Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19523 del 19/07/2019

Cassazione civile sez. III, 19/07/2019, (ud. 09/05/2019, dep. 19/07/2019), n.19523

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15497/2017 proposto da:

C.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI

SCIALOJA 6, presso lo studio dell’avvocato TEODORO KATTE KLITSCHE DE

LA GRANGE, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.S.L.;

– intimata –

nonchè da:

D.S.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLA

LIBERTA’ 10, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA COLOMBARONI,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO

PERRELLA;

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 7076/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 30/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/05/2019 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e dell’incidentale;

udito l’Avvocato KATTE KLITSCHE DE LA GRANGE TEODORO;

udito l’Avvocato CAPECCI FRANCESCO per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza resa in data 30/12/2016, la Corte d’appello di Roma, in accoglimento per quanto di ragione dell’impugnazione proposta da D.S.L. e in parziale riforma della decisione di primo grado, per quel che ancora rileva in questa sede, ha condannato C.L. al risarcimento, in favore di D.S.L., dei danni della L. n. 431 del 1998, ex art. 3, per avere la C., in qualità di locatrice, illecitamente omesso di adibire, l’immobile precedentemente concesso in locazione a D.S.L., ad abitazione del proprio figlio, come viceversa allegato a fondamento dell’atto di diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza comunicato alla controparte.

2. Con la medesima decisione, la corte territoriale ha sottolineato la correttezza della decisione del primo giudice, nella parte in cui aveva escluso la necessità di disporre la riduzione ad equità della clausola penale applicata, ai danni di D.S.L., per il ritardo in cui era quest’ultima incorsa nella restituzione dell’immobile locato, dichiarando, infine, l’improcedibilità dell’appello incidentale proposto dalla C., non avendo quest’ultima provveduto alla relativa notificazione alla controparte.

3. Avverso la sentenza d’appello, C.L. propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi d’impugnazione.

4. D.S.L. resiste con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale sulla base di un unico motivo di censura.

5. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente principale censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto incombente, a carico della locatrice, l’onere di fornire la prova dell’effettiva adibizione dell’immobile locato all’abitazione del proprio figlio a seguito del diniego del rinnovo alla prima scadenza, in contrasto con il principio che impone al creditore che invoca il risarcimento del danno l’onere di fornire la prova dei fatti costitutivi del proprio diritto.

2. Il motivo è infondato.

3. Osserva il Collegio come la circostanza consistente nell’effettiva adibizione dell’immobile ad abitazione del figlio del locatore, a seguito del diniego del rinnovo della locazione alla prima scadenza, integri gli estremi di una vera e propria condizione per il valido ed efficace esercizio della corrispondente facoltà potestativa del locatore, avendo il legislatore espressamente circoscritto la libertà del locatore di impedire detta rinnovazione alla prima scadenza limitandone la possibilità di esercizio unicamente in presenza di talune circostanze di fatto, tipicamente ed espressamente descritte dalla stessa legge (cfr. la L. n. 431 del 1998, art. 3, comma 1); circostanze di fatto la dimostrazione del cui ricorso necessariamente costituisce materia di un onere probatorio imposto a carico del locatore, là dove quest’ultimo intenda concretamente avvalersi della facoltà potestativa in tal senso allo stesso riconosciuta dal legislatore in presenza di detti presupposti di fatto (cfr. al riguardo anche Sez. 3, Sentenza n. 23794 del 07/11/2014, Rv. 633356-01).

4. Ciò posto, avendo il giudice a quo rilevato l’illecita omessa adibizione, da parte della C., dell’immobile precedentemente concesso in locazione a D.S.L., ad abitazione del proprio figlio (come viceversa allegato a fondamento dell’atto di diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza comunicato alla controparte), del tutto correttamente detto giudice ha accolto la pretesa di tutela sul punto rivendicata dalla conduttrice, con il conseguente riconoscimento della radicale infondatezza della censura in esame.

5. Con il secondo motivo, la ricorrente principale censura la sentenza impugnata per omessa motivazione su punti essenziali e decisivi della controversia, in relazione all’art. 253 c.p.c. e agli artt. 2697 e 2729 c.c., nonchè ai principi sulla valutazione delle prove (con riguardo all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale illogicamente escluso l’avvenuta dimostrazione, da parte della locatrice, della circostanza di fatto costituita dall’effettiva adibizione dell’immobile locato ad abitazione del proprio figlio a seguito del diniego del rinnovo della locazione alla prima scadenza, in contrasto con il chiaro tenore delle dichiarazioni testimoniali acquisite agli atti del giudizio.

6. Con il terzo motivo, la ricorrente principale censura la sentenza impugnata per omessa motivazione sui fatti posti a fondamento della presunzione (con riguardo all’art. 2729 c.c.), (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale valutato in modo illogico gli elementi presuntivi valorizzati al fine di screditare l’efficacia rappresentativa delle testimonianze acquisite agli atti del giudizio.

7 Entrambi i motivi – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono inammissibili.

8. Osserva sul punto il Collegio come al caso di specie (relativo all’impugnazione di una sentenza pubblicata dopo la data del 11/9/12) trovi applicazione il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (quale risultante dalla formulazione del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv., con modif., con la L. n. 134 del 2012), ai sensi del quale la sentenza è impugnabile con ricorso per cassazione “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

9. Secondo l’interpretazione consolidatasi nella giurisprudenza di legittimità, tale norma, se da un lato ha definitivamente limitato il sindacato del giudice di legittimità ai soli casi d’inesistenza della motivazione in sè (ossia alla mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili o alla motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile), dall’altro chiama la Corte di cassazione a verificare l’eventuale omesso esame, da parte del giudice a quo, di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), rimanendo escluso che l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, integri la fattispecie prevista dalla norma, là dove il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Cass. Sez. Un., 22/9/2014, n. 19881; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

10. Ciò posto, occorre rilevare l’inammissibilità della censura in esame, avendo la ricorrente propriamente omesso di circostanziare gli aspetti dell’asserita decisività della mancata considerazione, da parte della corte territoriale, delle occorrenze di fatto asseritamente dalla stessa trascurate, e che avrebbero al contrario (in ipotesi) condotto a una sicura diversa risoluzione dell’odierna controversia, essendosi la stessa ricorrente limitata a una mera critica della valutazione operata dal giudice a quo in ordine all’efficacia dimostrativa delle concrete risultanze delle prove acquisite nel corso del giudizio.

11. Osserva il Collegio, pertanto, come, attraverso le odierne censure, la ricorrente altro non prospetti se non una rilettura nel merito dei fatti di causa secondo il proprio soggettivo punto di vista, in coerenza ai tratti di un’operazione critica come tale inammissibilmente prospettata in questa sede di legittimità.

12. Con il quarto motivo, la ricorrente principale censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 436 c.p.c., anche con riguardo ai principi generali del processo civile (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente dichiarato improcedibile l’appello incidentale proposto dalla C., attesa l’irrilevanza a tal fine della relativa omessa notificazione, e tenuto conto, in ogni caso, della mancata contestazione di controparte in ordine a detto inadempimento processuale.

13. Il motivo è infondato.

14. Varrà osservare come, al caso di specie, trovi applicazione il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte (che il Collegio condivide e fa proprio al fine di assicurarne continuità), ai sensi del quale, nel rito del lavoro (pacificamente applicabile, ai sensi dell’art. 447-bis c.p.c., alla questione oggetto dell’odierna censura), l’appello incidentale, pur tempestivamente proposto, ove non sia stato notificato, va dichiarato improcedibile, poichè il giudice, in attuazione del principio della ragionevole durata del processo, non può assegnare all’appellante un termine per provvedere a nuova notifica, e la suddetta improcedibilità è rilevabile d’ufficio, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti (v. Sez. L, Sentenza n. 837 del 19/01/2016, Rv. 638397-01), con la conseguente irrilevanza di ogni eventuale difetto di contestazione della controparte interessata.

15. Con il quinto motivo, la ricorrente principale censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente rilevato l’improcedibilità dell’appello incidentale proposto dalla C., senza procedere all’adempimento delle formalità imposte dall’art. 101 c.p.c., comma 2, ai fini del rispetto del contraddittorio in caso di rilievo d’ufficio di una questione decisiva.

16. Il motivo è infondato.

17. Sul punto, non avendo la ricorrente in nessun modo comunque evidenziato l’entità o la natura dell’eventuale pregiudizio subito in conseguenza del mancato adempimento, da parte del giudice d’appello, delle formalità invocate, trova applicazione l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità (cfr., al riguardo, Sez. 3, Sentenza n. 3432 del 22/02/2016, Rv. 638918-01) in forza del quale l’obbligo per il giudice di sollecitare la previa instaurazione del contraddittorio, da un lato, non sussiste quando la questione che si pretende essere stata rilevata di ufficio sia (come nel caso di specie) in mero diritto e, quindi, di natura processuale (v. Cass. 24 febbraio 2015, n. 3600; Cass. 27 agosto 2014, n. 18333; Cass. 7 ottobre 2013, n. 22812; Cass. 31 gennaio 2013, n. 2252; Cass., ord. 30 aprile 2011, n. 9591; Cass. 23 aprile 2010, n. 9702), dall’altro lato, neppure rileva, ove chi lo lamenta non prospetti quale specifica lesione del proprio diritto di difesa ne abbia patito, allegando (quale verosimile sviluppo del processo svolto con il più rigoroso rispetto della norma) la possibilità di dimostrare l’insussistenza delle circostanze di fatto poste a base della decisione finale, costituendo principio indiscusso nella giurisprudenza di legittimità quello in forza del quale nessuno ha diritto al rispetto delle regole del processo in quanto tale, bensì unicamente là dove, in dipendenza della loro violazione, abbia subito un concreto pregiudizio (cfr. Cass. 24 settembre 2015, n. 183; Cass., 16 dicembre 2014, n. 26450; Cass. 13 maggio 2014, n. 10327; Cass. 22 aprile 2013, n. 9722; Cass. 19 febbraio 2013, n. 4020; Cass. 14 novembre 2012, n. 19992; Cass. 23 luglio 2012, n. 12804; Cass. 9 marzo 2012, n. 3712; Cass. 12 settembre 2011, n. 18635; Cass. Sez. Un., 19 luglio 2011, n. 15763; Cass. 21 febbraio 2008, n. 4435; Cass. 13 luglio 2007, n. 15678).

18. Con l’unico motivo dell’appello incidentale, D.S.L. censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 1384 c.c., in relazione agli artt. 1174,1175 e 1375 c.c. (con riguardo all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente affermato la mancata necessità della riconduzione ad equità della clausola penale originariamente convenuta tra le parti, in contrasto con gli indici di fatto analiticamente richiamati in ricorso, valutabili anche ai fini dell’applicazione dei principi di correttezza e buona fede nell’ambito dei rapporti contrattuali tra le parti.

19. Il motivo è inammissibile.

20. Al riguardo, osserva il Collegio come secondo l’orientamento di questa Corte di cassazione (anch’esso integralmente condiviso da questo giudice di legittimità), l’apprezzamento dell’eccessività dell’importo fissato con clausola penale dalle parti contraenti, per il caso di inadempimento o di ritardato adempimento, e la valutazione della misura dell’eventuale riduzione equitativa dell’importo medesimo, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio è incensurabile in sede di legittimità se non negli aspetti relativi alla motivazione, ovvero se correttamente fondato, a norma dell’art. 1384 c.c., sulla valutazione dell’interesse del creditore all’adempimento con riguardo all’effettiva incidenza dello stesso sull’equilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, indipendentemente da una rigida ed esclusiva correlazione con l’entità del danno subito (v., ex plurimis, Sez. 2, Ordinanza n. 23750 del 01/10/2018, Rv. 650626-01, ed altresì Sez. 2, Sentenza n. 6158 del 16/03/2007, Rv. 596698-01).

21. Ciò posto, osserva il Collegio come, attraverso le censure critiche articolate con il presente motivo d’impugnazione, la ricorrente incidentale si sia inammissibilmente spinta a prospettare la rinnovazione, in questa sede di legittimità, del riesame nel merito della vicenda oggetto di lite, come tale sottratto alle prerogative della Corte di cassazione.

22. Deve qui, infatti, ribadirsi il principio secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della congruità della coerenza logica, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis, Sez. 5, Sentenza n. 27197 del 16/12/2011, Rv. 620709).

23. Nella specie, la Corte d’appello ha espressamente evidenziato come l’esame della particolare natura dell’immobile considerato (consistente in un appartamento di pregio nel centro storico di Roma) e il carattere notorio dei “tempi irragionevoli richiesti per la formazione e la concreta attuazione di un titolo esecutivo di rilascio di un’abitazione”, valessero a rendere ragionevole la pattuizione di una penale che incrementi anche del 150% l’ammontare originario del canone, al fine di indurre la conduttrice alla tempestiva restituzione dell’immobile alla scadenza.

24. Si tratta di considerazioni che il giudice d’appello ha elaborato, nell’esercizio della discrezionalità valutativa ad esso spettante, nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica dell’interpretazione e di congruità dell’argomentazione, immuni da vizi d’indole logica o giuridica e, come tali, del tutto idonee a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dalla ricorrente incidentale.

25. Sulla base delle argomentazioni sin qui illustrate, rilevata la complessiva infondatezza dei motivi del ricorso principale e l’inammissibilità di quello incidentale, dev’essere disposto il rigetto del primo e dichiarata l’inammissibilità del secondo.

26. La reciprocità della soccombenza vale a giustificare l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.

27. Dev’essere infine attestata la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

Rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale.

Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2019

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