Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19534 del 08/07/2021

Cassazione civile sez. lav., 08/07/2021, (ud. 04/02/2021, dep. 08/07/2021), n.19534

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2509-2020 proposto da:

S.S., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARCO CAVICCHIOLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI TORINO, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA,

alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 886/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 27/05/2019 R.G.N. 1084/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/02/2021 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza 27 maggio 2019, la Corte d’appello di Torino rigettava l’appello proposto da S.S., cittadino (OMISSIS), avverso l’ordinanza di primo grado, reiettiva delle sue domande di protezione internazionale e umanitaria;

2. come già il Tribunale (e prima la Commissione Territoriale), essa negava la credibilità della vicenda personale (che dava atto non essere stata oggetto di censura) del richiedente (di etnia (OMISSIS), religione islamica, celibe e senza figli), che aveva riferito di aver lasciato il Paese nell’anno 2014 (avendo poi vissuto in Libia almeno due anni ed arrivando in Italia nel maggio 2016), per timore di essere arrestato, non essendo in grado di restituire al proprio datore di lavoro (azienda creditizia) il denaro prestatogli (equivalente a circa mille Euro) per l’acquisto di bestiame che era poi perito;

3. dall’accertata non credibilità la Corte territoriale traeva la carenza di prova in ordine ai requisiti propri delle misure di protezione sussidiaria, anche alla luce delle informazioni assunte da fonti internazionali in ordine alla situazione generale del (OMISSIS) (in netto miglioramento istituzionale, di tutela delle libertà fondamentali e dell’economia, dopo la successione del nuovo presidente, in esito alle libere elezioni del 2017, al dittatore J., che aveva costretto il Paese in una condizione di chiusura per un ventennio) tanto di quella umanitaria, in assenza di specificate condizioni di vulnerabilità e di un inserimento sociale in Italia comparabile con quello in (OMISSIS), di radicamento etnico, linguistico, religioso ed affettivo, per la conservazione di rapporti familiari;

4. con atto notificato il 27 dicembre 2019, lo straniero ricorreva per cassazione con due motivi; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. il ricorrente deduce violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, per erroneo rigetto della domanda di protezione sussidiaria, a causa di sostanziale omissione dell’obbligo di cooperazione istruttoria in ordine alla rappresentata situazione di violenza generalizzata e indiscriminata in (OMISSIS), anche dopo l’elezione del nuovo presidente, per l’assenza di uno stabile controllo statale, avendo la Corte territoriale ciò escluso sulla base non già di fonti internazionali riconosciute (COI), bensì di due fonti informative di natura privata (il sito della casa editrice Treccani e il giornale on line (OMISSIS)) (primo motivo);

2. esso è fondato;

3. in tema di protezione internazionale, il dovere di cooperazione istruttoria del giudice, operante attraverso il suo accertamento anche d’ufficio se, e in quali limiti, nel Paese di origine del richiedente si verifichino fenomeni tali da giustificare l’applicazione della misura, mediante l’assunzione di informazioni specifiche, attendibili e aggiornate, non risalenti rispetto al tempo della decisione, che il giudice deve riportare nel contesto della motivazione (Cass. 28 giugno 2018, n. 17069; Cass. 12 dicembre 2018, n. 28990; Cass. 19 aprile 2019, n. 11096);

3.1. le suddette fonti devono essere attendibili e pertanto avere carattere di ufficialità, in corrispondenza della previsione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, secondo cui ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall’ACNUR, dal Ministero degli affari esteri, o comunque acquisite dalla Commissione stessa (cd. COI, ossia Country of Origin Information): sicché, l’obbligo di cooperazione si sostanzia nell’acquisizione di COI aggiornate al momento della decisione (o ad esso prossimo) e pertinenti (Cass. 30 ottobre 2020, n. 23999), aventi una tale ufficialità (Cass. 12 maggio 2020, n. 8819; Cass. 29 dicembre 2020, n. 29701), o comunque accreditate per la provenienza dalle principali organizzazioni non governative attive nel settore dell’aiuto e della cooperazione internazionale (come Amnesty International e Medici senza frontiere: Cass. 30 giugno 2020, n. 13253);

3.2. nel caso di specie, la Corte territoriale non ha correttamente adempiuto all’obbligo di cooperazione istruttoria, essendosi basata sui siti privati della casa editrice Treccani e il giornale on line (OMISSIS) (come indicato all’ultimo capoverso di pg. 4 e al primo di pg. 5 della sentenza), privi dell’attendibilità richiesta per l’accertamento delle condizioni effettive del Paese di provenienza del richiedente in funzione della misura richiesta;

4. il ricorrente deduce violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3 e art. 8, comma 3, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, per la propria condizione di vulnerabilità alla luce delle (se non ritenuta situazione di violenza indiscriminata, quanto meno) gravi condizioni di degrado economico e sociale del (OMISSIS), al limite della sopravvivenza, giustificante la concessione della protezione umanitaria, tenuto conto del non valorizzato percorso di inserimento sociale del richiedente attraverso attività di volontariato e di formazione professionale con inserimento lavorativo (secondo motivo);

5. esso è assorbito;

6. pertanto il primo motivo deve essere accolto, assorbito il secondo, con la cassazione della sentenza, in relazione al motivo accolto e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza, in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 4 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2021

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