Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1953 del 24/01/2022
Cassazione civile sez. trib., 24/01/2022, (ud. 06/12/2021, dep. 24/01/2022), n.1953
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2955/2012 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, alla via Portoghesi, n. 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e
difende;
– ricorrente –
contro
D.C.P., rappresentato e difeso, in forza di mandato in
calce al controricorso, dall’avv. Fausto Soggia, ed elettivamente
domiciliato presso lo studio dell’avv. Alfredo Placidi, in Roma,
alla via Cosseria, n. 2;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 232/29/2011 della Commissione tributaria
regionale della Puglia depositata il 21 ottobre 2011;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 6 dicembre 2021
dal Consigliere Pasqualina Anna Piera Condello;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del
Sostituto Procuratore generale, Dott. Mucci Roberto, che ha chiesto
dichiararsi l’estinzione del giudizio.
Fatto
RILEVATO
che:
1. A seguito di notifica di avviso di accertamento, relativo all’anno d’imposta 2003, nei confronti della società M. Center s.r.l. in liquidazione, l’Agenzia delle Entrate, essendo la società a ristretta base azionaria, accertava, con autonomo avviso di accertamento in capo al socio, D.C.P., maggiori redditi per Euro 329.946,63.
Avverso tale ultimo atto impositivo D.C.P. ricorreva dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Taranto, eccependo che difettava la prova della distribuzione degli utili e depositando sentenza n. 274 del 16 dicembre 2009, con la quale la C.T.P. di Taranto aveva annullato la cartella di pagamento consequenziale all’avviso di accertamento emesso a carico della società.
2. I giudici di primo grado, con sentenza n. 960 del 2010, aderendo all’eccezione sollevata dall’Ufficio finanziario secondo cui l’avviso a carico della società M. Center s.r.l. in liquidazione era ormai definitivo, rigettavano il ricorso.
La sentenza veniva impugnata dal contribuente, il quale eccepiva la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, in quanto la relata della notifica dell’avviso di accertamento risultava non compilata, sottolineando che era stato osservato solo l’adempimento previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, b-bis), e che la notifica, nel caso in cui fosse stato impossibile eseguirla presso la sede sociale, avrebbe potuto essere effettuata presso il domicilio dell’amministratore, solo se i due indirizzi, quello dell’amministratore e quello della società, fossero risultati nell’ambito dello stesso Comune, dovendosi in caso contrario procedere alla notifica secondo le disposizioni dettate dall’art. 140 c.p.c..
3. La Commissione regionale accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, annullava l’avviso di accertamento per inesistenza dell’atto notificato alla società, ritenendo assorbiti gli altri motivi. Osservava, in particolare, che:
– dalle relate degli avvisi di accertamento si evinceva che gli stessi erano stati notificati in data 29 novembre 2006 e che le relative raccomandate erano state ricevute dalla moglie di D.C.L. in data (OMISSIS), ma tali raccomandate avevano avuto l’unico scopo di notiziare il destinatario, secondo quanto previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, b-bis;
– il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, aveva natura di norma speciale rispetto a quella prevista dall’art. 145 c.p.c., in particolare per quanto atteneva l’osservanza del domicilio fiscale del destinatario;
– l’art. 145 c.p.c., trovava applicazione solo se la persona fisica che rappresentava l’ente risiedeva nel comune in cui l’ente aveva il domicilio fiscale, da individuarsi ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 58;
– conseguentemente, secondo il disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. c), qualora il domicilio del legale rappresentante della società fosse in un Comune diverso da quello dell’ente, in caso di impossibilità di notificazione presso la sede sociale, doveva adottarsi la procedura prevista dall’art. 140 c.p.c..
Rilevava, quindi, che la notifica risultava inesistente, per non essere stata rispettata la procedura prevista dal combinato disposto degli artt. 140,145 c.p.c., e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. c), considerato che la sede legale della società ed il domicilio del suo legale rappresentante si trovavano in due comuni diversi.
4. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione della suddetta decisione, con sei motivi. Il contribuente ha resistito mediante controricorso.
In prossimità dell’udienza pubblica del 29 aprile 2019, accogliendo l’istanza depositata dal contribuente, che aveva dichiarato di avere aderito alla definizione agevolata della lite, il Collegio, con ordinanza resa in pari data, ha sospeso il processo, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, e rinviato la causa a nuovo ruolo.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo la difesa erariale, deducendo la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 31, in relazione alla L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e D.Lgs. n. 546 del 1992, 62, comma 1), sostiene che il procedimento svoltosi dinanzi alla Commissione regionale e la sentenza pronunciata all’esito dello stesso sono viziati da nullità per omessa comunicazione dell’udienza di trattazione.
Spiega, al riguardo, che la trattazione della causa, inizialmente fissata in pubblica udienza per il giorno 5 luglio 2011, era stata comunicata all’Ufficio il 14 giugno 2011, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, citato art. 31, che prevede che la comunicazione dell’udienza di trattazione deve essere data alle parti costituite almeno trenta giorni liberi prima; non essendosi tenuta l’udienza del 5 luglio 2011 per l’adesione dei componenti del Collegio ad una manifestazione di astensione dei magistrati tributari dalle udienze, con ordinanza del 7 luglio 2011 era stata disposta la fissazione della successiva udienza del 20 settembre 2011, di cui era stata data comunicazione all’Ufficio solo in data 27 luglio 2011, ossia solo otto giorni prima della data d’udienza, considerata la sospensione dei termini feriali, ai sensi della L. n. 742 del 1969, art. 1.
2. Con il secondo motivo, rubricato: “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 2, lett. e), art. 24, comma 2, e art. 57, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ed al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1”, la ricorrente sostiene che i giudici d’appello avrebbero dovuto dichiarare inammissibili i motivi di appello concernenti la nullità della notifica dell’avviso di accertamento notificato alla società M. Center s.r.l., sui quali hanno invece fondato la propria decisione, in quanto tale questione, come emerge dal ricorso introduttivo, ritrascritto in ricorso in omaggio al principio di autosufficienza, non era mai stata prospettata; aggiunge che le nuove circostanze, conosciute nel corso del giudizio, asseritamente decisive, non avrebbero potuto essere dedotte con memoria, come era avvenuto, ma avrebbero dovuto essere introdotte nel giudizio mediante la proposizione di motivi aggiunti, nel rispetto del contraddittorio, come disposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 2.
3. Con il terzo motivo, con il quale si deduce violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ed al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1, la ricorrente lamenta che la C.T.R. avrebbe dovuto rilevare la inammissibilità della eccezione con la quale il contribuente ha dedotto che la notifica era stata effettuata al legale rappresentante in Comune diverso da quello in cui aveva sede la società, trattandosi di questione non proposta tra i motivi di appello e sollevata con la memoria difensiva presentata in prossimità dell’udienza di discussione.
4. Con il quarto motivo, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, censura la decisione impugnata nella parte in cui la Commissione regionale ha ritenuto che l’accertamento emesso nei confronti del socio, relativo ai redditi di partecipazione, fosse nullo per effetto della nullità della notifica dell’accertamento effettuato a carico della società partecipata sui redditi societari.
Precisa che, pur essendo vero che entrambi gli accertamenti si fondano su un unico presupposto, costituito dalla produzione di un maggior reddito societario, le questioni oggetto di decisione, costituite dalla sussistenza di maggior reddito societario e dalla effettiva distribuzione ai soci della società a ristretta base societaria non possono essere influenzate dalla validità o meno della notifica dell’avviso di accertamento eseguita nei confronti della società.
5. Con il quinto motivo la ricorrente deduce violazione dell’art. 295 c.p.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ed al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, sostenendo che la sentenza deve intendersi viziata per non avere sospeso il giudizio instaurato dal socio, stante la pendenza della controversia relativa all’accertamento del maggior reddito in capo alla società.
6. Con il sesto motivo, articolato in più profili di doglianza (6.1., 6.2. e 6.3), la difesa erariale denuncia cumulativamente vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e vizi di violazione di legge – L. n. 890 del 1982, artt. 3 e 4, art. 145 c.p.c., e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 – deducendo l’erroneità della sentenza nella parte in cui è stata dichiarata la invalidità della notifica dell’avviso di accertamento eseguita nei confronti della società M. Center s.r.l.
Sottolineando di avere prodotto dinanzi ai giudici di primo grado l’avviso di accertamento notificato alla società, redatto su modello prestampato, recante in calce uno schema di notifica contenente gli spazi per l’indicazione degli estremi del procedimento, la ricorrente evidenzia che la Commissione regionale ha ritenuto, in via principale, che la notifica fosse stata effettuata mediante il messo notificatore e fosse invalida per mancanza degli elementi prescritti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, e ciò in quanto la raccomandata sarebbe stata inviata ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, b-bis; solo in via subordinata, la C.T.R. ha preso in esame la tesi difensiva dell’Ufficio, secondo cui la notifica era stata eseguita mediante il servizio postale. La ricostruzione operata dalla Commissione regionale, secondo la difesa erariale, contrasta con le risultanze di causa, poiché è stata data rilevanza alla relata di notifica prestampata, quasi totalmente in bianco e priva di sottoscrizione, senza tenere conto che la raccomandata annotata in calce all’avviso di accertamento, nello spazio previsto dallo stampato per le raccomandate a cura del messo, costituisce lo strumento di notificazione utilizzato in concreto per effettuare la notifica secondo il procedimento consentito dalla L. n. 890 del 1982, artt. 3 e 4, e senza verificare se tale ultimo procedimento fosse stato rispettato.
Con riguardo al procedimento di notifica a mezzo del servizio postale, sottolinea la ricorrente che il vizio costituito dall’omessa indicazione sull’atto da notificare della relazione prevista dalla L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 3, comporta mera irregolarità della notificazione e non inesistenza della stessa e che, nel caso di specie, la notifica degli avvisi di accertamento, da cui è scaturita l’iscrizione a ruolo e la notifica della cartella di pagamento, è stata validamente eseguita a mezzo servizio postale, in conformità a quanto disposto dall’art. 145 c.p.c., presso il domicilio fiscale del liquidatore della società a mani della moglie convivente di quest’ultimo, considerato che in base ad una corretta interpretazione dell’art. 145 c.p.c., come modificato dalla L. n. 263 del 2005 (in vigore dal 1 marzo 2006 e dunque applicabile alla fattispecie in esame), si deve considerare ammissibile la notifica dell’atto tributario effettuata al legale rappresentante della persona giuridica anche quando questi sia stato rinvenuto in un comune diverso dal domicilio fiscale della società.
7. Non ricorrono i presupposti per una decisione nel merito.
Come esposto in premessa, il contribuente ha avanzato istanza per la definizione agevolata della lite ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 136 del 2018, come emerge dalla documentazione allegata (domanda di definizione e quietanza di versamento, allegate all’istanza di sospensione del processo).
Il D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 12, prevede che “L’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2020 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali…” e, ai sensi del successivo comma 13, “in mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2020 dalla parte interessata, il processo è dichiarato estinto…”.
Nel caso di specie, non risulta che sia stata presentata istanza di trattazione entro il 31 dicembre 2020, né che sia stato notificato atto di diniego della definizione entro il 31 luglio 2020 e, pertanto, deve ritenersi perfezionata la causa estintiva correlata all’accesso alla definizione agevolata.
Le spese del giudizio estinto, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 13, ultimo periodo, restano a carico della parte che le ha anticipate.
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il processo.
Spese del processo a carico della parte che le ha anticipate.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022