale del rapporto, del
luogo di svolgimento della prestazione a termine, dell’inquadramento
e delle mansioni del personale da sostituire, e, quanto al riscontro
fattuale del rispetto della ragione sostitutiva, ha ritenuto
correttamente motivato, e come tale incensurabile, l’accertamento
effettuato dal giudice di merito che, con riferimento all’ambito
territoriale dell’ufficio interessato, aveva accertato il numero dei
contratti a termine stipulati in ciascuno dei mesi di durata del
contratto a termine, confrontandolo con il numero delle giornate di
assenza per malattia, infortunio, ferie, etc. del personale a tempo
indeterminato, pervenendo alla valutazione di congruità del numero
dei contratti stipulati per esigenze sostitutive (v. Cass. 15-12-2011
n. 27052, Cass. 16-12-2012 n. 27217). In tale quadro,
caratterizzato dalla definizione di un criterio elastico che si riflette poi
sulla relatività della verifica dell’esigenza sostitutiva in concreto, per
la legittimità della apposizione del termine è sufficiente quindi
l’accertamento della congruità del rapporto tra le assenze del
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mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla

personale stabile e il numero dei contratti a termine conclusi per tale
esigenza, in un determinato periodo. Nel caso in esame la Corte di
merito ha correttamente applicato i sopra enunciati principi sopra
enunciati tenendo conto del fatto che il concetto di specificità deve
essere collegato a situazioni aziendali non più standardizzate, ma
riferite alle realtà specifiche in cui il contratto viene ad essere calato

indicate le mansioni ( servizio di recapito) cui era destinato la
lavoratrice assunta a termine, l’ufficio di applicazione (Regione Sud
1) ed il fatto che andava a sostituire lavoratori aventi diritto alla
conservazione del posto;
che l’accoglimento del primo motivo assorbe il secondo;
che, pertanto, in dissenso dalla proposta del relatore , va accolto il
primo motivo di ricorso, dichiarato assorbito il secondo, l’impugnata
sentenza va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Lecce che
provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di
legittimità;

P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo,
cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di Appello di Lecce
anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2018
Il Presidente

giustamente considerando specifica una clausola in cui venivano

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