Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19516 del 14/09/2010

Cassazione civile sez. III, 14/09/2010, (ud. 19/05/2010, dep. 14/09/2010), n.19516

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15015-2006 proposto da:

C.F. (OMISSIS), Z.G. (OMISSIS), ZE.GA.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CASSIODORO 1/A,

presso lo studio dell’avvocato UVA GENNARO, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LOMBARDI FERNANDO giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

e contro

ENEL S.P.A. (OMISSIS);

– intimato –

sul ricorso 18527-2006 proposto da:

ENEL S.P.A., in persona del suo procuratore Ing.

G.M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli

avvocati DE SANTIS EMILIO, DE NOTARISTEFANI DI VASTOGIRARDI ANTONIO

giusta delega a margine del controricorso;

– ricorrente –

e contro

C.F., Z.G., ZE.GA.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 837/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

SEZIONE TERZA CIVILE, emessa il 25/02/2005, depositata il 23/03/2005

R.G.N. 5268/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/05/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FEDERICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 6.4.95 i coniugi Z.D. e C.F., in proprio e per conto delle figlie minori Ze.Ga. e G., convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli l’Enel s.p.a. – Compartimento di Napoli.

Deducevano gli esponenti che la C., dovendo trasferirsi con la famiglia in un immobile in (OMISSIS) costituito sin dalla costruzione da due porzioni separate e con ingresso autonomo, aveva stipulato con l’Enel due distinti contratti di fornitura elettrica, il primo a tariffa agevolata per i residenti per la parte destra dell’immobile (utenza n. (OMISSIS)) ed il secondo a tariffa ordinaria per l’altra porzione dell’immobile adibita a studio legale del marito Z.D. (utenza n. (OMISSIS)), con i relativi contatori; che dal marzo 1991 avevano constatato che vi era stata un’inversione nell’applicazione delle tariffe, con notevole aggravio di costi; che in data 25.7.92 l’Enel operava il distacco dell’utenza (OMISSIS) per mancato pagamento delle fatture, pur precedentemente sospese; che nell’agosto 1992 l’Enel rimuoveva il contatore relativo all’utenza n. (OMISSIS) ai sensi degli artt. 5 e 11 delle condizioni generali di fornitura, mentre le fatture relative all’utenza (OMISSIS) continuavano ad essere calcolate con la tariffa ordinaria; che l’Enel provvedeva a distaccare anche l’utenza n. (OMISSIS) e che invano veniva richiesto al Tribunale un provvedimento d’urgenza per la riattivazione della fornitura.

Ciò premesso, gli istanti chiedevano accertarsi la responsabilità dell’ente convenuto per le omissioni e ritardi, con la condanna generica al risarcimento dei danni.

Il convenuto contestava l’avversa domanda, spiegando domanda riconvenzionale per la condanna degli attori al pagamento delle fatture insolute, maggiorato degli interessi convenzionali di mora.

Con sentenza non definitiva n. 8745/02 il Tribunale adito dichiarava l’illiceità dei distacchi delle utenze elettriche nn. (OMISSIS) e (OMISSIS) ed il diritto degli attori, in proprio e nella qualità, al risarcimento dei danni arrecati dall’illecita interruzione delle suddette forniture, nell’ammontare da determinarsi nel prosieguo del giudizio, accoglieva la domanda riconvenzionale, dichiarando il diritto dell’Enel a conseguire dalla C. il pagamento di Euro 1.721,59, oltre interessi al tasso legale maggiorato di 3.5 punti dal 26.6.97, sospeso sino all’esito del giudizio definitivo.

Proposto appello dall’Enel, senza che gli appellati si fossero costituiti tranne l’avv. Z.D. che, procuratore di se medesimo, si costituiva in cancelleria il 10.2.05, con sentenza depositata il 23.3.05 la Corte d’appello di Napoli, in riforma della sentenza gravata, limitava la declaratoria d’illiceità al solo distacco del 22.7.92 e dichiarava che l’Enel aveva diritto a conseguire la somma di Euro 2.273, 59, oltre interessi nella misura liquidata dal primo giudice dalla data della domanda riconvenzionale.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per Cassazione la C. e Z.G. e Ga., con cinque motivi, mentre l’Enel ha resistito con controricorso, con cui ha proposto anche ricorso incidentale affidato a tre motivi, depositando in atti anche una memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare va disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

a) Ricorso principale:

Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 330 c.p.c., e la conseguente nullità della sentenza impugnata in relazione all’art. 360 c.p.p., n. 4.

Con il secondo motivo lamentano la violazione degli artt. 1175, 1564 e 1565 c.c. ed omessa motivazione sul punto, avendo la Corte di merito affermato la legittimità delle sospensioni delle forniture di energia elettrica operate dall’Enel a prescindere dall’applicazione delle norme suddette, ma con riferimento a non meglio specificate previsioni contrattuali.

Con il terzo motivo lamentano la violazione dell’art. 43 Cost. e art. 2597 c.c. ed omessa motivazione sul punto, non avendo la Corte di merito tenuto conto del fatto che il contratto di somministrazione, rientrando in regime di monopolio, implica che il monopolista non può rifiutare la conclusione del contratto nè l’esecuzione delle prestazioni che ne costituiscono l’oggetto.

Con il quarto motivo deducono omessa motivazione circa la dichiarata liceità delle sospensioni delle forniture d’energia da parte dell’Enel.

Con il quinto motivo deducono la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c. e art. 118 d.a. c.p.c., non consentendo la carenza e la genericità della sua motivazione un controllo sul procedimento logico seguito dalla Corte di merito per pervenire alla decisione da essa adottata.

1. Il primo motivo non è fondato.

Risulta, infatti, innanzitutto dagli atti di causa che la notificazione dell’atto d’appello proposto dall’Enel è stata l effettuata in data 9.12.02 agli appellati “tutti elettivamente domiciliati presso il loro procuratore costituito Avv. Z.D., con studio in (OMISSIS)….”.

Si sostiene però che tale notifica non sarebbe stata legittimamente eseguita, in quanto tutte le otto copie dell’atto sarebbero state consegnate sì nel suddetto indirizzo, ma a mani di C.F. sia in proprio che nelle sue diverse qualità (come esercente la potestà sulla figlia minore Z.G., come madre di Ze.Ga. e moglie dell’avv. Z.D.), per cui la notifica stessa si sarebbe configurata in sostanza come avvenuta alle parti personalmente o comunque senza che le copie in questione fossero state consegnate alla medesima nella qualità di addetta allo studio legale del marito o di persona abilitata alla ricezione degli atti per conto dell’avv. Z..

Tale tesi non è però condivisibile.

Posto, infatti, che nella notificazione “presso il procuratore costituito”, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 1, le modalità della sua esecuzione non possono che essere quelle di cui all’art. 138 c.p.c., e segg., e cioè o a mani proprie del destinatario o a una sua persona di famiglia o addetta alla casa o all’ufficio, si rileva che nel caso di specie tale notifica è stata fatta mediante consegna delle copie alla moglie del destinatario e, perciò, a persona pienamente abilitata a norma dell’art. 139 c.p.c., comma 2.

2. Gli altri motivi, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione, non sono fondati.

2.1. Giova rilevare, innanzitutto, che la Corte di merito, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, ha tenuto ben presenti nella sua decisione sia la normativa generale del codice civile in materia di somministrazione di beni o servizi che quella specifica contrattuale regolatrice del rapporto tra le parti.

Ed invero, per quanto riguarda in particolare la disciplina contrattuale, che integra ed attua nel concreto quella codicistica, è vero che nella motivazione la sentenza impugnata non indica espressamente le “specifiche previsioni contrattuali” menzionate a pag. 9 a giustificazione della dichiarata legittimità delle due sospensioni di energia elettrica operate dall’Enel, ma è pacifico che con quell’espressione i giudici d’appello abbiano inteso riferirsi al contenuto ed al testo di quelle clausole contrattuali (nn. 3 e 12) che, invocate dall’appellante a sostegno del suo gravame, risultano citate nella sintesi dei motivi del gravame stesso, contenuta nello svolgimento del processo a pag. 6 della sentenza impugnata.

Infatti, l’interpretazione corretta di una sentenza non può che fondarsi sull’esame contestuale di tutte le sue parti in correlazione tra loro, nel senso che gli elementi posti a fondamento dell’iter argomentativi sviluppato nella parte motivazionale della decisione debbano trovare il loro complemento, ove necessario, anche in quelli già esposti e riassunti nella sintesi dello svolgimento del processo.

2.2. Il richiamo poi alla violazione dell’art. 2597 c.c. è del tutto fuor di luogo nel caso di specie, atteso che la norma suddetta si limita a stabilire che il monopolista legale “ha l’obbligo di contrattare con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto dell’impresa, osservando la parità di trattamento”, ma non stabilisce affatto il principio che il medesimo sia tenuto in qualunque caso, anche in presenza dell’inadempimento da parte dell’utente degli obblighi su di lui gravanti, ad eseguire le relative prestazioni.

L’obbligo imposto dalla legge si riferisce chiaramente al momento genetico del contratto e cioè a quello della sua stipulazione, ma non riguarda anche la fase della sua esecuzione che è soggetta alla normativa generale dettata in materia dal codice civile, nonchè a quella specifica stabilita nelle norme contrattuali.

Non può, dunque, escludersi in linea di principio, nei contratti stipulati con un’impresa legalmonopolista, l’applicabilità anche in favore di quest’ultima dell’art. 1460 c.c. (eccezione d’inadempimento) (v. Cass. S.U. n. 1232/2004).

2.3. E’ del tutto infondata anche la censura in ordine all’asserito vizio di motivazione che inficerebbe, secondo i ricorrenti, la declaratoria di legittimità di due delle tre sospensioni di fornitura elettricità da parte della resistente.

Infatti, la Corte di merito ha sul punto in questione spiegato, con logica e congrua motivazione il proprio convincimento, facendo correttamente riferimento alla “articolata ed esaustiva motivazione della C.T.U.” sia in ordine al distacco del 13.8.92 (per ragioni di sicurezza, per la presenza di più utenze in un unico appartamento ovvero in più appartamenti contigui ma aventi un unico impianto elettrico) che a quello del 17.3.94 (giustificato invece per la morosità di C. – Z.).

Nè d’altronde risultano dedotte e riportate in ricorso censure specifiche ed analitiche alle conclusioni del CTU, alle quali la sentenza impugnata non avrebbe dato una risposta pertinente ed esauriente.

3. Il quinto motivo è manifestamente infondato.

Infatti, le considerazioni svolte al paragrafo 2 già hanno evidenziato come nel caso di specie non ci troviamo di fronte ad una ipotesi di motivazione sostanzialmente inesistente o meramente apparente, risultando viceversa dall’esame della sentenza impugnata una esauriente ed adeguata valutazione critica della sentenza di primo grado.

Ed invero, i giudici di appello hanno analiticamente dato conto di tutte le censure che l’ENEL aveva mosso a quest’ultima decisione, facendole – almeno in parte – proprie, per cui gli stessi, attraverso la valutazione critica della fondatezza di una parte di tali censure, hanno contestualmente fornito una motivata e congrua valutazione in ordine alle ragioni poste dal primo giudice a fondamento della propria decisione.

b) Ricorso incidentale:

Con il primo motivo l’Enel deduce la violazione degli artt. 1461, 1462, 1321, 1322, 1372, 1564 e 1565 c.c., avendo la Corte di merito erroneamente ritenuto l’illegittimità della sospensione dell’erogazione avvenuta il 22.7.92, senza tener conto del disposto delle clausole 3 e 12 del contratto di somministrazione per cui eventuali contestazioni sull’ammontare della morosità non avrebbero impedito all’Enel di sospendere l’erogazione.

Con il secondo motivo lamenta contraddittoria motivazione su di un punto decisivo, in quanto la Corte di merito, da un lato, ha affermato l’insussistenza della morosità alla data del 22.7.92 mentre, dall’altro, ha invece palesemente contraddetto sul punto le conclusioni (pur formalmente condivise) del CTU, che aveva sostenuto la sussistenza a quella data di una rilevante morosità in relazione ad entrambe le utenze.

Con il terzo motivo lamenta ancora omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo, avendo la Corte di merito ritenuto l’insussistenza della morosità alla data del 22.7.92 in base ad altri elementi, diversi dalla relazione del CTU ma dei quali non esiste traccia nella motivazione.

1. Il primo motivo non è fondato.

La sentenza impugnata ha fornito, invero, una convincente spiegazione in ordine alla illegittimità della sospensione dell’erogazione avvenuta il 22.7.92 in relazione all’utenza n. (OMISSIS), facendo rilevare che lo stesso Enel aveva riconosciuto l’erroneità dei propri conteggi a fondamento della dedotta morosità tanto da emettere una nota di rettifica a favore dell’utente per L. 146.828.

Infatti, l’emissione di tale nota di credito sta a dimostrare che è stato proprio l’Enel a rinunciare di fatto ad avvalersi nella specie delle clausole contrattuali che prevedevano a suo vantaggio sia il principio del solve et repete che la stessa eccezione d’inadempimento ex art. 1460 c.c., riconoscendo l’infondatezza della propria pretesa, così come accertata poi in sede di CTU. 2. Gli altri motivi, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.

Non si ravvisano, infatti, nella sentenza impugnata i dedotti vizi motivazionali, essendo in particolare da escludere che sussista contraddizione tra il ragionamento logico-giuridico svolto dalla Corte di merito e le conclusioni esternate dal CTU. Come abbiamo già rilevato, la sentenza gravata ha fatto esplicito riferimento agli accertamenti compiuti dal CTU per giustificare l’inesistenza della morosità posta a base del distacco realizzato il 22.7.92, mentre il resistente sostiene che a quest’ultima data “la morosità accumulata per le due utenze andava da un minimo di L. 2.742.454 ad un massimo di L. 3.924.555”, trascrivendo anche testualmente le ipotesi contabili relative alle due utenze n.ri (OMISSIS) così come formulate nelle conclusioni della relazione peritale.

Ma la parte che in sede di legittimità sì dolga di un’errata valutazione di risultanze istruttorie, ivi compresi anche l’accertamento del CTU, non può invocare il sindacato di legittimità trascrivendo solo alcuni passi dell’elaborato peritale, fuorvianti nella loro parzialità, ma ha l’onere di riprodurre nel ricorso, in osservanza del principio di autosufficienza del ricorso, il documento nella sua integrità (Cass. n. 15412/04) o, quanto meno, nella parte riguardante l’elemento utilizzato dai giudici d’appello.

Infatti, dalle pagine 38 e 39 delle conclusioni della relazione peritale, così come trascritte nel ricorso incidentale, non sì evince alcun elemento che in concreto possa contrastare la validità della considerazione svolta dalla Corte di merito in ordine alla nota di credito che concludeva la controversia insorta con la sospensione del 22.7.92: si tratta, infatti, di mere “ipotesi contabili” che prescindono completamente dai movimenti in concreto di dare ed avere riguardanti l’utenza n. (OMISSIS) in relazione al distacco del 22.7.92.

Dovendosi, dunque, escludere che dai passi riportati della relazione peritale risulti l’esistenza di un debito degli utenti alla data predetta, risulta conseguentemente infondata la censura del resistente, secondo cui la Corte d’appello avrebbe desunto l’inesistenza della dedotta morosità da elementi diversi dalla consulenza tecnica, sui quali peraltro avrebbe omesso ogni motivazione.

d) Entrambi i ricorsi vanno, quindi, rigettati, mentre ricorrono giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi e li rigetta, compensando tra le parti le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2010

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