Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19533 del 19/07/2019

Cassazione civile sez. III, 19/07/2019, (ud. 06/06/2019, dep. 19/07/2019), n.19533

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5496/2018 proposto da:

ITAS VITA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore e

procuratore speciale Dott. G.M.M., domiciliata ex

lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA GIRARDI;

– ricorrente –

contro

ECO DEM SRL, in persona del Curatore Dott. R.T.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI SAVORELLI 11, presso lo

studio dell’avvocato ANNA CHIOZZA, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MAURIZIO TOLENTINATI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 291/2017 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 14/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/06/2019 dal Consigliere Dott. MARILENA GORGONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società ITAS VITA S.p.A. propone ricorso per la cassazione della sentenza n. 291/2017 della Corte d’Appello di Trento, pubblicata il 14 novembre 2017, affidandosi a cinque motivi.

Resiste con controricorso, corredato di memoria, la società Ecodem S.r.l..

La ricorrente riferisce quanto segue.

La società Quadro Uno aveva stipulato con la società ricorrente la polizza vita n. 312299/0001, a fronte della corresponsione di un premo unico di perfezionamento pari ad Euro 500.000,00, con effetto dal 21.12.2012 e scadenza il 21.12.2017, indicando come soggetto beneficiario vita e beneficiario morte sè medesima e menzionando quale soggetto assicurato il proprio rappresentante legale pro tempore, B.D..

Il 25 giugno del 2013, B.D., inviava, tramite Pec, alla società Itas Vita, la comunicazione datata 24 giugno 2013, con cui, in veste di amministratore unico della società Quadro Uno, chiedeva di costituire sulla polizza un pegno a favore della Cassa Rurale di Caldonazzo, da cui la società Quadro Uno aveva ottenuto un prestito di Euro 1.200.000,00. Il documento risultava sottoscritto da B.D., quale rappresentante della società contraente, della quale veniva riportato anche il timbro in calce.

Successivamente, il 27 giugno 2013, sempre B.D. informava per iscritto la società Ecodem S.r.l. della propria volontà, in quanto soggetto assicurato, di comunicare ad Itas Vita la variazione del beneficiario della polizza, indicando proprio la società Ecodem quale nuovo beneficiario; precisava che la polizza risultava data in pegno ad Itas Mutua a garanzia della polizza fideiussoria (OMISSIS) e dichiarava che, in qualità di rappresentante legale della società Quadro Uno, si impegnava ora per allora a comunicare ad Itas Vita che non appena il pegno avesse cessato di sussistere ne sarebbe stato costituito uno ulteriore a favore di Ecodem S.r.l.. In calce al documento vi era una doppia sottoscrizione, quella di B.D. e quella, per accettazione, della società Ecodem.

In pari data veniva consegnata ad un agente Itas Vita una dichiarazione, con la quale si individuava, con effetto immediato, nella società Ecodem il nuovo beneficiario della polizza sia in caso di vita sia in caso di morte e si manifestava la volontà, una volta estinto il pegno a favore di Itas Mutua relativamente alla polizza (OMISSIS), di costituirne uno ulteriore a beneficio di Ecodem. Il testo della comunicazione precisava che la medesima veniva sottoscritta anche dal legale rappresentante dell’attuale beneficiario, il quale acconsentiva alla variazione e puntualizzava che tale variazione doveva intendersi irrevocabile e che ogni variazione ulteriore non avrebbe potuto essere attuata senza il consenso scritto della società Ecodem. Il documento risultava sottoscritto da B.D. e il timbro della società Quadro Uno era apposto in calce.

A seguito di richiesta di chiarimenti da parte di Itas Vita (12 luglio 2013), la società Quadro Uno, con comunicazione del 25 luglio 2013, confermava la volontà di cedere il pegno della Cassa Rurale di Caldonazzo alla società Ecodem a seguito dello svincolo da parte della Cassa Rurale di Caldonazzo; dello svincolo e del trasferimento del pegno si impegnava a dare ulteriore informazione. Anche tale comunicazione veniva sottoscritta dal rappresentante legale della società Quadro uno e recava il timbro di quest’ultima.

In pari data, con altra missiva destinata ad Itas Vita, la società Quadro Uno specificava che il vincolo a favore di Ecodem non aveva alcun valore in quanto Quadro Uno non aveva debiti nei suoi confronti e, pertanto i confermava la richiesta di emissione di appendice di pegno a favore della Cassa Rurale di Caldonazzo.

La società Itas Vita provvedeva, dunque, in data 26 luglio 2013 ad inserire l’appendice di pegno a favore della Cassa Rurale di Caldonazzo e il 6 marzo 2014 liquidava la somma prevista dalla polizza nei confronti della banca.

La società Ecodem, ritenendosi beneficiaria della polizza, dopo aver formulato infruttuosamente una serie di richieste di liquidazione, si rivolgeva al Tribunale di Trento, con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., perchè accertasse che l’appendice di pegno a favore della Cassa Rurale di Caldonazzo era priva di validità e di efficacia, condannasse la società Itas Vita a rilasciare apposita appendice di pegno a suo favore, dichiarasse che, ai sensi degli artt. 1920 e 1921 c.c., essa era la beneficiaria della polizza a partire dal 27 giugno 2013 o dal 15 luglio 2013 o dalla diversa data ritenuta giudizialmente; in via subordinata, instava per la condanna della società Itas Vita ad erogarle la prestazione assicurativa di polizza.

Il Tribunale adito rigettava, con sentenza n. 837/2016, la domanda attorea ed accoglieva le domande riconvenzionali delle società Quadro uno e Malvasiadiciannove, volte all’accertamento negativo di propri debiti verso la società Ecodem.

La Corte d’Appello di Trento, con la sentenza oggetto dell’odierna impugnazione, investita del gravame da Ecodem S.r.l., riformava parzialmente la decisione di prime cure, condannava la società Itas Vita a corrispondere all’appellante le prestazioni assicurative previste dalla polizza oggetto di causa con decorrenza dal 15 luglio 2013 e provvedeva alla regolazione delle spese di lite tra le parti, intervenute.

La motivazione era la seguente:

a) le ragioni per cui Quadro Uno aveva indicato la società Ecodem quale beneficiaria della polizza assicurativa, che il Tribunale aveva escluso trovassero causa nella espromissione del debito della società Malvasiadiciannove, come in un primo tempo suggerito dall’appellante, potevano essere ricondotte ad una promessa a favore di terzo o all’adempimento del terzo, per i quali non era necessario indicare i rapporti sottostanti alla decisione del promittente, “ben potendo la volontà della società Quadro Uno essere ricondotta al rapporto di appalto o di subappalto nell’ambito del medesimo cantiere”;

b) la costituzione di pegno a favore della Cassa Rurale di Caldonazzo veniva ritenuta valida ed efficace: l’atto scritto di costituzione era del 24 giugno 2013, quindi antecedente ai fatti di causa, il documento contenente l’atto costitutivo era stato consegnato al creditore pignoratizio, ai sensi dell’art. 2786 e dell’art. 2801 c.c., tant’è che era stato prodotto dalla banca; il fatto che il pegno fosse stato inserito da Itas Vita quale appendice della polizza, ai sensi dell’art. 13 delle condizioni generali, solo un mese dopo era un fatto cui la Cassa Rurale di Caldonazzo era rimasta estranea. Pertanto, l’avvenuta erogazione della somma oggetto del pegno da parte di Itas Vita a favore della banca era da ritenersi intangibile;

c) quanto alla sostituzione del beneficiario della polizza – ove singolarmente il contraente e il beneficiario erano lo stesso soggetto, la società Quadro uno, e l’assicurato, il rappresentante legale della medesima società – il documento, con cui B.D. aveva dichiarato la sua volontà di variare il beneficiario, sostituendo alla società Quadro Uno la società Ecodem, era da intendersi riferibile alla società Quadro Uno, in quanto era stato sottoscritto da B.D. sia in proprio sia come rappresentante legale della società Quadro Uno, tant’è che quando tale modifica venne comunicata ad Itas Vita essa venne sottoscritta due volte da B.D., in proprio e quale rappresentante legale della società Quadro Uno sul timbro di quest’ultima che era anche contraente della polizza. La conferma che tale volontà fosse anche quella della società sarebbe stato comprovato dalle comunicazioni successive, inviate alla società Ecodem e alla società Itas Vita, dalla società Quadro, ove veniva confermata la modifica del beneficiario come da disposizione del proprio rappresentante legale;

d) quanto alla irrevocabilità della nomina del nuovo beneficiario, era da ritenersi che, ai sensi dell’art. 15 delle condizioni di polizza, il contraente, la società Quadro Uno, con la missiva del 27 giugno 2013, avesse rinunciato al potere di revoca, precisando che la comunicazione ivi contenuta valesse quale unica ed irrevocabile variazione, non essendo possibili altre variazioni senza il consenso scritto della società Ecodem, la quale in pari data aveva sottoscritto per accettazione la medesima comunicazione;

e) ciò stando, cioè una volta ritenuta irrevocabile la designazione del nuovo beneficiario, dell’art. 15, comma 3, precludeva alla società Itas di porre in essere l’operazione di pegno, cioè l’annotazione a favore della Cassa Rurale di Caldonazzo, senza il consenso scritto del nuovo beneficiario. Di qui l’inadempimento della società Itas Vita che aveva agito come se la modificazione del beneficiario non fosse mai intervenuta e la condanna della medesima ad erogare le prestazioni di cui alla polizza alla società Ecodem a far data dal 17 luglio 2013, cioè dal momento in cui Itas Vita aveva ricevuto la lettera del 27 giugno 2013 sottoscritta dalla società Quadro Uno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la società ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2784 e 2800 c.c., con riferimento alla, erroneamente ritenuta, non necessità di compiere accertamenti sull’esistenza del credito.

L’errore attribuito alla sentenza gravata è quello di avere ritenuto irrilevante l’esistenza del credito asseritamente vantato dalla società resistente nei confronti inizialmente di Malvasiadiciannove e successivamente della società Quadro Uno, in violazione dell’art. 2784 c.c., che attribuisce carattere di accessorietà al pegno rispetto al credito garantito. Peraltro, la domanda di accertamento negativo del credito era stata formulata in via riconvenzionale, tanto dalla società Malvasiadiciannove quanto dalla società Quadro Uno ed era stata accolta dal giudice di prime cure.

Contraddittoriamente, in aggiunta, ad avviso della ricorrente, il giudice a quo, dopo aver ritenuto prive di rilievo le vicende attinenti ai rapporti pregressi tra i vari soggetti, avrebbe negato che la fattispecie potesse qualificarsi come espromissione di debito, affermandone la riconducibilità ad una promessa del fatto del terzo o ad un adempimento del terzo: istituti che non richiedono che venga fatta menzione del rapporto obbligatorio sottostante.

I fatti pregressi, cui la pronuncia gravata si riferisce, erano i seguenti: la società Ecodem aveva ricevuto l’incarico da parte della società Malvasiadiciannove di realizzare un fabbricato industriale sito nel comune di (OMISSIS), relativamente al quale avrebbe vantato un credito nei confronti della committente pari ad Euro 580.055,13; alla società Malvasiadiciannove, sprovvista delle risorse finanziarie per far fronte a tale debito, sarebbe subentrata, nelle vesti di debitore, la società Quadro Uno che si sarebbe tra l’altro obbligata nei confronti della società Ecodem ad indicarla come beneficiaria della polizza per cui è causa, con contestuale impegno affinchè Itas Vita costituisse in pegno tale polizza a favore della medesima.

2. Con il secondo motivo la società ricorrente censura la sentenza gravata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione agli artt. 112,324 c.p.c., art. 329 c.p.c., comma 2, artt. 342 e 346 c.p.c., con riferimento all’inesistenza del credito, poichè fatto già accertato con statuizione passata in giudicato.

La sentenza gravata aveva riformato parzialmente quella del Tribunale perchè non era stato impugnato il capo 3 del dispositivo relativo all’accertamento che la società Ecodem non era titolare del credito di Euro 500.000,00, nè nei confronti di Malvasiadiciannove nè nei confronti del Fallimento di Quadro Uno. Dall’inesistenza del credito di Ecodem la Corte avrebbe dovuto far discendere l’infondatezza di tutte le possibili ricostruzioni dei rapporti con Malvasiadiciannove e Quadro Uno in termini di espromissione, promessa a favore di terzo, adempimento del terzo.

3.Con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, Itas Vita denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99,101,112 e 345 c.p.c., nonchè degli artt. 1180,1272 e 1381 c.c., con riferimento all’introduzione di una domanda nuova, prospettata per la prima volta in sede di gravame, relativa ai rapporti tra Ecodem, Quadro Uno e Malvasiadiciannove.

Viene attribuito alla sentenza impugnata l’errore consistente nell’avere esaminato, nonostante l’esplicita eccezione proposta con la comparsa di costituzione in appello, una domanda formulata per la prima volta in sede di gravame, avente ad oggetto la diversa, rispetto a quella formulata in primo grado (adempimento del terzo piuttosto che espromissione), qualificazione degli accordi intercorrenti tra Ecodem e Malvasiadiciannove.

Essendo l’adempimento del terzo un istituto che presuppone, non già l’assunzione di un debito d’altri, come nell’espromissione, bensì l’adempimento libero e spontaneo del debito altrui, esso avrebbe richiesto un accertamento in fatto diverso da quello oggetto dell’adempimento del terzo, perciò la diversa prospettazione dei fatti di causa avrebbe implicato una modificazione dei fatti costitutivi e quindi una inammissibile modificazione della causa petendi.

Anche la promessa del fatto del terzo, di cui all’art. 1381 c.c., che dà vita ad un’obbligazione autonoma di adoperarsi affinchè il terzo assuma la prestazione promessa, implicherebbe, ad avviso della ricorrente, un accertamento fattuale radicalmente diverso da quello relativo alla ricorrenza di una espromissione.

Pertanto, la sentenza gravata nella parte in cui aveva ritenuto di poter qualificare diversamente i rapporti tra le parti del giudizio sarebbe viziata.

3.1. I primi tre motivi possono essere trattati unitariamente, perchè in sostanza osservano e ricostruiscono sotto diverse angolazioni giuridiche la rilevanza dei rapporti tra le parti antecedenti rispetto alle vicende della polizza assicurativa per cui è causa: rilevanza negata dalla Corte d’Appello.

Essi risultano inammissibili, per le ragioni di seguito illustrate.

Come riconosce la società ricorrente la sentenza di prime cure, sul punto non appellata, quindi passata in giudicato, aveva accertato che la società Ecodem non vantava alcun diritto di credito nei confronti della società Malvasiadiciannove nè nei confronti di Quadro Uno.

La Corte territoriale ha utilizzato gli istituti della promessa del fatto del terzo e dell’adempimento del terzo non per individuare la causa della costituzione del pegno, ma per giustificare la decisione di modificare il beneficiario della polizza vita: “la manifestazione di volontà (…) di Quadro Uno, cioè quella di sostituire l’originario beneficiario di polizza con l’appellante, ben può essere ricondotta ad una di queste due fattispecie, senza necessità di ricorrere all’istituto della espromissione” (p. 7 della sentenza).

Ne consegue l’inconferenza della questione della natura accessoria del pegno, in quanto diritto di garanzia, su cui profonde parte dei propri sforzi argomentativi la ricorrente.

La Corte territoriale ha distinto, infatti, la questione relativa alla validità ed efficacia del pegno costituito a favore della Cassa Rurale di Caldonazzo dalle altre due questioni controverse: la modificazione del beneficiario della polizza e la irrevocabilità di tale modifica.

Anche la censura rivolta alla sentenza di appello per avere deciso su una questione, l’inesistenza di un diritto di credito della società Ecodem nei confronti della società Malvasiadicianndve e della società Quadro Uno, non mette bene a fuoco le rationes decidendi della sentenza gravata.

La Corte d’Appello ha dato una spiegazione della decisione della società Quadro Uno, contraente della polizza, di modificare il beneficiario, rinvenendola di fatto nei rapporti di appalto e di subappalto nell’ambito di un medesimo cantiere, non trattandosi di soggetti tra di loro del tutto irrelati. In iure, la scelta è stata ricondotta in astratto ad istituti – la promessa di terzo o l’adempimento di terzo – che non implicano la necessità di esprimere il rapporto sottostante all’assunzione del debito altrui, attraverso l’identificazione degli elementi costitutivi dell’attività negoziale e delle finalità pratiche perseguite dalle parti (comunque sottratta alla censura di legittimità, trattandosi di un accertamento di fatto) e l’attribuzione del correlativo nomen juris, differente da quello attribuito dalla società Ecodem.

Nell’economia processuale della motivazione della sentenza gravata tali argomentazioni si rivelano, tuttavia, irrilevanti, proprio perchè il giudice a quo ha premesso che la censura della società appellante quanto alla confutazione della motivazione della sentenza di prime cure volta a valorizzare l’espromissione, e cioè l’assunzione da parte di Quadro Uno del debito di Malvasiadiciannove verso Ecodem, era priva di utilità dovendosi solo accertare a) la validità del pegno; b) la validità della modificazione del beneficiario della polizza; c) la irrevocabilità di tale modificazione (p. 6).

L’affermazione circa la ricorrenza di una promessa di terzo o di un adempimento di terzo alla base della scelta di Quadro Uno di modificare il beneficiario della polizza vita assume un rilievo meramente incidentale e privo di rilievo causale con il decisum. E’, infatti, come si è detto, la stessa Corte territoriale a precisare che la ricorrenza o meno di una espromissione non è un accertamento logicamente preliminare e indispensabile ai fini del decisum; ne consegue che le affermazioni in parola non assumono le caratteristiche di una premessa indefettibile della pronuncia, ma sono enunciazioni puramente incidentali prive di relazione causale col deliberato, eccedenti la necessità logico giuridica della decisione. Pertanto, non vi è alcun interesse ad impugnarle sotto alcun profilo, compresi quelli aventi ad oggetto l’asserita violazione del giudicato e la violazione dell’art. 345 c.p.c..

4. Con il quarto motivo la società Itas Vita assume la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per motivazione apparente, con riferimento all’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 111 Cost..

La sentenza impugnata avrebbe elencato i canoni di interpretazione degli atti, affermando di avere ad essi fatto riferimento, senza precisare perchè avesse ritenuto di invocare un criterio ermeneutico in luogo di un altro, nè esplicitato per quale ragione avesse usato criteri che sono l’uno subordinato rispetto all’altro.

Il motivo è infondato.

Premesso che il principio in claris non fit interpretatio presuppone che la formulazione testuale sia talmente chiara ed univoca da permettere al giudice immediatamente e solo per suo tramiteldi desumere la comune intenzione delle parti o la volontà del dichiarante in modo coerente con gli indici esterni rivelatori di essa (Cass. 28/06/2017, n. 16181; Cass. 09/12/2014, n. 25840), va osservato che le pp. 8 e 9 della sentenza smentiscono l’assunto impugnatorio secondo cui la Corte territoriale non avrebbe precisato per quale ragione il canone ermeneutico dell’interpretazione letterale non fosse sufficiente ad individuare a rivelare l’intento di B.A..

A p. 9, infatti, la sentenza chiarisce in maniera precisa ed analitica come la questione ermeneutica nascesse dall’uso di “variegate qualificazioni (giuridiche) espresse dal B.” che vengono puntualmente riferite alle numerose comunicazioni scritte intercorse tra le parti ed all’interno di esse individuate: -contraente, assicurato, legale rappresentante, beneficiario – e a p. 8 precisa che il sottoscrittore dei vari documenti, B.D., appunto, non risultava fornito di particolari cognizioni giuridiche.

Partendo dalla equivocità delle espressioni utilizzate, attribuita alla poca dimestichezza giuridica del dichiarante che aveva fatto un uso promiscuo e non accorto dei ruoli di contraente, assicurato, beneficiario, ecc., la Corte territoriale ha motivato non solo il ricorso ad altri pertinenti canoni dell’ermeneutica contrattuale – dapprima elencati e poi puntualmente applicati – ma anche le raggiunte conclusioni esegetiche.

Deve, pertanto, negarsi che la sentenza d’appello sia venuta meno al dovere d’interpretazione secondo i canoni legali, fornendo un’esegesi svincolata da regole conoscibili, incomprensibile e, in definitiva, immotivata, come denunciato dalla società ricorrente.

In aggiunta, la giurisprudenza di questa Corte, quanto ai criteri che il giudice di merito deve seguire per ricostruire la comune volontà delle parti o la volontà del dichiarante, come in questo caso, ai sensi del combinato disposto dell’art. 1324 c.c. e degli artt. 1362 c.c. e segg., ha anche di recente ribadito, con l’autorevolezza delle Sezioni Unite (sent. 8/03/2019, n. 6882), non solo che “il primo e principale strumento rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate va verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, le singole clausole dovendo essere considerate in correlazione tra loro procedendosi al relativo coordinamento ai sensi dell’art. 1363 c.c., giacchè per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato”: ma si è anche pronunciata, ai fini che qui più interessano, a favore del superamento della tesi secondo cui il giudice può ricorrere ai canoni di interpretazione sussidiaria, una volta esauriti quelli principali di interpretazione – cioè quello dell’interpretazione letterale e quello dell’interpretazione sistematica – che apparterrebbero ad una fase prodromica del procedimento interpretativo.

Il superamento del principio del gradualismo, retaggio del convincimento che il giudice di merito debba seguire una precisa e rigida metodologia ermeneutica, in quanto il reale intento dei contraenti deve essere ricercato dapprima attraverso i canoni di c.d. interpretazione soggettiva e solo in caso di persistente lacunosità e dubbio debba volgersi a ricercare, attraverso i canoni di c.d. interpretazione oggettiva, l’intento oggettivamente perseguito dalla parti o dal dichiarante, implica la presa d’atto dell’impossibilità di rispettare una metodologia ispirata da una rigida ed astratta sequenza gerarchica, dovendo il risultato interpretativo risultare dalla concorrente applicazione dei diversi canoni ermeneutici giustificata, oltre che condizionata, dai caratteri specifici della situazione concreta.

E comunque per censurare la Corte territoriale nell’opera tipica del giudice di merito di determinare una realtà storica ed obiettiva, qual è la volontà del dichiarante, possibile in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali d’ermeneutica contrattuale posti dagli artt. 1362 c.c. e segg., oltre che per vizi di motivazione nell’applicazione di essi, la società ricorrente avrebbe dovuto, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma anche precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne fosse discostato o li avesse applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti ovvero fornendo riscontri concreti dai quali desumere che il criterio ermeneutico utilizzato non fosse intellegibile non già in astratto ma sulla base di emergenze semantiche obiettivamente verificabili (Cass. 14/05/2019, n. 12798).

Tanto la società ricorrente ha omesso di fare, dando dimostrazione che la sua critica ha riguardato solo l’esito del convincimento del giudice, rimandando ad una questione relativa al merito della controversia, sottratta al sindacato di legittimità, giacchè l’interpretazione del contratto e, in base al combinato disposto di cui agli artt. 1324 e 1362 c.c. e segg., l’interpretazione degli atti unilaterali sono riservate al giudice del merito. Non solo: l’interpretazione del giudice non deve essere nè l’unica possibile, o la migliore in astratto, ma solo una delle possibili e plausibili interpretazioni (Cass. 12/02/2019, n. 3964).

5. Con il quinto motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1324,1362,1371,1387,1388,1920,1921,2697 c.c., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., con riferimento alle norme in diritto applicate alla presunta designazione irrevocabile di Ecodem quale beneficiario della polizza.

Secondo la ricorrente il carattere personale della revoca, di cui all’art. 1921 c.c., imponeva che solo la società Quadro Uno, il contraente della polizza, potesse esercitare il diritto di revoca. E la Corte territoriale non avrebbe rigorosamente verificato la ricorrenza dei presupposti per la contemplatio domini, limitandosi a dare risalto ad una sola affermazione contenuta nel documento del 27 giugno 2013 riferibile alla società Quadro Uno, il cui tenore letterale – la presente viene sottoscritta anche dal legale rappresentante dell’attuale beneficiario il quale acconsente che venga da voi attuata la variazione – sarebbe stato reinterpretato dal giudice a quo, sulla scorta di criteri ermeneutici diversi ed ulteriori da quello letterale e non indicati.

In aggiunta, vengono denunciate l’assenza di accettazione da parte della società Ecodem e la mancata comunicazione ad Itas Vita: l’accettazione cui la Corte territoriale si riferisce risulterebbe apposta in calce ad un documento con cui B.D. manifestava la volontà di modificare il beneficiario della polizza e tale documento non sarebbe mai stato comunicato alla compagnia assicuratrice, come emergerebbe pacificamente ex actis. Di conseguenza, la Corte territoriale avrebbe violato l’art. 1921 c.c., oppure avrebbe violato l’art. 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c., per aver ritenuto ricorrente una circostanza non provata.

La prima parte della prospettazione, quanto alla violazione dell’art. 1338 c.c. in relazione all’art. 1362 c.c., è sottoposta alle stesse valutazioni di cui alla censura precedente, giacchè ne ricalca i caratteri.

Gli sforzi deduttivi della ricorrente sono tesi a dimostrare che la comunicazione di cui al documento 21, sottoscritta due volte da B.D., una volta da solo, cioè in proprio, ma un’altra anche sul timbro della società Quadro Uno, che della polizza era anche contraente, non impegnasse affatto la società Quadro Uno, come concluso dalla sentenza gravata, fondando tale censura sulla necessità di una rigorosa applicazione dell’art. 1388 c.c. e sul divieto di reinterpretazione del tenore letterale della dichiarazione.

La Corte territoriale, cui spettava l’interpretazione della dichiarazione unilaterale al fine di individuare quale fosse l’intento del dichiarante, ne ha fornita una diversa del tutto plausibile e convincentemente argomentata. Nella stessa data, il 27 giugno 2013, B.D. aveva inviato due missive: la prima, contrassegnata con il numero 18, con cui, nella veste di assicurato, dichiarava di voler variare il beneficiario e con cui in qualità di rappresentante legale della società Quadro Uno si impegnava a dare in pegno la polizza alla società Ecodem; la seconda inviata all’attuale ricorrente con cui comunicava la modifica del beneficiario della polizza apponendo due sottoscrizioni, in proprio e quale rappresentante legale della società di cui era presente anche il timbro. La sentenza gravata ne aveva concluso, dopo aver premesso, come si è detto, l’insufficienza del criterio di interpretazione letterale e l’impiego degli altri criteri ermeneutici, che la indicazione di sostituzione del beneficiario fosse stata fatta nella duplice veste di assicurato e di contraente, senza prova, da parte della ricorrente, che quei canoni fossero stati in concreto violati o che il loro utilizzo non fosse motivato.

In merito invece all’assenza di accettazione da parte della società Ecodem, va precisato che la ricorrente non ha contestato che, in quanto beneficiaria, tale società avesse accettato la propria designazione con la sottoscrizione per accettazione del documento contrassegnato con il numero 18.

La questione non è quando la società Ecodem avesse accettato di essere individuata quale nuova beneficiaria della polizza, ma quando tale designazione fosse divenuta irrevocabile; infatti, la norma asseritamente violata, l’art. 1921 c.c., disciplina il potere di revocare il beneficio al terzo nonostante ci sia stata già la sua accettazione, derogando quanto stabilito dall’art. 1411 c.c., per il contratto a favore di terzo dove, in seguito alla dichiarazione da parte del terzo, non è più possibile esercitare il potere di revoca; essa è stata a sua volta derogata (legittimamente) pattiziamente dalla previsione contenuta nell’art. 15 del contratto di assicurazione, a mente del quale la designazione del terzo beneficiario sarebbe divenuta irrevocabile dopo che il contraente ed il beneficiario avessero comunicato alla società Itas Vita, rispettivamente, di avere rinunciato al potere di revoca e di aver accettato il beneficio.

La rinuncia del potere di revoca da parte della società Quadro Uno era avvenuta con la comunicazione del 27 giugno 2013, doc. 21, l’accettazione della società Ecodem era stata espressa sottoscrivendo il documento 18 per accettazione in pari data.

Nella sostanza il problema posto dalla società ricorrente – il fatto che l’accettazione da parte della società Ecodem fosse stata apposta in calce ad un documento non recante la rinuncia al potere di revoca da parte della società contraente – è un problema irrilevante, stante la mancata contestazione che la società Ecodem avesse accettato di essere dichiarata beneficiaria della polizza. Peraltro, l’art. 15 non richiedeva che la rinuncia al potere di revoca e l’accettazione del beneficio fossero contenuti nel medesimo atto.

Infine, la questione della mancata comunicazione dell’accettazione del beneficio alla società Itas Vita, come prescritto dall’art. 15, sollevata a p. 58 del ricorso è malposta e rivela la mancata comprensione della ratio sottesa dalla decisione di far decorrere il beneficio a favore di Ecodem dal 15 luglio 2013, corrispondente al momento in cui Itas Vita aveva ricevuto da Ecodem la raccomandata contenete l’adesione alla comunicazione della società Quadro Uno del 27 giugno 2013, successiva a quella della rinuncia al potere di revoca da parte della società Quadro Uno, già consegnata ad Itas Vita il 27 giugno 2013.

Da ultimo, va sgombrato il campo dalla denuncia di violazione degli artt. 115 e 116 c.p., non ricorrendone i presupposti, atteso che ciò che si imputa alla sentenza gravata è di avere male esercitato il proprio prudente apprezzamento delle prove documentali, mentre, secondo la giurisprudenza di questa Corte, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., può porsi, rispettivamente, solo allorchè si alleghi che il giudice abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. 27/12/2016, n. 27000).

6. Di conseguenza, il ricorso viene rigettato.

7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

8. Si dà atto della ricorrenza dei presupposti per porre a carico della società ricorrente l’obbligo di pagamento del doppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 12.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2019

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