Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19511 del 23/08/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 19511 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA

sul ricorso 7004-2007 proposto da:
BONZI BEATRICE BNZBRC67H55A794J, PRESCIANI ERNESTO
NATALE PRSRST65T29A794Q, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio
dell’avvocato RIBAUDO SEBASTIANO, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MORETTI BIAGIO;
– ricorrenti contro
a-Lo LEA 6-q- rIA3- A-4- 30.
AZZOLA ELIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
LUNGOTEVERE
dell’avvocato

DELLE NAVI
FASANO

30,
ORESTE

presso lo studio
MICHELE,

che

lo

Data pubblicazione: 23/08/2013

rappresenta

e

difende

unitamente

all’avvocato

SANTANIELLO LEOPOLDO;
– controrícorren-

avverso la sentenza n. 1022/2006 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 14/11/2006;

udienza del 06/03/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
ROSARIA SAN GIORGIO;
udito l’Avvocato RIBAUDO Sebastiano difensore dei
ricorrenti che si riporta agli atti depositati e ne ha
chiesto accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo
1. – Con atto di citazione notificato in data 9 novembre 1994, Ernesto
Natale Presciani e Beatrice Bonzi convennero in giudizio innanzi al
Tribunale di Bergamo Elio Azzola per sentir pronunciare sentenza

ex art.

oggetto una porzione immobiliare da adibire ad autorimessa che il
convenuto aveva promesso di vendere loro con preliminare stipulato il 6
luglio 1992 per il corrispettivo di lire 11.000.000. Esposero gli attori
di aver versato lire 5.000.000 con l’intesa che il prezzo residuo sarebbe
stato corrisposto in sede di stipula del rogito, prevista entro il
febbraio 1993 unitamente alla consegna del’autorimessa, e precisavano che
il convenuto aveva tentato di metterli in mora inviando loro in data 7
settembre 1993 una lettera, a seguito della quale essi si erano rivolti
ad un notaio, incaricandolo della redazione dell’atto pubblico. Tuttavia,
il notaio aveva invano chiesto all’Azzola i documenti necessari per
l’incombente, sicchè non era stato possibile procedere alla stipula.
2. – Il g.o.a. della Sezione stralcio del Tribunale di Bergamo trasferì
agli attori la proprietà dell’autorimessa in questione, subordinandola al
pagamento del prezzo residuo, ed al convenuto le entità che gli attori si
erano obbligati a cedergli in parziale permuta.
3. – A seguito di gravame dei Presciani-Bonzi, la Corte d’appello di
Brescia, con sentenza depositata il 14 novembre 2006, in parziale riforma
della decisione impugnata, determinò il residuo corrispettivo in euro
4648,11.
La Corte osservò che il notaio indicato concordemente dalle parti nel

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2932 cod. civ., sostitutiva di un contratto di compravendita avente ad

preliminare come quello che avrebbe dovuto provvedere al rogito, sentito
come testimone, aveva riferito di essere in possesso della documentazione
necessaria e di avere interpellato i promissari acquirenti, che gli
avevano manifestato l’intenzione di posticipare il rogito per stipulare

intenzione di rivolgersi ad altro notaio cui aveva trasmesso la
documentazione necessaria.
Tale deposizione smentiva la tesi degli appellanti secondo la quale il
rogito non si era potuto effettuare perché l’Azzola non aveva messo a
disposizione la documentazione necessaria, in realtà, come appena
riferito, questa era stata consegnata al predetto notaio.
La Corte di merito osservò poi che vi era contrasto sull’ammontare del
prezzo residuo, in quanto gli appellanti deducevano di aver versato un
acconto per lire 5.000.000, mentre Azzola sosteneva di aver ricevuto solo
1.000.000 di lire.
Al riguardo rilevò il giudice di secondo grado che dalle allegazioni
disponibili risultava solo che, nell’ambito di un contratto avente ad
oggetto esecuzione di opere edili da parte di Azzola per conto degli
attori, costoro gli avevano versato tre assegni per lire tre milioni
ciascuno, a fronte dei quali l’Azzola aveva emesso fattura solo circa un
anno dopo.
Tale ritardo – osservò la Corte di merito – rilevava solo sul piano
fiscale, mentre non risultava che detta somma fosse stata imputata dagli
attori ad acconto sul prezzo del box. Quanto all’assegno di lire
1.000.000 che l’Azzola sosteneva di avere incassato il 23 settembre 1992,

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un mutuo. Successivamente, egli aveva appreso che gli attori avevano

era, secondo la Corte, agevole riferire detto incasso al pagamento
dell’acconto che doveva essere versato appunto in quella epoca a termini
di preliminare, dopo quello, sempre di 1.000.000 di lire, corrisposto
all’atto della sottoscrizione del contratto. Né era credibile, come

versati per l’appalto, in quanto, in tal caso, non si sarebbe compresa la
ragione per la quale nella diffida ad adempiere del 7 settembre 1993
l’Azzola non si sarebbe doluto del mancato versamento del secondo acconto
che i promissari acquirenti erano tenuti ad erogare entro il 30 settembre
dell’anno precedente.
La Corte osservò che il notaio indicato concordemente dalle parti nel
preliminare come quello che avrebbe dovuto provvedere al rogito, sentito
come testimone, aveva riferito di essere in possesso della documentazione
necessaria e di avere interpellato i promissari acquirenti, che gi
avevano manifestato l’intenzione di posticipare il rogito per stipulare
un mutuo. Successivamente, egli aveva appreso che gli attori avevano
intenzione di rivolgersi ad altro notaio cui egli aveva trasmesso la
documentazione necessaria.
4. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono Ernesto Natale
Presciani e Beatrice Bonzi sulla base di un unico motivo, illustrato
anche da successiva memoria. Resiste con controricorso l’Azzola.
Motivi della decisione
1. – Con l’unico motivo di ricorso si denuncia la omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa il fatto controverso e decisivo per il
giudizio, costituito dalla responsabilità del promittente per il ritardo
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sostenuto dall’Azzola, che detto assegno facesse parte degli acconti

nell’adempimento del preliminare, promittente sul quale gravava l’obbligo
inadempiuto dell’accatastamento dell’immobile necessario al suo
trasferimento.
2. – La censura è infondata.

richiamandosi alla deposizione del notaio originariamente incaricato
della redazione del rogito, secondo la quale egli era stato in possesso
di tutti i documenti a ciò necessari.
Deve poi rilevarsi che l’indicazione dei dati catastali è requisito
richiesto dall’art. 2659 e 2826 cod.civ. per la nota di trascrizione alla quale è attribuita la peculiare funzione di consentire la inequivoca
individuazione, oltre che del titolo trascritto, anche dei suoi estremi
soggettivi ed oggettivi – e non per l’atto da trascrivere, rispetto al
quale, in caso di vendita, il requisito della determinazione dell’oggetto
è soddisfatto dalla indicazione dei confini o di altri dati oggettivi
incontrovertibilmente idonei allo scopo.
In ogni caso, ai sensi dell’art. 2665 cod.civ., l’omessa indicazione dei
dati catastali degli immobili non determina l’invalidità della relativa
nota di trascrizione, atteso che l’eventuale carenza di detti estremi non
assume rilievo se non induce incertezza sui soggetti, sui beni o sul
rapporto cui essa inerisce, ed è, per contro, consentito di individuare
senza possibilità di equivoci gli elementi essenziali del contratto (v.,
sul punto, Cass., sent. n. 8460 del 2006).
V’è

infine

da

sottolineare

che

emerge

dalla

censura

che

l’indeterminatezza riguardava il valore catastale e locativo del box e

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La sentenza impugnata ha escluso l’esistenza di impedimenti alla stipula,

non i suoi dati catastali.
3. – Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. In applicazione
del principio della soccombenza, le spese del presente giudizio, che
vengono liquidate come da dispositivo, devono essere poste a carico dei

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento
delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro
2700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
civile della Corte di Cassazione, il 6 marzo 2013.

ricorrenti in solido.

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