Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19515 del 14/09/2010
Cassazione civile sez. III, 14/09/2010, (ud. 07/05/2010, dep. 14/09/2010), n.19515
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –
Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –
Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –
Dott. CHIARINI Maria Margherita – rel. Consigliere –
Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 14356-2006 proposto da:
P.G. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliata in
ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata
e difesa dall’avvocato SANTAGATI ANTONIO con studio in 93012 GELA
(CALTANISSETTA), VICO IMPERIA 4, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
FONDIARIA SAI ASSICURAZIONI, EURO CO.MEC SRL, S.M.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 291/2005 del TRIBUNALE di GELA, emessa il
15/9/2005, depositata il 22/09/2005, R.G.N. 263/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
07/05/2010 dal Consigliere Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PRATIS PIERFELICE, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
P.G. ricorre per Cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Gela del 22 settembre 2005 nei confronti della Fondiaria Sai assicurazioni che ha respinto la censura sulla liquidazione globale delle spese, competenze ed onorari effettuata a suo favore dal primo giudice – Euro 1.125,10 – in accoglimento parziale della domanda risarcitoria della medesima – attribuendo ai convenuti il 75% di responsabilità nella determinazione dell’incidente stradale – ritenendola congrua, corretta e proporzionale al valore della causa – da L. 5 milioni a L. 10 milioni – e rispettosa dei minimi tabellari, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., della L. n. 794 del 1942, art. 24, del D.M. 22 giugno 1982, art. 4 e vizio di motivazione con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5 poichè le competenze, pari a L. 20 mila per ciascuna prestazione effettuata, come indicato nella nota spese, ammontavano ad Euro 1.032,97, e gli onorari a Euro 1.154,00 – minimo Euro 601,69 – e così per un totale di Euro 2.607,13, sì che il giudice di secondo grado doveva dettagliare gli importi e le voci non dovuti, diversamente incorrendo nel vizio di motivazione.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
Ribadito infatti che il giudice d’appello, in presenza di contestazioni sulle voci liquidate a titolo di onorari e di diritti, inferiori alla nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una generica conferma della liquidazione globale effettuata dal primo giudice, ma deve rideterminare l’ammontare del compenso dovuto al professionista, specificando il sistema di liquidazione adottato e la tariffa professionale applicabile alla controversia, onde consentire l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti e dalle tariffe, anche in relazione all’inderogabilità dei minimi e dei massimi tariffaria va altresì ribadito che tale potere-dovere del giudice d’appello presuppone, comunque, che la parte, nell’atto di impugnazione, specifichi gli importi e le singole voci che assume violate in relazione alla nota spese prodotta in prime grado, non potendosi desumere tali dati da memorie illustrative successive, atteso che tale onere è volto a configurare l’ambito del “devolutum”, secondo la funzione propria del giudizio di appello.
Invece, dalla sentenza impugnata risulta che la Pirone ha lamentato sì la liquidazione globale delle spese, competenze ed onorari effettuata dal giudice di primo grado affermandone la misura inferiore al dovuto e richiesta con la nota spese, ma senza ottemperare all’onere di specificare gli errori commessi, precisando ciò che riteneva dovuto, in relazione alle singole voci tariffarie per le competenze e ai minimi inderogabili per gli onorari, raffrontato con la nota prodotta in primo grado,- non essendo a tal fine sufficiente il mero richiamo ad essa liquidato dal giudice in difetto, avuto riguardo anche alla percentuale di responsabilità attribuita alla parte richiedente.
Pertanto, poichè tale onere non risulta assolto, la relativa censura in appello era inammissibile ed il. ricorso va respinto.
Non si deve provvedere sulle spese non avendo gli intimati svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2010