Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19508 del 30/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 30/09/2016, (ud. 24/06/2016, dep. 30/09/2016), n.19508

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13269-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.T.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 48/2009 della COMM.TRIB.REG. di BARI,

depositata il 29/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito per il ricorrente l’Avvocato ZERMAN che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, con la quale è stato rigettato l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Bari che aveva annullato l’avviso di accertamento con il quale, per l’anno 1996, l’Agenzia delle Entrate aveva accertato nei confronti di C.T. maggiore imposta ai fini IRPEF, ILOR e S.S.N., oltre sanzioni ed interessi, per un importo totale di Euro 17.324,02.

L’accertamento traeva origine da processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza la quale, nel corso di una verifica generale e di indagini di polizia giudiziaria nei confronti della ditta individuale C., esercente attività di lavori generali di costruzione, aveva rilevato omessa fatturazione nonchè errata contabilizzazione e dichiarazione di ricavi.

L’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1. Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto, sulla base dell’atto del dirigente capo dell’ufficio del 9.1.2001 con il quale si delegavano il rag. A.M. e il dott. I.F. a sottoscrivere gli avvisi di accertamento per le imposte dirette non superiori a Lire 300.000.000, che il D.P.R. 600 del 1973, art. 42, comma 1, imponesse la sottoscrizione dell’avviso di accertamento impugnato da parte di entrambi i soggetti delegati.

Il motivo è fondato.

L’assunto del giudice di appello non trova alcun riscontro nel disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, secondo cui gli accertamenti sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. La piana interpretazione della norma conduce, infatti, a ritenere che nel caso in cui vi sia una pluralità di soggetti delegati è necessario e sufficiente che il sottoscrittore dell’avviso sia ricompreso tra i delegati, non ricorrendo alcun elemento, di ordine logico o letterale, che deponga nel senso della necessità della sottoscrizione congiunta.

2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. in combinato con la L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, commi 4 e 4 bis, e il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 6. Sostiene la ricorrente che erroneamente il giudice di appello aveva ritenuto che il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, al quale si era riportato l’Ufficio nell’avviso di accertamento impugnato, non potesse costituire elemento di prova del maggior reddito accertato poichè le presunzioni dallo stesso ricavabili non erano gravi, precise e concordanti, tenuto altresì conto che spettava all’Ufficio l’onere di provare i fatti posti a fondamento della pretesa tributaria.

Il motivo è fondato.

A fronte dei circostanziati elementi evidenziati nel processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza e recepito dall’Ufficio, inerenti gli artifici contabili volti all’occultamento dell’impiego di capitali di provenienza illecita nonchè i versamenti effettuati in contanti nella cassa aziendale per l’importo complessivo di lire 195.000.000, il giudice di appello si è limitato ad asserire l’insussistenza della prova dei fatti posti a fondamento dell’accertamento, senza tuttavia compiere una analitica valutazione delle risultanze processuali onde verificare, in concreto, se le stesse fossero idonee a dimostrare il rapporto tra maggior reddito accertato ed attività illecite.

3. Alla stregua delle considerazioni sin qui svolte, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Puglia, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Puglia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2016

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