Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19514 del 23/08/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 19514 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA

sul ricorso 16480-2007 proposto da:
MASTRODONATO GIOVANNA C.F.MSTGNN26H56D643K, LAGONIGRO
ALDO C.F.LGNLDA26B07L219K, elettivamente domiciliati
in ROMA,

VIA NUMITORE 15,

presso lo studio

p

h.

dell’avvocato DI PERNA NICOLA WALTER,

che li

rappresenta e difende;
– ricorrenti –

2013
contro

938

LAPOMARDA

ROSALIA,

LAPOMARDA

LEONARDO,

RAGGI

GRAZIELLA, LAPOMARDA FRANCESCA;
– intimati –

Data pubblicazione: 23/08/2013

’)

avverso la sentenza n. 212/2007 della CORTE D’APPELLO
di BARI, depositata il 28/02/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/04/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
ROSARIA SAN GIORGIO;

ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. COSTANTINO FUCCI che ha concluso per
l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.

udito l’Avvocato Di Perna Nicola Walter difensore dei

Svolgimento del processo
1. – Con atto di citazione notificato il 23 aprile 1993, Antonio Lorenzo
Lapomarda, esponendo di essere proprietario di un immobile in Vieste a
seguito di usucapione accertata dal Tribunale di Foggia con sentenza del

coniugi Aldo Lagonigro e Giovanna Mastrodonato, che se ne erano
impadroniti, previa annessione dello stesso, tramite lavori di
ristrutturazione, ad altro immobile di loro proprietà, chiese al
Tribunale di Foggia che, accertato il suo esclusivo diritto dominicale
sull’immobile in questione, gli occupanti fossero condannati alla
restituzione dello stesso, previo ripristino dello stato dei luoghi
originario.
La domanda attorea fu rigettata e, in accoglimento della domanda
riconvenzionale dei convenuti, questi ultimi furono dichiarati
proprietari esclusivi del bene per intervenuta usucapione.
Avverso tale sentenza proposero appello gli eredi dell’originario attore,
Graziella Raggi, Francesca, Leonardo e Rosalia Lapomarda.
2. – La Corte d’appello di Bari, con sentenza depositata il 28 febbraio
2007, in riforma della sentenza impugnata, affermò la proprietà esclusiva
degli appellanti sull’immobile in questione, condannando gli appellati
alla immediata restituzione dello stesso previo ripristino della
originaria situazione.
Premesso che il primo giudice aveva escluso che la preclusione del
per usucapione della proprietà

giudicato relativo all’acquisto

dell’immobile in questione da parte del Lapomarda, affermato con la
3

30 novembre 1990, e che tale immobile era stato concesso in comodato ai

sentenza del 1990, operasse nel giudizio de quo nei confronti dei coniugi
convenuti, e che tale statuizione non era stata oggetto di specifico
motivo di impugnazione, nel merito la Corte territoriale osservò che,
avendo il GOArga accertato l’esistenza del comodato intercorso tra il

capo a costoro, sarebbero stati i detentori a dover provare
l’interversione del possesso.
Secondo il primo giudice, tale prova sarebbe stata offerta attraverso una
serie di deposizioni testimoniali. Ma egli non avrebbe, secondo la Corte
di merito, tenuto conto della più importante di tali testimonianze, resa
dal soggetto indicato come colui che aveva effettuato i lavori di
ristrutturazione per effetto dei quali il locale in questione era stato
annesso ad altro immobile di proprietà degli appellati, e che aveva
escluso che detti lavori avessero riguardato anche il locale de quo. E
dunque il locale conteso non aveva perso, a seguito di detti lavori, nel
1988-1989, la sua individualità e l’annessione all’immobile di proprietà
dei coniugi Lagonigro era avvenuta solo successivamente, come confermato
anche dalla documentazione in atti.
Del resto, lo stesso primo giudice aveva considerato accertato che prima
del 1988 fosse avvenuta tale annessione, sicchè, instaurato il giudizio
con la domanda di revindica nel 1994, all’epoca non si era perfezionata
certamente la vicenda acquisitiva

ex art. 1158 cod.civ. per non essere

maturato il possesso ventennale.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono Aldo Lagonigro e
Giovanna Mastrodonato sulla base di quattro motivi.

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Lapomarda e i coniugi appellati, e quindi la detenzione dell’immobile in /

Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo si deduce .

La Corte di merito avrebbe

dell’originario attore prima, e dei suoi eredi poi in qualità di
appellanti, era valido ai fini del riconoscimento del diritto di
proprietà, ponendosi in contraddizione con quanto da essa stessa ritenuto
in ordine alla inefficacia del titolo nei confronti dei coniugi
Lagonigro-Mastrodonato per essere preclusa ogni questione sul punto a
seguito della formazione del giudicato interno. Osservano ancora i
ricorrenti che gli eredi dell’originario attore avrebbero dovuto
dimostrare che la sentenza che riconosceva il loro diritto di proprietà
per usucapione era passata in giudicato. Né la Corte di merito si sarebbe
accertata che il giudizio intrapreso da Antonio Lorenzo Lapomarda, e
definito con sentenza di riconoscimento del suo diritto di proprietà,
fosse stato ben istituito; e nemmeno la stessa si sarebbe resa conto che
la sentenza di accertamento del diritto di proprietà per usucapione
emessa in favore di Lapomarda contro Cirillo non era stata messa in
esecuzione a distanza di ben tredici anni dalla emissione, con
conseguente maturazione della prescrizione decennale.
2. – Il motivo è inammissibile.
Ed infatti, sia che esso venga inteso, come sembra prescrivere il
riferimento, nella rubrica, all’art. 360, n. 5, cod.proc.civ., quale
censura motivazionale, sia che lo si interpreti, privilegiando il

5

errato nell’affermare che il titolo posto a fondamento delle pretese

richiamo all’art. 2909 cod.civ., come doglianza attinente a violazione di
legge, risulta evidente il

vulnus

all’art. 366-bis cod.proc.civ.,

applicabile nella specie ratione temporis.
Nel primo caso, invero, trova applicazione il consolidato orientamento di

della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di
indicare chiaramente tale fatto, ovvero le ragioni per le quali la
motivazione è insufficiente, imposto dal citato art. 366-bis cod. proc.
civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo
motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una
indicazione riassuntiva e sintetica – nella specie mancante

che

costituisca un quid pluris rispetto alla illustrazione del motivo, così
da consentire al giudice di valutare immediatamente la ammissibilità del
ricorso stesso: momento di sintesi, codesto, che assume l’autonoma
funzione volta alla immediata rilevabilità del nesso eziologico tra la
lacuna o incongruenza logica denunciata ed il fatto ritenuto
determinante, ove correttamente valutato, ai fini della decisione
favorevole al ricorrente (v. Cass., S.U., sent. n. 20603 del 2007 e
successive, e, da ultimo, Cass., sez. V., sent. n. 5858 del 2013).
Ove, poi, si intenda il mezzo come volto a censurare una violazione di
legge,

la inammissibilità dello stesso discendile dalla mancata

formulazione del quesito di diritto prescritto dal richiamato art. 366bis cod.proc.civ.
3. – Per ragioni analoghe risulta inammissibile il secondo motivo, con il
quale si deduce

,

alla esistenza di un contratto di comodato, asseritamente accertata dal

Invero, anche con riguardo a tale mezzo si ravvisa la violazione
dell’art. 366-bis cod.proc.civ., vuoi per la mancata formulazione del
quesito di diritto (ove si ritenga che i ricorrenti abbiano inteso
focalizzare la censura con riguardo alla nullità della sentenza o del
procedimento); vuoi per la mancata enucleazione del momento di sintesi
(se si ritenga dedotta essenzialmente il vizio motivazionale).
4. – Inammissibile a norma dell’art. 366-bis cod.proc.civ., in quanto
privo della formulazione del quesito di diritto e del momento di sintesi
risulta anche il terzo motivo, con il quale si lamenta

.
5. – Parimenti inammissibile per le ragioni già indicate è, infine, il
quarto motivo, con il quale si lamenta .
6. – Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Non
v’è luogo a provvedimenti sulle spese del presente giudizio, non avendo

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giudice di primo grado intercorso tra Lapomarda ed i convenuti.

gli intimati svolto alcuna attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione

civile, il 10 aprile 2013.

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