Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19511 del 14/09/2010

Cassazione civile sez. un., 14/09/2010, (ud. 12/05/2009, dep. 14/09/2010), n.19511

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. VELLA Antonio – Presidente di sezione –

Dott. PREDEN Roberto – Presidente di sezione –

Dott. VIDIRI Guido – Consigliere –

Dott. ODDO Massimo – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI, in persona del

Ministro pro tempore, AGEA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO DELLA S.P.A.I. – PRODUZIONI AGROALIMENTARI ITALIANE

S.P.A., in persona del Curatore pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GALLIA, 86, presso lo studio dell’avvocato

RISUCCI MADDALENA, rappresentata e difesa dall’avvocato FERRARA

DOMENICO ANTONIO;

– controricorrente-

avverso la sentenza n. 297/2007 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 26/10/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2009 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE SALME’;

udito l’Avvocato SABELLI Sergio, dell’Avvocatura Generale dello

Stato;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI

DOMENICO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 26 giugno 1997 la SPAI s.p.a. ha convenuto in giudizio davanti al tribunale di Potenza il Ministero delle politiche agricole e l’A.I.M.A. chiedendone la condanna al pagamento degli aiuti comunitari previsti per le attività di trasformazione di prodotti agricoli dai regolamenti CE n. 426/1986 e 1721/1994 relativamente alla campagna 1995/1996, sostenendo che era infondato il rigetto della domanda basato sul rilievo che il pagamento ai produttori mediante accredito dei corrispettivi nei rispettivi bilanci sarebbe – consentito solo alle società cooperative di trasformazione ma non alle società per azioni.

Con sentenza del 27 gennaio 2004 il tribunale di Potenza ha dichiarato inammissibile la domanda per difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ma, con sentenza del 26 ottobre 2007 la Corte d’appello, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario rimettendo le parti davanti al tribunale. La Corte territoriale ha affermato che in materia di aiuti comunitari al settore ortofrutticolo l’amministrazione non esercita poteri discrezionali, ma è tenuta a compiere meri accertamenti tecnici sulla sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi analiticamente indicati dalla disciplina comunitaria. La Corte d’appello ha, infine, espressamente negato rilevanza alle vicende relative all’analogo parallelo giudizio di impugnazione del diniego di corresponsione degli aiuti iniziato dalla società davanti al T.a.r. del Lazio, definito con sentenza di rigetto nel merito n. 611/1998, appellata, per motivi diversi dalla giurisdizione, davanti al consiglio di stato, affermando che tra giurisdizione amministrativa e ordinaria non potrebbe .sussistere litispendenza.

Avverso la sentenza della Corte d’appello di Potenza il ministero per le politiche agricole e forestali e l’AGEA (succeduta all’AIMA) hanno proposto ricorso per Cassazione. Resiste con controricorso il fallimento della SPAI.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Le amministrazioni ricorrenti sostengono che poichè l’aiuto comunitario al mercato agricolo è uno strumento per attuare la politica comunitaria della cui erogazione è responsabile l’organo nazionale competente, questi è dotato di potere discrezionale per valutare la compatibilità dell’erogazione con gli interessi finanziari, con la conseguenza che a fronte di reale potere la posizione soggettiva del privato ha natura di interesse legittimo.

Nel merito le ricorrenti confermano l’insussistenza dei requisiti soggettivi per ottenere l’erogazione dell’aiuto comunitario.

Dalla sentenza impugnata risulta che la questione di giurisdizione è preclusa per essersi formato il giudicato su tale punto a seguito della pronuncia di merito del Tar che ha plicitamente ritenuto esistente la giurisdizione del giudice amministrativo e che non è stata appellata sul punto. Infatti, come hanno affermato queste sezioni unite con la sentenza n. 24883 del 2008, l’interpretazione dell’art. 37 c.p.c., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”), della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. Pertanto: 1) il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti anche dopo la scadenza del termine previsto dall’art. 37 c.p.c. (non oltre la prima udienza di trattazione), fino a quando la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado; 2) la sentenza di primo grado di merito può sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione; 3) le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimità; 4) il giudice può rilevare anche d’ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito; in particolare, il giudicato implicito sulla giurisdizione può formarsi tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione per le sole decisioni che non contengano statuizioni che implicano l’affermazione della giurisdizione, come nel caso in cui l’unico tema dibattuto sia stato quello relativo all’ammissibilità della domanda o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l’evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione (ad es., per manifesta infondatezza della pretesa) ed abbia indotto il giudice a decidere il merito per saltum, non rispettando la progressione logica stabilita, dal legislatore per la trattazione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito.

Poichè nella specie non risulta alcuna delle cause di esclusione del giudicato implicito sulla giurisdizione del giudice amministrativo la sentenza della Corte d’appello deve essere cassata senza rinvio.

Atteso l’alterno esito del giudizio e il comportamento processuale del Fallimento che ha adito in successione temporale sia il giudice amministrativo che quello ordinario, con ciò dimostrando quanto meno la forte opinabilità della questione controversa, sussistono giusti motivi per compensare le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte, decidendo sul ricorso cassa la sentenza impugnata e compensa le spese di questo giudizio.

Così deciso in Roma il 12 maggio 2009, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2010

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