Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19510 del 04/08/2017


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Cassazione civile, sez. III, 04/08/2017, (ud. 15/06/2017, dep.04/08/2017),  n. 19510

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10915/2015 proposto da:

CONSORZIO DI BONIFICA DELL’AGRO PONTINO in persona del Presidente

C.C., elettivamente domiciliato in ROMA, V. ANTONIO GRAMSCI 9,

presso lo studio dell’avvocato ARCANGELO GUZZO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato CLAUDIO MARTINO giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DOMENICO

CHELLINI 5, presso lo studio dell’avvocato RENATO ARCHIDIACONO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MAURIZIO MANSUTTI giusta

procura speciale in calce al controricorso;

T.S., G.L., T.E., T.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FRANCESCO BORGATTI, 25,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO AGOSTINELLI, rappresentati

e difesi dall’avvocato GIANCARLO MURACA giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 294/2015 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA, depositata il 13/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’inammissibilità;

udito l’Avvocato CLAUDIO MARTINO;

udito l’Avvocato MAURIZIO MANSUTTI;

udito l’Avvocato MAURIZIO MANSUTTI per delega per G.L. +

altri.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Consorzio di Bonifica dell’Agro Pontino propone ricorso per revocazione contro la sentenza di questa Corte n. 294 pubblicata il 13 gennaio 2015, con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso n. 12553/11, notificato dal Consorzio nei confronti di T.A., T.S., G.L., tutti eredi di T.O., nonchè di B.F., contro la sentenza della Corte d’appello di Roma depositata il 13 aprile 2010.

1.1. Con questa sentenza, in accoglimento del gravame proposto da T.O. e B.F., il Consorzio di Bonifica dell’Agro Pontino era stato condannato al pagamento di Euro 215.844,24 in favore del primo e di Euro 50.362,44, in favore del secondo, a titolo di risarcimento danni in conseguenza di un allagamento avvenuto il 2 ottobre 1993, cagionato dallo straripamento delle acque da un canale, ritenuto di pertinenza del Consorzio.

2. Contro la sentenza di cassazione il ricorso per revocazione è proposto con un unico articolato motivo.

G.L., T.E., T.S. e T.A., quali eredi di T.O., si difendono con controricorso. Con altro controricorso si difende B.F..

Parte ricorrente ha depositato memoria

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con l’unico motivo si deduce errore revocatorio ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, per “mancata percezione della esistenza di motivi di ricorso svolti dal Consorzio di Bonifica”.

Il ricorrente, premesso che il ricorso per cassazione era stato avanzato con sei motivi, sostiene che la sentenza impugnata ne avrebbe esaminati soltanto due, incorrendo in errore di percezione quanto ai restanti quattro, che non sarebbero stati affatto considerati nella motivazione in diritto.

2. Il motivo è solo in parte fondato.

E’ corretto prendere le mosse dall’orientamento giurisprudenziale di questa Corte per il quale, in tema di revocazione di sentenza della Corte di cassazione, integra errore revocatorio di fatto, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, il mancato esame di uno dei motivi di ricorso nell’erronea supposizione dell’inesistenza del motivo stesso, che non è frutto di una mera omissione ma di un errore di percezione di un fatto processuale (così, da ultimo, Cass. n. 25560/16).

Tuttavia, occorre tenere conto anche della regola, che qui si ribadisce, per la quale il limite dell’errore percettivo chiaramente posto dalla legge alla revocazione della sentenza della Corte di Cassazione riconduce l’ambito di ammissibilità di detta impugnazione all’ipotesi di svista o mancata attenzione su di un fatto materiale o processuale che si traduca in una omessa percezione dell’esistenza stessa di un motivo di ricorso, escludendo, così, quella – riconducibile ai vizi della completezza grafica o della intelligibilità logica della statuizione – della decisione consapevolmente assunta ma incomprensibilmente esternata (cfr. Cass. ord. n. 4605/13, citata anche nel ricorso). Con la conseguenza che non sussiste errore percettivo ogniqualvolta la Corte, pur non esplicitando il riferimento di una determinata valutazione a ben individuati motivi di ricorso, tuttavia fondi la decisione su una costruzione logico-giuridica incompatibile con quei motivi, tale che in questa restino assorbite anche le questioni poste dai motivi apparentemente trascurati.

2.1. Siffatta situazione si è verificata nel caso di specie con riferimento ai motivi primo e secondo dell’originario ricorso.

Con questi erano state denunciate la violazione dei criteri di riparto dell’onere della prova e degli artt. 115 e 116 c.p.c., anche in relazione all’art. 922 c.c. (primo motivo) e la violazione e falsa applicazione del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, artt. 54, 59, 17 e 18, D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nonchè degli artt. 822 c.c. e segg. e art. 2697 c.c. (secondo motivo), al fine di sostenere, col primo, la violazione delle norme sulla prova della titolarità di un diritto reale e, col secondo, la violazione delle norme in tema di proprietà del canale. Secondo i ricorrenti, dall’accoglimento dei motivi sarebbe dovuta conseguire l’esenzione da ogni responsabilità del Consorzio in quanto mero detentore del bene, asseritamente privo di potere di intervento.

La Cassazione – nel porre a fondamento della propria decisione la valutazione del giudice di merito circa il fatto che il Consorzio avesse nel corso del tempo provveduto alla manutenzione del canale, circa la carenza di tale attività e circa l’avvenuto straripamento, e nell’affermare il principio per il quale l’assunzione della custodia e della gestione di fatto del corso d’acqua costituisce titolo della relativa responsabilità – ha implicitamente, ma inequivocabilmente, disatteso l’assunto (essere rilevante la titolarità di un diritto reale sul canale, piuttosto che la situazione di fatto) posto a fondamento dei primi due motivi di ricorso.

Rispetto a questi motivi si è venuta a determinare una situazione processuale di inammissibilità per carenza di interesse, che trova corrispondenza nel dispositivo della sentenza qui impugnata, pur non essendo stata esplicitata nella motivazione.

In riferimento ai motivi primo e secondo dell’originario ricorso non vi è stato perciò alcun errore percettivo riconducibile al vizio dell’errore revocatorio, di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4.

Per questa parte, il ricorso per revocazione non merita di essere accolto.

3. Diversa è la situazione con riferimento ai motivi quinto e sesto dell’originario ricorso, relativi alla quantificazione dei danni.

Come si dirà, il giudizio di inammissibilità e la premessa che lo sorregge nella motivazione della sentenza impugnata (con la quale viene richiamata la giurisprudenza di questa Corte sull’insindacabilità degli apprezzamenti in fatto dei giudici di merito) potrebbero essere intesi come riferiti anche ai motivi quinto e sesto. Tuttavia la specificazione che segue quella premessa, con la quale si dice che gli “accertamenti di fatto e apprezzamenti di merito insindacabili in sede di legittimità” sono quelli attinenti alle cause del fatto dannoso ed all’imputabilità di questo al Consorzio (pag. 8) rende palese come nella motivazione della sentenza sia mancata del tutto la considerazione dei motivi quinto e sesto.

In sostanza, la Corte, nell’affrontare le questioni da decidere, è incorsa nell’errore di trascurare completamente i due motivi di ricorso riguardanti il quantum debeatur, così come liquidato dal giudice d’appello, dato che i motivi (solo elencati nella prima parte della motivazione) non sono stati presi in considerazione nè esplicitamente nè implicitamente e nemmeno è stata trattata, in alcun punto della motivazione in diritto, la questione della liquidazione equitativa dei danni. Il risultato che si è avuto è analogo a quello che si determina con l’errore percettivo sull’esistenza di uno o più motivi di ricorso.

In riferimento ai motivi quinto e sesto, perciò, l’istanza di revocazione è fondata e va accolta.

La sentenza impugnata va revocata nei limiti di questo accoglimento.

4. Ai sensi degli artt. 402 e 391 bis c.p.c., occorre esaminare nel merito, con giudizio rescissorio, i motivi quinto e sesto già oggetto di errore revocatorio.

Col quinto motivo si denuncia violazione dell’art. 1226 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte d’appello ha fatto ricorso alla liquidazione equitativa dei danni in favore di B. e T., avvalendosi di un accertamento tecnico preventivo, che però non avrebbe consentito di dimostrare alcunchè in punto di quantificazione dei danni causati dall’allagamento, ed esponendo un “elenco di voci e cifre disancorate da qualunque parametro oggettivo”, senza dare conto del ragionamento logico seguito e dei criteri adottati per determinare, pur se equitativamente, i danni risarcibili.

4.1. Su quest’ultima censura si insiste anche col sesto motivo, col quale si denuncia motivazione omessa e comunque insufficiente sulla quantificazione dei valori unitari fissati in sentenza per ciascun tipo di piante danneggiate e per l’asporto della terra da ciascuno dei fondi.

5. I motivi sono entrambi inammissibili.

Va premesso che, col quinto, non si contesta l’accertamento tecnico preventivo quanto al riscontro dello stato dei luoghi ed all’esistenza di danni risarcibili (risultando superate – a seguito della dichiarazione di inammissibilità degli altri motivi – le contestazioni in punto di individuazione, in sede di ATP, delle cause dei danni e del nesso di causalità tra tali danni e l’allagamento, qui non più in discussione).

Quindi, non dell’applicabilità in astratto dell’art. 1226 c.c., si tratta, quanto della sua applicazione concreta, in riferimento ai parametri adoperati dal giudice per pervenire alla liquidazione equitativa.

Riguardo a questi ultimi, la motivazione non è mancante nè insufficiente poichè espone chiaramente il percorso logico-giuridico che il giudice ha seguito per determinare i danni, in quanto richiama le risultanze dell’ATP ed individua dei valori unitari, da riferire alle piante danneggiate ed agli interventi di ripristino, specificati in motivazione, uno per uno.

Rispetto a questi ultimi, il ricorrente non muove (nè deduce di aver mosso in sede di merito) rilievi puntuali sia quanto alla tipologia dei danni ritenuti risarcibili sia quanto ai valori attribuiti equitativamente, essendo stati questi ultimi solo genericamente contestati, come “arbitrari”, senza però denunciare alcuno scostamento dai valori di mercato dell’epoca o da parametri alternativi.

In conclusione, sia l’uno che l’altro dei motivi qui esaminati non evidenziano alcuna specifica ragione di errore nella liquidazione equitativa nè alcun fatto o dato significativo trascurato dalla Corte nel compiere questa liquidazione.

Entrambi vanno dichiarati inammissibili.

Avuto riguardo a tali ragioni della decisione relativamente al ricorso originariamente proposto dal Consorzio, si conferma la sentenza impugnata quanto alla condanna di quest’ultimo al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come ivi liquidate.

Sussistono invece giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio di revocazione ai sensi dell’art. 92, comma 2, nel testo vigente prima della modifiche apportate dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263 e succ. mod., dal momento che il giudizio è stato introdotto con atto di citazione notificato prima dell’entrata in vigore di dette modifiche, applicabili ai procedimenti instaurati successivamente al 1 marzo 2006 (ai sensi dell’art. 2, comma 4, della legge citata, come modificato dal D.L. n. 273 del 2005, art. 39 quater, convertito nella L. n. 51 del 2006).

PQM

 

La Corte accoglie parzialmente il ricorso in revocazione e revoca la sentenza impugnata nei limiti specificati in motivazione.

Decidendo sul ricorso del Consorzio di Bonifica dell’Agro Pontino n. 12533/11, dichiara inammissibili i motivi quinto e sesto, confermando nel resto la sentenza impugnata, anche quanto al capo sulle spese.

Compensa interamente tra le parti le spese del presente giudizio di revocazione.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2017

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