Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19511 del 23/07/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 19511 Anno 2018
Presidente: D’ANTONIO ENRICA
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso 1625-2013 proposto da:
MARTELLI CIRO GIUSEPPE MRTCGS33E13F402A, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA ANAPO 29, presso lo studio
dell’avvocato MASSIMO GIZZI, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato FABRIZIO PAGNIELLO,
giusta procura in atti;
– ricorrente –

2018
914

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO 01165400589, in
persona del legale rappresentante pro tempore,

Data pubblicazione: 23/07/2018

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE
144, presso lo studio dell’avvocato ANDREA ROSSI, che
lo rappresenta e difende, giusta procura in atti;
– controricorrente nonchè contro

– intimati –

,Avver3n :LA senLuuzu n.

062/2012 delìa MRTI!

D’APPELLO

di FIRENZE, depositata il 26/07/2012, r.g. n.
1507/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/02/2018 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati Massimo Gizzi ed Emilia Favata per
delega verbale dell’avvocato Andrea Rossi.

OLIVERI GIUSEPPE, WINECIRCUS S.R.L.;

Fatti di causa
Il Tribunale di Siena, accogliendo la domanda dell’Inail, condannò
Olivieri Giuseppe e Martelli Ciro a pagare in solido all’istituto la
somma di C 196.053,75 a titolo di regresso in relazione all’indennità
corrisposta e da corrispondere al lavoratore Bondi in dipendenza

Appellata tale sentenza dal solo Martelli, nella contumacia dell’Olivieri
– datore di lavoro del Bondi – e della società Winecircus s.r.l. committente dei lavori – resisteva l’Inail.
La Corte d’appello di Firenze (sentenza del 26.7.2012) ha rigettato il
gravame dopo aver rilevato che l’Inail non era decaduto dall’azione di
regresso nei confronti del sub-appaltante Martelli, essendo stato
rispettato il termine triennale di cui al T.U. n. 1124/65, sia con
riferimento alla decorrenza dall’archiviazione penale riguardante
quest’ultimo, sia con riguardo al momento dell’erogazione
dell’indennità al danneggiato. Inoltre, era risultata provata la
corresponsabilità civile del sub-appaltante e del sub-appaltatore in
ordine all’infortunio sul lavoro occorso al Bondi per il mancato
apprestamento delle cautele atte ad evitare l’incidente, così com’era
risultata generica la contestazione sul

quantum

della pretesa

restitutoria dell’Inail.
Per la cassazione della sentenza ricorre Martelli Ciro con tre motivi.
Resiste con controricorso l’Inail.
Ragioni della decisione
1. Col primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa
applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10, 11 e 112, comma
5, oltre che dell’art. 2943 cod. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 e 5
c.p.c., nonché l’omessa declaratoria dell’intervenuto spirare del
termine triennale di decadenza.
In pratica, secondo la prospettazione difensiva del ricorrente, il
termine di decadenza triennale in questione decorreva dalla prima

dell’infortunio occorsogli il 6.11.2002.

archiviazione penale del 24.3.2003 in favore del datore di lavoro
Olivieri, ritenuto corresponsabile del fatto unico, e non da quella
successiva del 9.12.2004 che aveva riguardato il Martelli, per cui
l’azione di regresso intrapresa dall’Inail il 26.4.2006 era da
considerare tardiva rispetto al primo termine di cui sopra.

Si è, invero, osservato (Cass. Sez. Un., n. 5160 del 16.3.2015) che
«In tema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul
lavoro, l’azione di regresso dell’INAIL nei confronti del datore di
lavoro può essere esercitata nel termine triennale previsto dall’art.
112 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, che, stante il principio di
stretta interpretazione delle norme in tema di decadenza, ha natura
di prescrizione e, ove non sia stato iniziato alcun procedimento
penale, decorre dal momento di liquidazione dell’indennizzo al
danneggiato (ovvero, in caso di rendita, dalla data di costituzione
della stessa), il quale costituisce il fatto certo e costitutivo del diritto
sorto dal rapporto assicurativo, dovendosi ritenere che detta azione,
con la quale l’Istituto fa valere in giudizio un proprio credito in rivalsa,
sia assimilabile a quella di risarcimento danni promossa
dall’infortunato, atteso che il diritto viene esercitato nei limiti del
complessivo danno civilistico ed è funzionale a sanzionare il datore di
lavoro, consentendo, al contempo, di recuperare quanto corrisposto
al danneggiato».
Orbene, considerato che una delle due autonome ragioni della
decisione sulla individuazione, da parte della Corte di merito, del
termine iniziale di decorrenza del triennio entro il quale era esperibile
l’azione di regresso dell’Inali è proprio quella che fa specifico
riferimento al momento dell’erogazione dell’indennizzo al lavoratore
infortunato e che tale soluzione, basata su un dato certo, trova il suo
avallo nel precedente di diritto sopra richiamato, non può non
constatarsi che tale autonoma ratio decidendi non risulta investita

2. Il motivo è infondato.

dalle odierne censure del ricorrente, per cui sotto tale specifico
aspetto la motivazione dell’impugnata sentenza rimane validamente
espressa sia in termini di fatto che di diritto.
3. Col secondo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa
applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10 e 11, oltre che degli

rilievo della mancata deduzione del fatto/reato, dell’insussistenza
della prova al riguardo, con conseguente inammissibilità dell’azione di
regresso promossa dall’Inail. In sostanza, secondo il ricorrente, non
essendo emersa la prova che una maggiore informazione sui rischi
presenti nel cantiere avrebbe potuto evitare il verificarsi dell’evento,
la domanda avanzata dall’Inail doveva essere respinta per omessa
allegazione del nesso causale.
4. Col terzo motivo il ricorrente si lamenta della violazione e falsa
applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10 e 11, oltre che degli
artt. 1218, 2043, 2087 e 2697 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., in
relazione all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., per avere la Corte d’appello
ritenuto idoneamente provato il fatto colposo posto a base della
condanna della ricorrente, pure in presenza di un comportamento
imprevedibile da parte del soggetto infortunato il quale aveva deciso
di slacciarsi le cinture di sicurezza.
5. Osserva la Corte che il secondo ed il terzo motivo, esaminabili
congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono infondati.
Invero tali motivi, che investono la questione della responsabilità
nella verificazione dell’infortunio occorso al lavoratore Bondi e del
concorso causale nella determinazione dello stesso, sono infondati in
quanto attraverso gli stessi il ricorrente tenta una rivisitazione del
merito istruttorio che non è consentita nel giudizio di legittimità
allorquando la decisione impugnata riposi, come nella fattispecie, su
una motivazione adeguata ed esente da vizi di ordine logico-giuridico.

3

artt. 2697 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., sul

Infatti, la Corte territoriale ha ben spiegato che la corresponsabilità
civile del sub-appaltante e del sub-appaltatore in ordine all’infortunio
sul lavoro occorso al Bondi era risultata provata in conseguenza del
riscontrato mancato apprestamento delle cautele doverose atte ad
evitare l’incidente.

4/12/2013) che «in materia di tutela dell’integrità fisica del
lavoratore, il datore di lavoro, in caso di violazione della disciplina
antinfortunistica, è esonerato da responsabilità soltanto quando la
condotta del dipendente abbia assunto i caratteri dell’abnormità,
dell’imprevedibilità e dell’esorbitanza rispetto al procedimento
lavorativo ed alle direttive ricevute. Ne consegue che, qualora non
ricorrano detti caratteri della condotta del lavoratore, l’imprenditore è
integralmente responsabile dell’infortunio che sia conseguenza
dell’inosservanza delle norme antinfortunistiche, poiché la violazione
dell’obbligo di sicurezza integra l’unico fattore causale dell’evento,
non rilevando in alcun grado il concorso di colpa del lavoratore, posto
che il datore di lavoro è tenuto a proteggerne l’incolumità nonostante
la sua imprudenza e negligenza».
Pertanto, l’omissione di cautele da parte del lavoratore non è idonea
di per sè ad escludere il nesso causale rispetto alla condotta colposa
del datore di lavoro che non abbia provveduto, pur avendone la
possibilità, all’adozione di tutte le misure di prevenzione rese
necessarie dalle condizioni concrete di svolgimento del lavoro o non
abbia adeguatamente vigilato, anche tramite suoi preposti, sul
rispetto della loro osservanza, non essendo né imprevedibile né
anomala una dimenticanza dei lavoratori nell’adozione di tutte le
cautele necessarie, con conseguente esclusione, in tale ipotesi, del
cd. rischio elettivo, idoneo ad interrompere il nesso causale ma
ravvisabile solo quando l’attività non sia in rapporto con lo

6. Al riguardo si è già statuito (Cass. Sez. Lav. n. 27127 del

svolgimento del lavoro o sia esorbitante dai limiti di esso (in tal senso
v. anche Cass. Sez. 3, n. 21694 del 20/10/2011).
Si è, altresì, affermato (Cass. Sez. Lav. n. 19494 del 10/9/2009) che
le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro,
tese ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a

disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza
ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di
lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia
quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando
non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente
uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto
esimente, per l’imprenditore, all’eventuale concorso di colpa del
lavoratore, la cui condotta può comportare, invece, l’esonero totale
del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando
presenti i caratteri dell’abnormità, inopinabilità ed esorbitanza,
necessariamente riferiti al procedimento lavorativo “tipico” ed alle
direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento. (in
senso conf. v. Cass. Sez. Lav. n. 22818 del 28/10/2009 e Cass. Sez.
Lav. n. 4656 del 25/2/2011)
7. Pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente
e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle
spese nella misura di C 5700,00, di cui C 5500,00 per compensi
professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua

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