Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19525 del 08/07/2021

Cassazione civile sez. lav., 08/07/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 08/07/2021), n.19525

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26480/2017 proposto da:

TELECOM ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L. G. FARAVELLI 22,

presso lo studio degli avvocati ENZO MORRICO, ARTURO MARESCA,

ROBERTO ROMEI, FRANCO RAIMONDO BOCCIA, che la rappresentano e

difendono;

– ricorrente –

contro

G.R., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II 209, presso lo studio dell’avvocato LUCA SILVESTRI,

rappresentato e difeso dagli avvocati ERNESTO MARIA CIRILLO,

FRANCESCO CIRILLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 0’3856/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 24/05/2017 R.G.N. 599/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/12/2020 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS.

 

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 24 maggio 2017, la Corte d’Appello di Napoli confermava la decisione resa dal Tribunale di Napoli e rigettava l’opposizione proposta da Telecom S.p.A. al decreto ingiuntivo ottenuto da G.R. per il pagamento della retribuzione per il mese di luglio 2012 che l’attore assumeva dovuta dalla Società per effetto della declaratoria giudiziale di nullità del trasferimento di ramo d’azienda disposto dalla Telecom S.p.A. in favore della TNT Logistics Italia Spa (ora Ceva Logistic s.p.a) e della conseguente cessione alla medesima del contratto di lavoro in essere con l’istante;

che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto inefficace nei confronti del G. la cessione del ramo d’azienda e perdurante il rapporto di lavoro tra le parti, sussistente a carico della Telecom S.p.A. l’obbligazione relativa al credito azionato da qualificarsi risarcitoria anche in considerazione della mancata prestazione da parte del G. nei confronti di entrambe le Società per essere stato licenziato dalla cessionaria, inconfigurabile, pertanto, l’aliunde perceptum;

per la cassazione di tale decisione ricorre la Telecom S.p.A., affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, G.R.;

che il controricorrente ha poi depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che, con l’unico motivo, la Società ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909,1206,1207,1217,1223,1256,1453 e 1463 c.c., imputa alla Corte territoriale la ritenuta irrilevanza del giudicato esterno formatosi a seguito della pronunzia resa dal Tribunale di Napoli di accoglimento della domanda relativa alla declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato al medesimo G. dalla Ceva Logistic S.p.A., con applicazione della sanzione della reintegrazione e del risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni dovute dalla data del licenziamento a quella dell’effettiva reintegra, nonché dell’opzione effettuata dal G. per il pagamento dell’indennità sostitutiva della reintegrazione, giudicato che, viceversa, a detta della Società ricorrente, avrebbe dovuto ritenersi tale da incidere sul credito azionato in termini tali da escluderne la sussistenza per essere l’importo relativo già oggetto della pretesa creditoria vantata in virtù della richiamata decisione nei confronti della Ceva Logistic S.p.A..

che il motivo deve ritenersi infondato alla stregua dell’orientamento di recente invalso nella giurisprudenza di questa Corte con la sentenza n. 17784 del 3 luglio 2019, che, nel fissare il seguente principio di diritto “In caso di cessione di ramo d’azienda, ove su domanda del lavoratore ceduto venga giudizialmente accertato che non ricorrono i presupposti di cui all’art. 2112 c.c., le retribuzioni in seguito corrisposte dal destinatario della cessione, che abbia utilizzato la prestazione del lavoratore successivamente alla messa a disposizione da parte di questi delle energie lavorative in favore dell’alienante, non producono un effetto estintivo, in tutto o in parte, dell’obbligazione retributiva gravante sul cedente, che rifiuti, senza giustificazione, la controprestazione lavorativà perviene al disconoscimento della tesi per cui quella soluzione sconterebbe una indebita duplicazione di retribuzione a fronte di un’unica attività prestata dal lavoratore, il quale così finirebbe per conseguire una locupletazione non dovuta; disconoscimento, questo che muove dall’affermazione, maturata a seguito dell’adesione al principio accolto nella sentenza n. 2990/2018, cui la Corte costituzionale con la pronunzia n. 29 del 28 febbraio 2019 ha riconosciuto valore di diritto vivente, della natura retributiva e non più risarcitoria dei crediti maturati dal lavoratore nei confronti dell’impresa cedente dopo la sentenza dichiarativa dell’inefficacia, illegittimità o inopponibilità al lavoratore medesimo della cessione di ramo d’azienda; inoltre tenuto conto del dato per cui, una volta escluso il titolo risarcitorio del pagamento richiesto dal lavoratore, non troverebbe applicazione il principio della compensatio lucri cum damno su cui si fonda la detraibilità dal risarcimento dovuto, dell’aliunde perceptum, di approda alla soluzione negativa del problema del se dalle retribuzioni dovute al lavoratore dal datore di lavoro, che abbia operato un trasferimento di (ramo di) azienda dichiarato illegittimo e che abbia rifiutato il ripristino del rapporto senza una giustificazione, sia detraibile quanto il lavoratore medesimo nello stesso periodo abbia percepito, parimenti a titolo di retribuzione, per l’attività prestata alle dipendenze dell’imprenditore già cessionario, ma non più tale, una volta dichiarata giudizialmente la non opponibilità della cessione al dipendente ceduto;

che il ricorso va dunque rigettato con compensazione delle spese in ragione del consolidamento successivo rispetto al ricorso medesimo dell’orientamento interpretativo accolto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa fra le parti le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2021

 

 

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