Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19521 del 19/07/2019

Cassazione civile sez. III, 19/07/2019, (ud. 29/04/2019, dep. 19/07/2019), n.19521

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29384/2017 proposto da:

I.C., e P.R., elettivamente domiciliati

in Roma, alla via Pietro Da Cortona n. 8/b presso lo studio

dell’avvocato MAURILIO D’ANGELO che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

Comune Di Pistoia, in persona del Sindaco in carica, elettivamente

domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA CIVILE della CORTE di

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CLAUDIO BECHI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 02098/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 26/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/04/2019 dal Consigliere Dott. Cristiano Valle.

Osserva:

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Firenze, con sentenza n. 2098 del 2017, in riforma della sentenza del Tribunale di Pistoia, rigettava la domanda di risarcimento dei danni proposta da P.R. e I.C., genitori di M., bimbo di nove mesi deceduto in ospedale il (OMISSIS) dopo che aveva accusato un malore all’asilo (OMISSIS), del Comune di (OMISSIS), nel giorno (OMISSIS).

Avverso la sentenza della Corte territoriale ricorrono P.R. e I.C. con due motivi di ricorso.

Il primo mezzo è formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in relazione all’art. 75 c.p.p. ed agli artt. 115,342,345 e 348 bis c.p.c. e lamenta l’avvenuta acquisizione da parte del giudice di appello della consulenza d’ufficio nel procedimento penale.

Il secondo motivo è formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 97 disp. att. c.p.c., artt. 116,196 e 345 c.p.c. e artt. 1218,2048,2729,2735 e 2697 c.c..

Resiste con controricorso il Comune di Pistoia.

I ricorrenti hanno depositato memoria per l’adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo assume che la Corte territoriale abbia violato l’art. 345 c.p.c., comma 3, laddove ha ammesso la produzione, da parte del Comune di Pistoia, della consulenza tecnica disposta nell’ambito del procedimento penale, in quanto l’elaborato peritale sarebbe stato ammesso senza alcun preventivo vaglio e quale vera e propria prova. Nello stesso mezzo si richiama l’art. 75 c.p.p., quale espressione del principio di autonomia degli accertamenti in sede civile e in sede penale.

Il secondo mezzo censura la sentenza d’appello per violazione delle norme in materia di libero convincimento del giudice, onere della prova, valutazione dell’operato del consulente tecnico di ufficio, violazione del divieto di private informazioni da parte del giudice.

I due mezzi, in quanto strettamente connessi, possono essere congiuntamente esaminati.

L’assunto di parte ricorrente relativo alla violazione da parte della Corte di Appello di Firenze dell’art. 342 c.p.c., non è condivisibile.

Il giudice territoriale ha assolto l’onere motivazionale sulla specificità dei motivi d’appello richiesto dal novellato art. 342 c.p.c., ritenendo che la proposizione dell’impugnazione di merito non richiedesse l’utilizzo di formule sacramentali nè dovesse contenere necessariamente un progetto alternativo di sentenza (da ultimo Cass. n. 07675 del 19/03/2019 e in precedenza 13535 del 30/05/2018).

La sentenza in scrutinio ha rilevato che la consulenza tecnica espletata nella fase delle indagini preliminari su impulso del giudice della relativa fase (G.i.p. Tribunale di Pistoia a seguito dell’annullamento del decreto di archiviazione disposto dalla Corte di Cassazione) era stata formata e comunque depositata e sottoposta a discussione nel contraddittorio delle parti del procedimento penale, ovverossia dopo che il processo civile si era concluso in primo grado con sentenza del Tribunale di Pistoia del 30/09/2014 depositata il successivo 07/10/2014 e la stessa parte ricorrente in legittimità aveva ulteriormente interloquito, depositando ulteriore documentazione comprovante la richiesta di riapertura delle indagini dell’Ufficio del P.M. presso il Tribunale di Pistoia).

In tal modo risulta rispettato il precetto dell’art. 345 c.p.c., comma 3, che consente l’acquisizione di nuovi documenti a condizione che la parte (nella specie il Comune di Pistoia) dimostri di non averli potuti produrre in primo grado per causa ad essa non imputabile.

La Corte territoriale, nella valutazione della consulenza tecnica espletata nel procedimento penale ha inoltre, dimostrato di essere a conoscenza della necessità di adeguato scrutinio delle risultanze delle indagini peritali, non recependole acriticamente. In tal modo la sentenza in scrutinio ha dato corretto seguito all’orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo il quale (Cass. n. 15714 del 02/07/2010): “Il giudice civile può utilizzare come fonte del proprio convincimento anche gli elementi probatori raccolti in un giudizio penale, ed in particolare le risultanze della relazione di una consulenza tecnica esperita nell’ambito delle indagini preliminari, soprattutto quando la relazione abbia ad oggetto una situazione di fatto rilevante in entrambi i giudizi”. L’orientamento, risalente ma non mutato (Cass. n. 16069 del 20/12/2001), afferma, con specifico riferimento alla consulenza tecnica disposta dall’ufficio del P.M. che: “Il giudice di merito, in mancanza di qualsiasi divieto di legge, oltre che utilizzare prove raccolte in diverso giudizio fra le stesse o altre parti, può anche avvalersi delle risultanze derivanti da atti di indagini preliminari svolte in sede penale, le quali debbono, tuttavia, considerarsi quali semplici indizi idonei a fornire utili e concorrenti elementi di giudizio, la cui concreta efficacia sintomatica dei singoli fatti noti deve essere valutata – in conformità con la regola dettata in tema di prova per presunzioni

– non solo analiticamente, ma anche nella loro convergenza globale, accertandone la pregnanza conclusiva in base ad un apprezzamento che, se sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico, non è sindacabile in sede di legittimità. Ne consegue, da un canto, che anche una consulenza tecnica disposta dal P.M. in un procedimento penale, se ritualmente prodotta dalla parte interessata, può essere liberamente valutata come elemento indiziario idoneo alla dimostrazione di un fatto determinato (ancorchè la relativa valutazione debba pur sempre tener conto della circostanza che l’atto si è formato senza il contraddittorio tra le parti e che esso non risulta sottoposto al vaglio del giudice del dibattimento), dall’altro che, trasposta la vicenda processuale in grado di appello, il giudice del gravame ha l’obbligo di estendere il proprio giudizio a tutte le eventuali, successive risultanze probatorie, e non limitarsi ad una rivalutazione della sola consulenza eventualmente posta a fondamento della decisione di primo grado”.

Nella specie dalla motivazione della sentenza impugnata risulta che il giudice dell’appello ha valutato la consulenza tecnica espletata in sede di indagini preliminari, e quindi necessariamente acquisita dopo la sentenza del tribunale civile, correlandola alle dichiarazioni testimoniali raccolte nel corso dell’istruttoria civile di primo grado, giungendo alla conclusione, non correttamente censurata in questa sede, di sostanziale mancato raggiungimento della prova, nel processo civile di danno, che lo scuotimento del bambino fosse avvenuto nell’arco temporale successivo alle ore 08.00 del mattino del (OMISSIS), con conseguente rigetto della domanda risarcitoria.

La decisione della Corte di Appello di Firenze ha fatto, quindi, corretto governo delle risultanze probatorie, pervenendo alla pronuncia di rigetto della domanda risarcitoria in coerenza con l’orientamento giurisprudenziale formatosi in materia (Cass. Sez. U, n. 9346 del 27/06/2002).

Il ricorso è, pertanto, infondato.

Il ricorso è rigettato.

Le spese di lite di questo giudizio di cassazione possono essere compensate, in ragione della eccezionale rilevanza degli interessi oggetto di causa (da ultimo, tenendo conto della giurisprudenza costituzionale, e segnatamente di Corte costituzionale n. 77 del 19 aprile 2018, si veda esaustivamente: Cass. n. 04696 del 18/02/2019).

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

Rigetta il ricorso;

compensa tra le parti le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, il 29 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2019

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