Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19517 del 23/09/2011
Cassazione civile sez. trib., 23/09/2011, (ud. 09/06/2011, dep. 23/09/2011), n.19517
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente –
Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 22418/2007 proposto da:
T.M., in qualità di titolare della ditta omonima,
elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato GIACOBINA ROBERTO con studio in TORINO VIA G. CASALIS
56 (avviso postale), giusta delega a margine;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI CHIVASSO UFFICIO TRIBUTI;
– intimato –
avverso la sentenza n. 32/2006 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,
depositata il 22/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
09/06/2011 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;
preso atto che il P.G. non ha formulato osservazioni sulla relazione
ex art. 380 bis c.p.c., notificatagli.
Fatto
IN FATTO E IN DIRITTO
1. T.M. propone ricorso per cassazione nei confronti del Comune di Chivasso (che non ha resistito) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento in rettifica per Tarsu relativa all’anno 2000, la C.T.R. Piemonte riformava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso introduttivo.
2. Con i due motivi di ricorso la ricorrente deduce vizio di motivazione della sentenza impugnata rilevando che i giudici d’appello – una volta ritenuta l’insussistenza della violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, sulla base della quale i primi giudici avevano dichiarato l’illegittimità dell’avviso opposto – non si erano pronunciati sugli ulteriori profili di illegittimità riguardanti, sotto diversi aspetti, la motivazione del medesimo avviso dedotti dalla contribuente in primo grado e sui quali i giudici della C.T.P. non si erano pronunciati.
Le censure in esame presentano diversi profili di inammissibilità.
In proposito, prescindendo da ogni altra considerazione, è sufficiente rilevare che dalla sentenza impugnata non risulta che nell’atto introduttivo fosse stata denunciata l’illegittimità dell’avviso opposto per i vizi di motivazione di cui alle predette censure, e in ogni caso non risulta che le relative questioni – ove anche proposte in primo grado – fossero state specificamente riproposte in appello (risultando invece che l’appellata si limitò nelle proprie controdeduzioni ad eccepire l’inammissibilità dell’impugnazione D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 53). Tanto premesso, la ricorrente non deduce in ricorso di avere specificamente riproposto in appello le suddette questioni (nè tanto meno riporta in ricorso – ai fini dell’autosufficienza del medesimo – e neppure produce unitamente al ricorso – ex art. 369 c.p.c., n. 4 – gli atti in cui le stesse furono proposte in primo grado ed, eventualmente, specificamente riproposte in appello), con la conseguenza che non risulta la sussistenza delle condizioni perchè il giudice d’appello avesse l’obbligo di pronunciarsi (e motivare) sulle suddette questioni, atteso che, a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56 (che riprende l’art. 346 c.p.c.), “le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza della commissione provinciale, che non sono specificamente riproposte in appello, si intendono rinunciate”.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. In assenza di attività difensiva, nessuna decisione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 9 giugno 2011.
Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2011