Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19512 del 14/09/2010

Cassazione civile sez. un., 14/09/2010, (ud. 16/02/2010, dep. 14/09/2010), n.19512

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. PREDEN Roberto – Presidente di sezione –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1300-2009 proposto da:

PROVINCIA RIETI ((OMISSIS)), AUTORITA’ AMBITO 2010 DELL’ATO N. 3

DI RIETI, in persona dei rispettivi Presidenti pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DORA 1, presso lo studio

dell’avvocato CERULLI IRELLI VINCENZO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FARNETANI RICCARDO, per delega a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI ROMA ((OMISSIS)), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso

gli Uffici dell’Avvocatura Comunale, rappresentato e difeso dagli

avvocati CECCARELLI AMERICO, ROSSI DOMENICO, per delega a margine del

controricorso;

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI ROMA ((OMISSIS)), in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IV

NOVEMBRE 119-A, presso l’Avvocatura della Provincia, rappresentata e

difesa dall’avvocato SIENI MASSIMILIANO, per delega in calce al

controricorso;

REGIONE LAZIO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA G.G. BELLI 27, presse lo studio

dell’avvocato GENTILE GIAN MICHELE, che la rappresenta e difende, per

delega in calce al controricorso;

– controricorrenti –

contro

ACEA S.P.A. ((OMISSIS)), in persona dell’Amministratore pro-

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI SAN BASILIO 61,

presso lo studio dell’avvocato FICOZZA EUGENIO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato PUCA VINCENZO, per delega a margine

del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, MINISTERO

DELL’AMBIENTE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 178/2008 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 12/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/02/10 dal Cons. Dott. GIUSEPPE SALME’;

uditi gli avvocati FARNETANI Riccardo, CERULLI IRELLI Vincenzo,

FICOZZA Eugenio, PUCA Vincenzo, ABBATE Alessandra per delega

dell’avvocato Gentile Gian Michele, MURRA Rodolfo per delega degli

avvocati Ceccarelli Americo e Rossi Domenico;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il ricetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La provincia di Rieti, anche come ente responsabile del coordinamento dell’Ambito Territoriale Ottimale (ATO) n. 3 di Rieti, ha impugnato davanti al tribunale superiore della acque pubbliche la nota in data 14 aprile 2003 con la quale il direttore del dipartimento del territorio della Regione Lazio ha comunicato che: 1) era stata concessa al Comune di Roma la derivazione per uso umano delle acque delle sorgenti del (OMISSIS) e (OMISSIS) e che 2) erano state rinnovate, non ostante la propria opposizione fondata sul rilievo che vi era un deficit di risorse idriche necessarie per soddisfare i bisogni del proprio territorio, le concessioni delle derivazioni delle stesse acque, per uso potabile e di produzione di energia elettrica, in precedenza rilasciate all’ACEA; 3) non era stata ammessa ad istruttoria, in quanto incompatibile con la concessione già rilasciata al comune di Roma, la domanda di concessione della provincia di Rieti. Con sentenza del 12 novembre 2008 il TSAP ha rigettato l’impugnazione, affermando che: a) il ricorso era ammissibile in quanto la nota della regione Lazio impugnata aveva natura provvedimentale ed era immediatamente lesiva della situazione giuridica dell’ente ricorrente, avendo negato il rilascio della concessione; b) non sussisteva la dedotta nullità del ricorso stesso per insufficienza del termine dilatorio a comparire perchè tale termine, ai sensi del R.D. n. 1775 del 1933, art. 155, è di venti giorni ed era stato rispettato; c) che non era rilevante l’eccezione di tardività del ricorso, poichè lo stesso era comunque infondato.

Nel merito il TSAP ha affermato che: 1) la L. n. 36 del 1994, pur prevedendo una nuova organizzazione del servizio pubblico idrico, non ha attribuito agli enti pubblici gestori una privativa nè ha riconosciuto in loro favore l’automatico trasferimento delle concessioni di derivazione già rilasciate, essendo rimasta ferma, anche nella nuova disciplina, la distinzione tra concessione del servizio pubblico e concessione di utilizzazione dell’acqua pubblica;

2) la predetta L. n. 36 del 1994 non ha neppure innovato circa i criteri che l’amministrazione deve seguire per risolvere il conflitto tra più domande concorrenti i quali restano quelli previsti dal R.D. n. 153 del 1933, art. 9; 3) l’Acea, in quanto già titolare di concessione era legittimata a chiedere il rinnovo, nè il termine di due anni dalla data di scadenza della concessione previsto dal R.D. n. 1285 del 1928, art. 44 per la richiesta di rinnovo era previsto a pena di decadenza, avendo natura ordinatoria.

Avverso la sentenza del TSAP la Provincia di Rieti ha presentato ricorso articolato in otto motivi, illustrati con memoria, al quale resistono con controricorso il comune di Roma, l’ACEA, che ha presentato anche ricorso incidentale affidato a un motivo, la Provincia di Roma e la regione Lazio. Il comune, l’ACEA e la regione hanno anche presentato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale e il ricorso incidentale proposti nei confronti della stessa sentenza debbono essere riuniti. 1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 132 e 156 c.p.c. e del R.D. n. 1775 del 1933, art. 143 e segg., per l’omesso esame e, comunque, il difetto di motivazione sulle censure con le quali, la Provincia di Rieti aveva dedotto che: a) non era vero che, al momento della presentazione della propria domanda di derivazione erano state rinnovate le concessioni in favore del comune di Roma e dell’ACEA ed era già stata completata l’istruttoria sulle domande di rinnovo da parte del ministero dei lavori pubblici; b) non era vero che le opere di derivazione fossero di proprietà del comune di Roma; c) la domanda di rinnovo dell’ACEA non era stata pubblicata sul Foglio annunci legali. Non era stata esaminata la domanda di risarcimento dei danni.

Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta che il TSAP abbia ritenuto insussistente il proprio interesse ad agire per essere l’impugnazione diretta nei confronti del rinnovo della concessione all’ACEA, mentre era stato impugnato anche il rigetto della propria domanda di concessione.

Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 1362 c.c. e dei principi di cui alla L. n. 36 del 1994, della L.R. n. 6 del 1996 e del R.D. n. 1775 del 1933, sostenendo che il TSAP avrebbe erroneamente negato la necessità di coordinare la L. n. 36 del 1994 con il R.D. n. 1775 del 1933, con ciò omettendo erroneamente di tenere conto che da detto coordinamento deriva che, al fine di consentire la pianificazione dell’utilizzo delle risorse idriche di un determinato territorio, è necessario tenere conto in via prioritaria delle esigenze del territorio in cui le risorse idriche sono prodotte. La conseguenza di tale omissione è che le risorse idriche del territorio di Rieti (ATO 3) sono utilizzate prevalentemente dagli utenti del territorio di Roma (ATO 2) che pagano tariffe inferiori a quelle pagate dai cittadini del reatino.

Erroneamente la regione avrebbe omesso di tenere conto dei piani di ambito e della necessità delle convenzioni obbligatorie ex L.R. n. 6 del 1996, art. 7 sia nella valutazione delle domande di rinnovo che in quella delle nuove domande di concessione.

Con il quarto motivo la ricorrente, deducendo la violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1775 del 1933, artt. da 7 a 10 e art. 28, censura la sentenza del TSAP per avere riconosciuto la legittimazione dell’ACEA a chiedere il rinnovo delle concessioni rilasciate in favore del comune di Roma, mentre tale legittimazione avrebbe dovuto essere riconosciuta solo alla Provincia di Roma.

Con il quinto motivo si deduce la violazione del R.D. n. 1775 del 1933, art. 7, lamentando che il TSAP non abbia esaminato la censura con la quale si era rilevato che la domanda di ACEA non era stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale o nel FAL, impedendo in tal modo di mettere in concorrenza le diverse domande ed erroneamente affermando che il rilascio della concessione alla ricorrente era incompatibile con quella in favore di ACEA. Con il sesto motivo la ricorrente censura, per erronea interpretazione dello schema di convenzione allegata alla L.R. 6 del 1996 e dell’art. 28 R.D. n. 1775 del 1933 e difetto di motivazione, il mancato esame del rilievo secondo cui alla scadenza della concessione al comune di Roma la proprietà degli impianti di derivazione sarebbe passata alla regione per la tardività della domanda di rinnovo e, pertanto sarebbe errato ritenere che non possa essere rilasciata concessione all’ATO 3 a causa della proprietà degli impianti in capo al comune. Con il settimo motivo, lamentando la violazione del D.Lgs. n. 112 del 1998, la ricorrente lamenta che sia stata omesso l’esame e la motivazione sulla censura diretta a far valere il vizio del procedimento consistente nel fatto che il disciplinare di rinnovo della concessione era stato sottoscritto da un funzionario del ministero dei lavori pubblici, Ufficio del genio civile per il Tevere e l’Agro romano, invece che dalla regione titolare del potere di rilascio o di rinnovo delle concessioni.

Con l’ottavo motivo si lamenta l’omesso esame della domanda di risarcimento dei danni.

2. L’ACEA, oltre ad eccepire con il controricorso l’inammissibilità del ricorso principale in quanto deduce motivi che non si limitano a prospettare questioni che attengono alla giurisdizione, come l’identità di natura del TSAP che giudica in unico grado con il Consiglio di Stato imporrebbe, e, perchè, comunque, contiene censure alla motivazione non deducibili con il ricorso per violazione di legge ex art. 111 Cost., propone ricorso incidentale con il quale lamenta che non sia stata esaminate l’eccezione di tardività del ricorso davanti allo stesso tribunale, ai sensi del R.D. n. 1775 del 1993, art. 10, in quanto la domanda di concessione è stata presentata dalla Provincia di Rieti il 20 ottobre 2003, quando il Consiglio superiore dei lavori pubblici, essendo terminata l’istruttoria, aveva già emesso, in data 4 giugno 1998, il parere sulla domanda di rinnovo da parte di ACEA, parere del quale la Provincia era perfettamente a conoscenza fin dal momento in cui è stato emesso e che pertanto sarebbe stato anche tardivamente impugnato.

Anche il comune di Roma ha formulato eccezione di inammissibilità del ricorso principale e la regionale Lazio ha dedotto la genericità del quesito formulato a conclusione del primo motivo e l’inammissibilità del secondo in quanto diretto a ottenere un sindacato sul merito della sentenza impugnata.

3. In ordine logico debbono essere esaminate prioritariamente le eccezione di inammissibilità del ricorso principale e il ricorso incidentale di ACEA, riservando all’esame dei singoli motivi le eccezioni di inammissibilità relative agli stessi. La tesi di ACEA e del Comune secondo cui il ricorso per Cassazione nei confronti delle sentenze del TSAP in unico grado sarebbe ammissibile solo per motivi attinenti alla giurisdizione e, comunque, mai per vizi di motivazione, non può essere condivisa essendo orientamento costante e pacifico di queste sezioni unite, nei confronti del quale non sono state mosse argomentazioni decisive e convincenti, che avverso le sentenze del tribunale superiore delle acque pubbliche emesse in unico grado nelle materie contemplate dal R.D. n. 1775 del 1933, art. 143, come si desume dal coordinato disposto dell’art. 111 Cost. e del cit. R.D., art. 201, è ammesso ricorso non solo per incompetenza o eccesso di potere, ma anche per violazione di legge. Peraltro, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., u.c., come modificato con il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2, applicabile ai ricorsi per Cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006, il n. 5 del comma 1 della stessa disposizione si applica alle sentenze ed ai provvedimenti diversi dalla sentenza contro i quali è ammesso il ricorso per Cassazione per violazione di legge. Pertanto nella specie, trattandosi di ricorso avverso sentenza depositata il 12 novembre 2008, era consentito denunziare con esso vizi della motivazione che rientrino nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Del pari, non merita accoglimento il ricorso incidentale dell’ACEA poichè, da un lato, il R.D. n. 1775 del 1933, art. 10 prevede una preclusione procedimentale per la presentazione di domande di concessione in momento successivo alla conclusione u dell’istruttoria su altre domande incompatibili, ma non fissa specifici termini di decadenza per l’impugnazione del provvedimento negativo, diversi e ulteriori rispetto a quelli previsti in generale per l’impugnazione in sede giurisdizionale dei provvedimenti sfavorevoli, e, dall’altra, il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, non essendo immediatamente lesivo, non doveva essere impugnato immediatamente e bene è stato impugnato insieme con il provvedimento negativo.

4. Venendo all’esame del ricorso principale, il primo motivo deve essere dichiarato inammissibile perchè, quanto alla censura di omessa pronuncia, doveva essere proposta istanza di rettificazione allo stesso TSAP, ai sensi del R.D. n. 1775 del 1933, art. 204, che opera un rinvio recettizio alle corrispondenti norme del codice di procedura civile del 1865 (Cass. n. 19448/2009, 15617/2006, 6591/1981), mentre, quanto ai vizi di motivazione, il motivo stesso non contiene la chiara “Indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, come prescritto dall’art. 366 bis c.p.c..

Per le stesse ragioni debbono essere dichiarati inammissibili LI quinto, sesto, settimo e ottavo motivo con i quali è stata dedotta l’omessa pronuncia o l’omessa motivazione su alcune censure.

Il secondo motivo critica la dichiarazione d’inammissibilità per difetto d’interesse ad agire delle censure relative alla legittimazione dell’ACEA alla domanda di rinnovo, alla tempestività di tale richiesta e alla regolarità della procedura, ma la critica non coglie nel segno perchè comunque il TSAP ha esaminato nel merito e ha respinto le predette censure.

Il terzo motivo è inammissibile nella parte in cui censura l’interpretazione degli atti amministrativi rilevanti, sia perchè le censure sono generiche sia perchè, comunque, attengono a giudizi di fatto congruamente motivati. E’ infondato nella parte in cui critica la ricostruzione dei rapporti tra la L. n. 36 del 1994 e il R.D. n. 1775/1933. Infatti, la L. n. 36 del 1994 disciplina la gestione del servizio idrico, imponendo la pianificazione dell’utilizzazione delle risorse, ma non innova la disciplina delle concessioni di derivazioni di cui al R.D. n. 1775 del 1933 (in particolare con l’art. 9), al quale quindi occorre fare esclusivo riferimento per individuare i criteri per la valutazione delle domande concorrenti.

E’ infondato, infine, il quarto motivo nella parte in cui sostiene che la legittimazione alla domanda di concessione di derivazione spetterebbe solo all’ATO, in quanto gestore e coordinatore del servizio idrico, perchè, come si è già osservato, la disciplina della gestione del servizio idrico e il regime delle concessioni di derivazioni costituiscono sistemi normativi autonomi con la conseguenza che non può riconoscersi al gestore del servizio alcuna priorità e tanto meno la legittimazione esclusiva alla domanda di concessione di derivazione. Costituisce poi censura al giudizio di fatto, correttamente e congruamente motivato, la tesi secondo la quale l’ACEA non sarebbe titolare di concessione precedentemente assentita, come accertato dal TSAP. I ricorsi, in conclusione vanno respinti.

Attesa la reciproca soccombenza, la natura pubblica delle parti e la parziale novità delle questioni, sussistono giusti motivi per compensare le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta compensando le spese di questo giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle sezioni unite civili, il 16 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2010

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